Gamberi fantasy – regole di scrittura

FonteGamberi Fantasy
Autore: Gamberetta
Categoria: Scrittura
Argomento: Regole

Nella narrativa di genere, “scrivere bene” significa adottare uno stile che sia trasparente per il lettore (al contrario della literary fiction in cui lo stile è più importante del contenuto) – questo perché vogliamo che il lettore sospenda l’incredulità e creda a ciò che legge, e se il lettore si accorge dello stile, allora si ricorda che sta leggendo un libro. L’autore vuole immergere il lettore in un altro mondo, e uno stile ricercato impedisce questo scopo.

I generi poi esistono per far sì che il rapporto tra autore e lettore sia chiaro (ad esempio la letteratura fantastica include fiaba, fantasy, fantascienza, horror soprannaturale – nel fantasy il fantastico non può essere spiegato in maniera scientifica; nella fantascienza sì; nell’horror è usato per spaventare il lettore. L’elemento fantastico deve essere un fulcro della narrazione, determinante, e non semplice sfondo. Gamberetta ha preparato uno schema dei sottogeneri della letteratura fantastica). Se il lettore vuole leggere un giallo e presentiamo il nostro libro come un giallo, ma in realtà si rivela poi un fantasy, il lettore resterà deluso.

Veniamo alle regole base che aiutano a raccontare belle storie:

Show, don’t tell: (si veda articolo dedicato) il lettore deve vedere cosa succede. “Laura uccise Mario” racconta, “Laura premette il grilletto e il proiettile portò via buona parte della scatola cranica di Mario” mostra. Raccontando, lo scrittore palesa la sua presenza allontanando il lettore dalla realtà virtuale della storia. Inoltre solo mostrando si fa presa sui ricordi e il lettore crede di essere presente alle vicende che succedono.
Se quello che vogliamo mostrare è noioso, meglio invece raccontarlo (“Laura prese un aereo e volò a New York” – è raccontato, ma è meglio che mostrare un volo in cui non succede nulla).

Scrivi di quel che sai: l’autore ha il compito di convincere il lettore che quello che legge non sono cretinate. Per riuscire in questa impresa l’autore deve calare l’elemento fantastico in un mondo verosimile e credibile. Tale mondo deve essere concreto tanto che il lettore lo possa accettare come realtà, elemento fantastico incluso (se questo particolare del mondo è così realistico e quest’altro particolare è così realistico, allora anche i draghi devono esistere). Un’accurata conoscenza degli argomenti dona alla narrazione un intreccio di particolari che fa credere che lo scrittore non stia raccontando favole, ma sia lì a filmare la storia. Questo significa che se volete parlare di cose che non conoscete (es: battaglie) dovete documentarvi – questa dovrebbe essere una questione d’orgoglio per presentare al pubblico un mondo preciso e curato dove ogni particolare è verosimile. Questo richiede parecchio impegno – il mestiere dello scrittore non è semplice.

Buttare il superfluo: lo scopo è raccontare una storia, tutto il resto non è degno di esistere. Parole, scene o personaggi che non aiutano lo svolgersi della storia devono sparire – anche se bellissimi. Per questo motivo in genere si consiglia di eliminare aggettivi e avverbi.

Scrivere in maniera semplice: il lettore deve capire cosa state scrivendo – forzare un linguaggio forbito (la “prosa raffinata”) rompe la sospensione di incredulità. La narrativa di genere vuole raccontare storie a tutti, non solo ai laureati in lettere antiche. Lo scrittore di genere è felice di essere capito sia dal professore cinquantenne che dal bambino di 10 anni, e scrivere semplice è più difficile che scrivere raffinato.

Struttura semplice: non vuol dire che la trama non debba essere complessa! Si parla di struttura. La struttura della storia deve essere semplice: ci deve essere una buonissima giustificazione per interrompere la narrazione e inserire un flashback. Strutture narrative complesse con sottotrame che si intersecano possono essere affascinanti, ma se la complessità è fine a sé stessa, il lettore è fuori dalla storia per ammirarla dall’esterno. Sottotrame, flashback e salti temporali devono esistere solo se rappresentano l’unica maniera per narrare la storia – meglio spostare indietro il punto scelto per iniziare la storia piuttosto che violare la linearità con mille flashback. Per un motivo analogo il prologo è spesso da evitarsi.

Evitare l’inforigurgito: l’inforigurgito, o infodump, è l’impellente necessità dell’autore di fornire informazioni al lettore. Sia perché l’autore si rende conto che certe informazioni sono necessarie per comprendere gli sviluppi della storia, sia – quel che è peggio – se l’autore crede che lo siano quando in realtà non lo sono. L’inforigurgito in genere si presenta in due forme: con l’intervento diretto dell’autore o con dialoghi o pensieri farlocchi.
Nel primo modo la narrazione è interrotta e l’autore sale in cattedra per insegnare al lettore – rompendo la sospensione di incredulità (es: “Laura sollevò la spada, pronta a tagliare la testa al coboldo, una razza goblinoide che si insediò duemila anni fa…”). Questo errore è spesso tipico degli scrittori che hanno passato ore a ideare un loro mondo e si convincono che l’ambientazione è bella in sé e vada mostrata. Non è così, mai, quello che conta è la storia. Il lettore in genere pensa “chissenefrega!” e se lo scrittore insiste, il lettore pianterà il libro: le informazioni in sé non sono interessanti, è come vengono integrate nella storia che le rende interessanti.
La seconda forma è il dialogo farlocco (es: “come saprai bene, i coboldi sono una razza goblinoide…”) in cui il dialogo è forzato e inverosimile, e rovina la credibilità della storia – i personaggi non spiegherebbero quelle cose in un mondo realistico.
La soluzione all’inforigurgito è mostrare: se è davvero vitale fornire quelle informazioni al lettore, si può mostrare la società cobolda in azione e il lettore ne ricaverà le informazioni necessarie. Rispetto ai dialoghi, si può usare l’inforigurgito in un dialogo solo se davvero i personaggi parlerebbero di quelle informazioni, ad esempio perché uno dei personaggi non ne è a conoscenza (evitando in questo modo il “come ben sai”).

I dialoghi: sono fondamentali per caratterizzare i personaggi (pensate alle persone che conoscete solo su internet: avete un’idea ben precisa di loro, eppure li conoscete solo tramite i loro dialoghi). Una trattazione completa di come scrivere un buon dialogo è stata affrontata in un altro capitolo, ma gli errori più comuni sono i seguenti:

  • Personaggi che parlano come un libro stampato, quando il re e il contadino si esprimono nello stesso modo. Persone che per background sono rozze o scurrili dovrebbero esprimersi in modo rozzo e scurrile
  • Personaggi che parlano come nella realtà: il dialogo deve essere verosimile, non vero (nel dialogo vero ci si interrompe spesso, non si finiscono le frasi, ci si parla addosso…). Il dialogo deve essere funzionale alla storia e filtrare il superfluo, lasciando solo la parte vitale per lo svolgersi della vicenda
  • Dialogo indiretto: quando si inserisce un dialogo indiretto (Laura disse che aveva fame) si sta raccontando e quindi infrangendo la regola dello Show don’t tell (vale comunque la regola della noia – se un dialogo è noioso ma necessario si può raccontare).

Saper gestire il punto di vista: la scelta di dove piazzare la “telecamera” della narrazione deve essere compiuta in base alle reazioni che si vogliono suscitare nel lettore, quindi occorre essere consapevoli di che effetto hanno le varie scelte. La telecamera può essere sulla spalla di un personaggio, dentro la sua testa, in un punto fisso, o muovere a seconda delle circostanze. Ecco gli errori più comuni:

  • È meglio evitare il narratore onnisciente, che può riprendere la vicenda da qualunque angolo, personaggio, tempo. Questo perché spesso il narratore finisce per essere visibile e quindi il lettore non crede più di trovarsi in un mondo nuovo, ma sa che un narratore gli sta raccontando una storia. Inoltre se il narratore onnisciente fa un’affermazione, questa diventa verità assoluta e contraddirla distruggerebbe la credibilità. Il narratore onnisciente non offre in genere vantaggi rispetto agli altri tipi, ed è invece pieno di rischi
  • La prima persona va usata con cautela – è più difficile che usare la terza persona. Innanzitutto c’è un ostacolo: con un narratore in prima persona è netta la sensazione che il protagonista stia raccontando. Non è grave come avere il narratore onnisciente a fare da barriera perché il narratore onnisciente si identifica con l’autore, ma è comunque un ostacolo [si veda sezione di Chuck Palahniuk in cui consiglia di far capire che la narrazione è in prima persona solo quando il lettore è già agganciato]. Per narrare in prima persona ci dovrebbe essere una ragione, non a caso i romanzi in prima persona hanno spesso una cornice che introduce la narrazione. L’altro problema riguarda lo stile: ogni parola, descrizione, scelta di ciò che si racconta è una caratterizzazione del personaggio narrante a cui va fatta attenzione. Questo può andare in conflitto col concetto di stile trasparente: la scelta dei termini non può più essere neutra e piegata solo a necessità di efficienza, ma deve tener conto dell’effetto che il narratore avrà sul lettore per il fatto di esprimersi in quel modo. Ad esempio nessuno ha niente da obiettare se un narratore in terza persona indugia a descrivere un cadavere, ma se a farlo è un narratore in prima persona, si avranno una serie di considerazioni sul personaggio. In genere bisogna avere esperienza e talento per saper maneggiare un narratore in prima persona
  • Cambiare punto di vista è traumatico perché richiede al lettore uno sforzo mentale per adeguarsi. Dunque a meno di ottime ragioni bisognerebbe evitare di cambiare il punto di vista durante una scena

Da ciò deriva che la scelta più semplice ed efficiente è in genere quella di usare la terza persona limitata: la telecamera è posta sulla spalla di un personaggio e può inquadrare solo quello che il personaggio vede, e in compenso non è vietato “inquadrare” di tanto in tanto anche ciò che il personaggio pensa – ma solo lui, solo il personaggio con la telecamera. Non cercate di essere originali a tutti i costi: l’originalità, nella narrativa di genere, è nella storia. Altrimenti il lettore sarà più interessato alla scelta stilistica che a appassionarsi alla vicenda.

I personaggi: l’autore deve conoscere i propri personaggi. Deve saperne vita, morte e miracoli ma, soprattutto, deve conoscerne le motivazioni. Perché un personaggio agisce in una certa maniera, quali sentimenti e ideali lo muovono, ciò dev’essere cristallino per l’autore. Data una certa situazione, i lettori devono poter essere in grado di prevedere le azioni dei personaggi, grazie al fatto che l’autore ha ben caratterizzato i personaggi. In genere è più importante avere chiaro il loro modo di pensare che il loro aspetto fisico.
Un personaggio deve agire – l’inazione è l’opposto della sua caratteristica di essere un personaggio. Un personaggio deve muovere la storia, avere un ruolo attivo, o non serve alla storia – peggio ancora se passa il tempo a lamentarsi. Il principio dell’agire determina quali personaggi estrarre dall’ambientazione per renderli protagonisti. Un buon consiglio è scegliere personaggi che soffrono: sono quelli che hanno motivazioni più forti ad agire. Per lo stesso motivo in genere si evitano personaggi troppo potenti: è raro che agiscano in prima persona, e se lo fanno spesso non sono credibili. Danno ordini che altri agiscono – questi altri sono buoni candidati personaggi.
Esiste la troppa caratterizzazione: il fulcro deve sempre essere la storia, per alcune storie non serve che il personaggio sia tormentato, con una personalità complessa e sfaccettata. Se un personaggio si appassiona più a Gulliver che ai suoi viaggi è un errore, e lo stesso vale per molti romanzi di Asimov.
Anche se l’autore può ispirarsi a amici e personaggi, questo giochino non deve essere palese, o ne patirà ancora la sospensione di incredulità.

Writing craft essays by Chuck Palahniuk – III parte

Fonte: 36 Writing Essays by Chuck Palahniuk
Autore: Chuck Palahniuk
Categoria: Scrittura
Argomento: Regole

(continua da post precedente)

Thirteen writing tips

  1. Metti un timer per scrivere
  2. I lettori sono più furbi di quanto pensi. Non temere di sorprenderli, hanno già letto storie molto più furbe della tua
  3. Prima di scrivere una scena analizzala e studia il motivo per cui la stai inserendo. Serve a un punto successivo, o spiega qualcosa successo precedentemente? Serve per la trama?
  4. Stupisciti. Se permetti alla storia di andare in un posto sorprendente, sorprenderai il lettore
  5. Se sei bloccato in alcuni punti, rileggi le scene precedenti e troverai qualcosa di simile a una buried gun da usare
  6. Usa la scrittura come scusa per dare feste sulla scrittura. Sarà una ricompensa per le ore passate da solo a scrivere e non ti potrai pentire in futuro di quel tempo speso con altra gente
  7. Concediti di non sapere. Più a lungo lasci che una storia prenda forma, migliore sarà il finale. Quando scrivi devi solo sapere la scena successiva, altrimenti la storia sarà noiosa per te e per i lettori
  8. Se senti il bisogno di più libertà nel cambiare ciò che hai scritto, cambia nome ai personaggi. Non sono reali, sono in tuo potere, e capirlo ti permetterà di torturarli
  9. Usa tutte le forme di discorso: descrittivo, istruttivo, espressivo
  10. Scrivi il libro che vorresti leggere
  11. Fatti foto per la quarta di copertina ora che sei giovane e chiedi i copyright
  12. Scrivi riguardo i problemi che ti turbano di più, sono l’unica cosa su cui valga la pena scrivere
  13. Tutto ciò che il mondo vedrà di voi sarà il vostro lavoro

Killing time – part one

Il segreto della storia va rivelato gradualmente, come succede quando si imparano cose nella vita reale. Trama e ritmo sono spesso i due problemi più grandi degli scrittori, e in genere perché il ritmo è troppo lento. Come mostrare che il tempo è passato? Puoi fare un “information dump” di cose relative a qualcosa presente nel libro, ma non si può esagerare. Se si usa questo metodo, vanno usati fatti interessanti, facili da capire e self-contained. Devono essere plausibili per il personaggio narratore (devono essere informazioni che potrebbe sapere), e non serve dare la fonte. Queste parti creano autorità, implicano uno stato mentale e controllano il ritmo

Disconnected dialogue – part one

Ci piace un dialogo quando un contendente dimostra potere, e l’altro lo batte. Una buona trama gioca col potere (un personaggio lo guadagna, lo perde, lo riguadagna). Quando il potere cambia, la storia ne guadagna. Ma se il dialogo è lineare, non c’è frustrazione. È meglio un dialogo rozzo e incompleto, ad esempio domande cui nessuno risponde. Si vedano i seguenti tipi di dialoghi:

A) Hai portato fuori il cane? – Sì, un’ora fa
B) Hai portato fuori il cane? – È il tuo cane
C) Hai portato fuori il cane? – Smettila di starmi addosso

Non fare dialoghi furbi: fai dialoghi di tipo C (Hanno chiamato con i risultati – Sei andata a letto col mio amico?)

Body language – part one

Prova a mettere la TV in muto e crea una lista di gesti. Il 75% delle informazioni di un dialogo viene da postura e gesti, il 18% dalla voce, il 7% dalle parole. Inoltre, più verbi si usano più il cervello si attiva. Si pensi a mettere i capelli in bocca, ruotare gli occhi, indicare, chiudere la mano a pugno, mettere le dita in gola, formare un bacio, segnalare ok, annuire, scrollare le spalle, sospirare, grattarsi la testa, mangiarsi le unghie. I gesti, i tic, e il motivo dietro questi gesti possono dire molto sulle persone (una giornalista anoressica che si tocca il bicipite per misurare la massa corporea)

Objects

Grace Kelly ha fatto trovare e trova asce di guerra nel letto di camere di albergo come simbolo di amore, poi amicizia, poi giovinezza perduta. Gli oggetti dovrebbero avere questo potere nelle storie. Possono rappresentare gli obiettivi o i sogni dei personaggi, o il potere (come l’anello nel Signore degli Anelli), e i migliori cambiano per adattarsi ai diversi personaggi. Trova quali sono gli oggetti da usare, e tienili limitati in numero.

Required reading: absurdity

Leggi “My life with R. H. Macy” di Shirley Jackson e “Dusk in these fierce pajamas” di E. B. White. Ci sono cornici complicate o illusorie che vanno verso l’assurdità.

Utility phrases: when all words fail

Ci sono frasi che si dicono quando non si sa cosa dire. I personaggi dovrebbero averne, e dovrebbero dire qualcosa di loro. Se dicono “non so” indeboliscono ciò che affermano, con “storia vera” confermano l’autorità di ciò che dicono, “devono essere passate le sette” si usa perché la morte di Lincoln avvenne a quell’ora, è una throwaway reference a qualcosa che è successo prima. Probabilmente tra qualche anno li avremo sull’undici settembre, “aspetto che cada la seconda torre”, e i nostri nipoti non sapranno di cosa parliamo.

Names versus pronouns

Questi essay non sono regole o leggi: sono opzioni, sono gli strumenti nella toolbox dello scrittore, si possono usare oppure no. Un altro tool è il seguente: non usare un pronome (lei/lui/egli…) per riferirsi a un personaggio, ma qualcosa di più specifico. I personaggi avranno secondi nomi da usare in occasioni difficili. Etichette. Titoli. Soprannomi. Nomignoli. I nomi sono l’ultima cosa che impariamo di una persona, andrebbero dati solo ai personaggi importanti. I nomi sono l’ultima e la più vaga delle etichette, è meglio farla precedere da un’azione o un gesto, o una sensazione (un suono, un odore). Prova ad esempio a fare una lista dei tuoi nomi, sono tantissimi.

Nuts and bolts: plot points

Bisogna sapere lo scopo di una scena prima di iniziare a scriverla (la scena prepara qualcosa? è un indizio? una risoluzione? rallenta il ritmo per dare più potere alla scena successiva?). A quali domande risponde? Quali nuove domande pone? Chi legge può dire cosa manca, e a quel punto si può decidere che azione inscenare per riempire il vuoto.

Va deciso il prossimo plot point, e va fatto succedere. Le storie migliori in genere più che sorprendere, eccitano creando tempeste di aneddoti personali sulla stessa esperienza, che connettono col mondo. Parlano delle metafore condivise su un argomento. Il lavoro dello scrittore è di esprimere ciò che gli altri non riescono. Gli aneddoti si sommano a aneddoti su sentimenti condivisi: una buona storia evoca altre storie. Ascolta le cose uniche e durature che spingono la gente a parlare.

Tell a lie, bury a gun

Considera il boiler in Shining: all’inizio viene detto che va controllato, altrimenti esploderà. E quando alla trama serve un climax, guardacaso il boiler esplode. Simile a questa buried gun può essere una “bugia”: come la relazione con Mrs. Robinson del Laureato, o Maude che dichiara all’inizio di voler morire al suo compleanno. Quando Harold le prepara una festa, lei dice che si è avvelenata. O un padre promette qualcosa al figlio senza intenzione di mantenere la parola, ma alla fine avviene una trasformazione e la promessa viene mantenuta e tutti sono contenti. Esempi di “bugie” in questo senso quindi possono essere promesse non sincere, crimini, segreti, che possono essere trasformati in buried gun.

Una bugia nascosta concede un climax alla trama. La bugia dà potere al narratore sugli altri. La verità lo mette invece alla mercé degli altri (e riporta a una relazione onesta). Osserva le bugie che la gente lavora sodo per nascondere: chi si dimostra un intelligentone sta nascondendo la sua stupidità. Chi cerca in tutti i modi di farsi bello ha paura della bruttezza. Mantieni una bugia finché diventa impossibile proseguire. A quel punto si comincia a divertirsi.

A story from scratch, act one

(In questo essay viene mostrato il processo di editing di un racconto, analizzando la prima stesura di una storia che è stata pubblicata. Di seguito i commenti dell’autore).
Palahniuk preferisce iniziare una storia con un’azione. Non mostrare niente se non c’è un’azione. Evita il dialogo se puoi usare i gesti. Descrivi un personaggio in base a come il personaggio descrive il mondo (non “come il tetto di una casa” ma “come il tetto della casa dei Lloyd”. Se si parla di soldi, è un concetto astratto, il personaggio penserà invece a cosa può comprarsi con quei soldi, mostrando i suoi sogni e le sue priorità). Nella prima stesura in genere ci si occupa dello sviluppo orizzontale, quello verticale si aggiunge successivamente. Descrivi le azioni (“nascose il vaso”) non le motivazioni (“per tornare a prenderlo più tardi”). Ricorda le sensazioni on-the-body (nella storia in questione il personaggio è bagnato, gli sanguina il naso, e queste cose non vanno lasciate indietro). Rivedendo i liquidi sul corpo il lettore ricoderà le sensazioni fisiche e fungeranno da sommario, dimostreranno lo scorrere del tempo e coinvolgeranno i personaggi. Decidi quali parole il narratore non conosce, e non usarle. Se usa troppi vocaboli ci sarà l’effetto di “parla come un libro stampato”.

Se un personaggio subisce un’esperienza descrivi gli effetti (anche descrivendo il personaggio e come descriverebbe lui) e non ciò che non vede (nel racconto in questione non dice di venir colpito alla nuca da una palla ma parla degli effetti, visto che non può vedere la palla). Le action sequence si costruiscono con molti verbi. Una volta che hai presentato il gesto di un personaggio, riusarlo riporta emozioni senza necessità di rispiegarlo. Un personaggio senza niente da perdere può rivelare il suo più grande desiderio. Per creare tensione suggerisci che nei conflitti l’antagonista vincerà, questo genera simpatia nel lettore. E riusa parti di descrizioni usate su un personaggio per fare da eco all’intera situazione evocata quando la descrizione di quel particolare aspetto è stata usata la prima volta (nel racconto in questione un movimento del corpo rievoca la superiorità fisica dell’antagonista). Per descrivere un lungo viaggio puoi fare un elenco di vie e questo condensa il viaggio in un paragrafo. Alla fine il contratto sociale viene risolto: i desideri iniziali erano vani, la salvezza è arrivata dal credere in qualcosa di nuovo/indescrivibile come Luke Skywalker crede nella Forza quando deve distruggere la Morte Nera.

Writing craft essays by Chuck Palahniuk – II parte

Fonte: 36 Writing Essays by Chuck Palahniuk
Autore: Chuck Palahniuk
Categoria: Scrittura
Argomento: Regole

(continua da post precedente)

Reading out loud

Leggendo il vostro lavoro a voce alta a un gruppo di 7-8 persone vi renderete subito conto di quali parti funzionano e quali vanno corrette. Il tempismo e il ritmo sono importanti e dalle reazioni si impara dove va creata più tensione e dove va spezzata con humor, dove il pubblico va coinvolto e dove possono rilassarsi mentre si crea autorità. Il cervello dei lettori reagisce ai verbi (colpire, baciare, masticare) come se quelle cose succedessero davvero. Usa verbi e azioni, fai succedere qualcosa in ogni scena. Capisci dove serve fermarsi più a lungo per far capire al pubblico un punto della trama non spiegato dal narratore (l’obiettivo è far sì che il lettore arrivi sempre a realizzare qualcosa il paragrafo prima che il narratore lo dica). O dove serve spezzare la tensione con una risata, per portare poi a una crisi ancora peggiore.

Perfino a livello terapeutico raccontare le proprie crisi serve a rilasciare le emozioni che ci bloccano e cercare soluzione.

La monkey mind è quella parte del nostro cervello che non sta mai ferma e cerca di trovare un senso per ogni evento che accade. Accettando questo aspetto della mente si diventa storyteller migliori nel creare un effetto specifico a chi ascolta. La scienza sta dimostrando che ogni volta che vediamo qualcosa di nuovo la nostra attenzione si alza per verificare che non sia pericoloso. Considerate di dover scrivere storie per dare un senso a ciò che accade intorno a noi. In questo modo si possono sfruttare gli eventi che accadono per sfruttarli, invece che farsi sfruttare dagli eventi. Le storie che non riusciamo a raccontare sono in genere i segreti che ci uccidono. A questo punto potete seppellire l’esperienza reale quanto volete, ma in qualche modo scrivere è sempre autobiografico, così come la monkey mind è sempre lì a incasellare quello che vediamo: buono, cattivo, grasso, lento, amabile. Forse l’unico modo di sfuggirle è accettarla, siamo condannati allo storytelling: fare esperienze e creare storie, e usare quell’impulso invece di farsi usare, sopraffare la voce per farle fare qualcosa di produttivo. Usare la monkey mind invece di essere usato. In particolare sulle emozioni relative a un problema che non sappiamo risolvere/tollerare.

Leggere ad alta voce serve a trasformare quel prodotto personale in qualcosa fatto per un pubblico. Parlare ci libera della storia. E ci permette di scavare nella nostra merda personale e trasformarla in arte. Ne puoi fare qualcosa di divertente o eccitante o tragico. O che non esclude gli altri. Qualcosa che aiuta gli altri a vedere e esplorare i loro problemi. Cosa fa scattare le tue emozioni? Perché il trigger è così importante? Trasforma le emozioni irrisolte in storie da condividere. Questo aiuterà anche te, la scrittura diventerà in sé una ricompensa.

Esercizio: trova un modo unico di un personaggio per misurare il tempo (canzoni in macchina?) in modo che quando i personaggi descrivono il tempo, descrivono sé stessi.

Nuts and bolts: punctuation with gesture and attribution

Non stiamo mai completamente fermi mentre parliamo. Guarda cosa fa la gente quando parla: questi gesti dovrebbero essere usati per creare tensione e interesse durante i dialoghi. Persone che parlano e basta sono noiose, vedi il teatro o i film. Usare un’interruzione al punto giusto permette di aggiungere tensione.

Nuts and bolts: the horizontal versus the vertical

Le storie hanno una dimensione orizzontale (da un punto della trama a un altro punto della trama ecc fino alla risoluzione) e verticale (lo sviluppo di un personaggio o di un tema, la risonanza emotiva).

When you can’t find a writing workshop

I workshop ci danno la scusa di scrivere. In alternativa trova ambienti simili, che ricreino le situazioni in cui la tua fantasia vaga per passare il tempo, ad esempio le lezioni. Compito: chiedi la storia di oggetti in vendita.

Learning from cliches… then leaving them behind

Frasi come “stropicciarsi gli occhi” non creano la reazione fisica nel lettore, non reinventano il mondo in un modo unico per quel personaggio. La frase va spacchettata in dettagli sensoriali che creino una reazione. Se hai sentito qualcosa descritto in un certo modo, il tuo lavoro è di descriverlo in un altro modo, basato sulla storia/famiglia/educazione del personaggio, che descrive le cose nel suo modo unico. Reinventa ogni momento in base al personaggio.

Detto questo, è una buona cosa copiare lo stile di scrittori che si stimano. Poi vanno create variazioni, anche basate su tecniche di altri scrittori. Imita per imparare, ma rifiuta i cliché.

Talking shapes: the Quilt versus the Big O

La trama lineare è morta. Due alternative (se ne vedranno altre nei paragrafi successivi) sono: la trapunta o la O.

O: si inizia alla fine della crisi. Es: il Grande Gatsby che inizia con Nick vecchio. I vantaggi sono che si inizia con una scena avvincente e che si stabilisce il narratore: i lettori sanno che il narratore dà forma alla storia, quindi la storia stessa acquista credibilità.

Trapunta: unire una serie di storie diverse. Rappresenta il contesto per raccontare varie storie brevi.

Textures of information

Quello che si ricorda dei personaggi (più dei loro nomi) sono le loro azioni, il loro linguaggio e il loro aspetto. Le texture sono degli strumenti presi in prestito dalla vita reale che si possono usare per dare più potere alla storia. Esempi di texture sono: regole (si veda Fight club), definizioni, cerimonie, frasi su t-shirt, pubblicità, contratti… vengono dal mondo vero e danno credibilità. O le puoi usare per minare la credibilità dell’oggetto vero (es: gli annunci aeroportuali sono in realtà un codice).

Effective similies

Nella realtà un numero limitato di dettagli fisici creano la realtà di cui siamo consapevoli (rumore, odore, texture…). Se scegli il dettaglio giusto si può definire la scena. Cosa fa un personaggio quando non fa niente? (mani/piedi/respiro).

Le metafore sono in genere più potenti delle similitudini (usare direttamente la figura al posto di dire “come…”). Se proprio si vogliono usare le similitudini è meglio: non usare il verbo essere ma spacchettarlo nel verbo più specifico; limitarle, perché distraggono il lettore dal contesto; descrivere com’è il soggetto prima di presentare la similitudine; è possibile esacerbare i dettagli; non usare “come” (meglio cose tipo “X avrebbe potuto essere Y”); evita i verbi di pensiero.

Talking shapes: the Thumbnail

Il paradosso della narrazione è che il narratore sa già come va a finire… come fa a tornare innocente per raccontare con gli occhi che aveva all’inizio? Una tecnica è il thumbnail: un’anteprima di quello che succederà, e la promessa di eventi eccitanti. Questa tecnica crea anche tensione: permette di usare un sottile storytelling il cui scopo è farla dimenticare. Dà autorità e realismo, l’incredibile diventa credibile. Ma non esagerare nei dettagli anticipatori o non avrà senso per il lettore, meglio creare una scena fisica limitata, e il lettore tollererà di più il teasing se verranno messi dettagli reali di un presente tangibile. Questa tecnica è diversa dalla “O” perché in quell’anteprima rivela tutto o quasi.

Talking shapes: the cycle

Funziona nel modo seguente: una persona innocente sembra aver trovato il modo di uscire dalla miseria, ma si accorge poi che è una trappola organizzata per distruggere vittime e auto sostentarsi. Alla fine capiamo che il processo accade regolarmente, è un ciclo, ed è sufficiente vederne uno solo per estrapolare il passato e il futuro. Indizi di questa struttura: ciò che porta alla salvezza viene più a buon mercato del previsto; il personaggio ignora o razionalizza eventi sinistri; la gente inizia a morire; la vittima è in trappola (può essere isolata, o sedata…); la vittima scopre prove inconfutabili della sua dannazione; la vittima prova a scappare all’ultimo momento. Viene poi mostrato lo step successivo, ad esempio l’inizio del prossimo ciclo con la prossima vittima, mostrando anche tracce della fine fatta dal protagonista per confermare la sua sorte.

Questa struttura funziona bene perché riflette una paura comune: il mondo è una cospirazione organizzata per ucciderci, tutti ci odiano e fingono di amarci per usarci e scartarci. Non importa quanto ci si impegni, qualcosa fallirà. Viene così dimostrato che la vita è ingiusta – facendo succedere qualcosa di negativo ad altri piuttosto che a noi. È una tecnica diversa dal thumbnail perché il ciclo si ripete e non si può rivelare troppo subito. In genere all’inizio si intravede la vittima precedente, e l’inizio deve sedurre il lettore (come il protagonista) con cose belle, ad esempio viene scoperto il modo per realizzare il più grande desiderio.

Talking shapes: the rebel, the follower and the witness

Usare una trama conosciuta fa accettare il bizzarro. Ad esempio, Star Wars usa una quest story (chiamata dell’eroe, l’eroe salva la principessa, l’eroe uccide il drago). Allo scrittore può servire quindi identificare il mito di cui si sta parlando e studiare l’originale come blueprint per notare gli elementi mancanti. Una struttura piuttosto in voga è quella di usare tre personaggi principali di cui ne resta soltanto uno (es: Qualcuno volò sul nido del cuculo, Il Grande Gatsby, Fight Club). C’è un ribelle (McMurphy nel nido del cuculo, Gatsby nel Grande Gatsby) che non trova il suo posto nel mondo e turba le persone per come si comporta. C’è un follower che viene sacrificato, e che cercava di compiacere il sistema che il ribelle combatte. Entrambi in realtà rafforzano il sistema. Il follower viene distrutto, il ribelle si distrugge, e il testimone vive con un compromesso, trasformato, e lascia il vecchio sistema. La crisi che porta alla distruzione del follower dà occasione all’ordine sociale di distruggere il ribelle. E il testimone guarda senza farsi notare: è la storia che succede quando ci si trova in una situazione con due contendenti, o anche nelle democrazie con due partiti, come quella americana, e per questo tanto in voga nella letteratura oltreoceano. Una volta che si è riconosciuta questa struttura, la si può variare.

Nuts and bolts: using your objects

L’anello di Colazione da Tiffany ha un valore emozionale sempre maggiore man mano che appare. Rappresenta l’intero messaggio della storia. Un oggetto ben utilizzato può servire come:

  • Pro memoria (collana blu in Titanic): ricorda al lettore parti di trama, incluse le relative emozioni
  • Buried gun (la scritta in Citizen Kate)
  • Segnali (l’anello di Harold e Maude che lui le regala e lei getta via): i personaggi si esprimono fisicamente tramite l’oggetto
  • Continuità (il posacenere verde in Creep show)

Da cosa i personaggi non si separano? Cosa puoi usare per rappresentare salvezza o dannazione? Quali sono i tuoi oggetti-simbolo cui tieni? Anche a livello più banale: un personaggio non può pensare “dio, ho voglia di scotch” ogni due minuti, ma può avere una fiaschetta che tocca spesso.

La chiave è riusarli per dargli potere, farli evolvere e cambiarli, creare ciò che fa esprimere il personaggio.

(continua in post successivo)

Writing craft essays by Chuck Palahniuk

Fonte: 36 Writing Essays by Chuck Palahniuk
Autore: Chuck Palahniuk
Categoria: Scrittura
Argomento: Regole

Establishing Authority

Una volta stabilità l’autorità dello scrittore, si può portare il lettore ovunque. Ti crederà. Per farlo si può usare la testa o il cuore.

  • Cuore: utilizza onestà e franchezza. Il narratore rischia di essere lo sciocco invece dell’eroe… ma si rischia anche che il lettore venga coinvolto emotivamente. Questo perché svelando qualcosa di imbarazzante si dimostra al lettore che non si sta provando la propria gloria, non si sta provando a sembrare belli, e quindi anche il lettore sarà più disposto a condividere i propri difetti e le proprie paure (es: viene mostrato un aneddoto in cui il protagonista fa la figura dello zimbello per uno scherzo dei suoi compagni di squadra che gli mettono una sostanza urticante nelle mutande)
  • Testa: dimostrando conoscenza. Si mostra al lettore che si è fatta ricerca sull’argomento di cui si vuole parlare, il narratore è la persona più qualificata per raccontare la storia.

Stephen King ad esempio usa solitamente il metodo del cuore (introduce i personaggi lentamente e attentamente), Tom Clancy la testa (procedure e tecnologia spiegate in modo che si capisca che il protagonista è astuto e preparato e vale la pena spendere tempo con lui).

Si tratta di servire lo storytelling più efficace. Come esercizio puoi provare a scrivere qualcosa di onesto, vulnerabile: può essere doloroso, imbarazzante, parlare di un’umiliazione.
Se si vuole esercitare il metodo della testa, si può chiedere a qualcuno di parlare della sua professione.

Developing a theme

Un tema è come la base di una sinfonia, che ricorre durante tutta l’opera, arricchita di cose nuove. Ad esempio suggerisci il tema del tuo libro durante una festa, nella forma di un aneddoto personale (es “pozzi paurosi dell’infanzia”) e vedi come il tema diventa universale mentre altri ne parlano. Prova a buttare là le paure infantili e poi cerca un pattern e crea un collage per ottenere l’effetto migliore.

Using on-the-body physical sensation

Il lettore va coinvolto mentalmente e emozionalmente. Ma se riuscite a fargli provare sensazioni fisiche, allora avete creato una realtà. La storia deve svilupparsi nella testa, cuore, e viscere del lettore. Questo non succede con parole astratte che descrivono dolore/piacere, ma con una situazione tangibile, dettaglio per dettaglio, in cui gli eventi si succedano nella mente del lettore. “Dolore sordo”, “piacere estatico” sono cliché di un cheating writer che non evocano niente. Bisogna spacchettare l’evento, momento per momento, odore per odore, e farlo succedere. Lo stesso vale per il sesso: bisogna inventare un modo che solo il narratore userebbe, il nomignolo che usa per i genitali, l’eufemismo che usa per il rapporto. La prossima volta che vi ammalate, fate una lista dei dettagli fisici di ciò che accade. Un altro metodo è usare il gergo medico, ad esempio cercando le cause mediche di cose come il mal di testa, o le cure (dicono a quali cause sono indirizzate).

Submerging the I

Le storie raccontate in prima persona allontanano il lettore, ma hanno più autorità. Inoltre permettono di giocare con l’onestà del narratore (si veda ad esempio il Grande Gatsby: Gatsby è davvero così affascinante, o Nick Caraway lo dipinge tale per rendere la sua gioventù più eccitante e giustificare il suo ritorno dai genitori?), la tecnica dell’unreliable narrator (narratore inaffidabile).

Sempre nel Grande Gatsby, il narratore è una persona qualunque che parla del suo eroe – o meglio, un apostolo che parla del suo dio. In questo modo, la narrazione non risulta noiosa.

La terza persona invece ha lo svantaggio che può passare come un dio nascosto, quindi come fare se si vuole usare la prima persona? Nascondendo l’io. Nel racconto di Palahniuk “Guts” si capisce che la storia è narrata in prima persona solo quando il lettore è già agganciato e l’autorità è già stabilita (tramite fatti medici e tramite il mix funny/sad). Se si è scelto di usare la prima persona, meglio eliminare gli “io” il più possibile, e piuttosto usare “mio”, “me”: tieni la telecamera lontana il più a lungo possibile.

Nuts and bolts: hiding a gun

La “pistola” è qualcosa di cui parli (un dettaglio, un errore, una debolezza) che viene dimenticata e che torna per distruggere il personaggio. Spesso si usa per limitare il tempo della narrazione (Il giro del mondo in 80 giorni), e può addirittura comunicare al lettore qualcosa che succederà dopo la fine del libro (si vedano le citazioni di inizio capitolo di Dune, che fanno capire che la moglie di Paul si dedicherà alla scrittura).

Nuts and bolts: “thought” verbs

Non usare verbi di pensiero/intenzione: pensare, sapere, capire, realizzare, credere, volere, ricordare, immaginare, desiderare, amare, odiare. Quindi invece di “si chiese se Monica non apprezzasse che lui uscisse la sera” mostra Monica che prepara il caffé per sé e non per lui. Invece di sapere, mostra ciò che il personaggio sa (invece di “lui le piaceva” mostra lei mentre gli fa la corte). In breve vanno usati solo dettagli sensoriali: azioni, odori, suoni, sensazioni. La storia è più forte se si mostrano le azioni fisiche e i dettagli che possono portare il lettore a sapere/pensare anziché venire imboccati dallo scrittore. Stessa cosa vale per amare/odiare: costruisci il caso come un avvocato.

I personaggi non dovrebbero stare soli perché in genere iniziano a pensare. Piuttosto, falli fantasticare su ciò di cui si preoccupano. Non usare “dimenticare” e “ricordare”. E fai attenzione pure a “essere” e “avere”: nascondi i dettagli nelle azioni e nei gesti.

Nuts and bolts: “big voice” versus “little voice”

I personaggi interessanti hanno opinioni forti, ma non fargli eclissare le “piccole voci” necessarie per azioni fisiche descrittive.

Nuts and bolts: using choruses

Le ripetizioni possono rinfrescare dei punti della trama e far scattare emozioni forti.

Nuts and bolts: saying it wrong

Reinventare un linguaggio per reinventare un mondo (o un personaggio) può essere particolarmente efficace. Ogni persona ha un suo slang e questo la caratterizza. Ogni personaggio dirà qualcosa in modo “sbagliato” da quello che è considerato normale. Si veda ad esempio “The iceberg at the bottom of the world” di Mark Richard, un ottimo esempio di linguaggio.

Beware the “thesis statement”

Queste affermazioni si verificano quando si dichiara all’inizio del paragrafo lo scopo del paragrafo stesso. Ad esempio “… era un posto in cui trovare lavoro era difficile”. Toglie l’intrigo di ciò che si va a mostrare. Lo scrittore è una spogliarellista: ogni indumento va tolto con cura studiata, non si sbattono i genitali in faccia al pubblico. Il lettore deve farsi una sua idea. Ad esempio invece di “Brian si sentiva male” meglio usare “forse era stata la maionese. Le gocce che colavano dal sandwich sembravano un po’ troppo gialle. O forse erano le mosche dietro il banchetto”. Non dire troppo subito, spacchetta il sandwich finché il pubblico si sentirà male. Rimuovi il thesis statement e metti fatti forti e tangibili.

(continua in post successivo)

Corso di scrittura creativa: personaggi e dialoghi

Fonte: Corso di scrittura creativa
Autore: Alessandro Manitto
Categoria: Scrittura
Argomento: Personaggi

Personaggi

Negli ultimi anni i romanzi incentrati sulla trama con un concatenarsi di causa-effetto hanno molto successo, ma anche la tecnica alternativa di utilizzare le interazioni tra personaggi può essere aggiunta alla prima. Si può costruire prima la trama e poi i personaggi, o prima i personaggi e poi la trama, ma questa tecnica funziona solo se l’autore conosce molto bene i personaggi.

Per descrivere i personaggi si possono usare i seguenti punti di vista (crea una scheda per ogni personaggio inserendo tutti i documenti utili su di lui, come un investigatore privato):

1. Preso singolarmente:

  • Nome: daglielo subito, anche se poi lo cambi, per individualizzare. Se il personaggio è ben caratterizzato, nessun nome è banale. Se non vuoi confondere il lettore evita i nomi simili, ed evita che la prima lettera di personaggi importanti sia uguale perché la mente del lettore la usa per identificare il personaggio. Se non riesci più a cambiare il nome, hai trovato quello giusto
  • Cognome: evita quelli troppo didascalici riguardo al carattere. Buona tecnica per cognomi esotici: cerca il nome di un piccolo paese nello stato in cui abita il personaggio e modificalo leggermente
  • Crea della documentazione, ma non inserirla a forza nel libro: alcune cose serviranno solo a te per renderlo più vivo
  • Descrizione fisica: non è necessaria. Alcuni autori non danno le caratteristiche fisiche per aiutare l’immedesimazione del lettore. Se una caratteristica fisica non serve alla narrazione, poi, puoi ometterla. Le descrizioni minuziose sono grottesche
  • Area sociale: da applicare anche nel linguaggio. Si usano registri diversi in ambienti diversi (es: professionale rispetto a uno informale rispetto a quello che si usa in famiglia) o all’interno di gruppi diversi (con gli amici, col partner…)
  • Psicologia: almeno abbozzata, che tipo è, difetti e virtù. Oppure si può rispondere a un test psicologico immedesimandosi nel personaggio per vedere la sua personalità, ad esempio http://www.16personalities.com/
  • Background, per dargli profondità ed evitare l’effetto “sagoma di cartone”. Crea alcuni momenti chiave della sua vita, anche se non verranno utilizzati nel romanzo. Scrivi la descrizione dettagliata di questi momenti che ha vissuto e che l’hanno influenzato, perché dice molto di quel personaggio (v. l’aneddoto del bagno e i poliziotti nelle Iene): uno per l’infanzia, uno per l’adolescenza, uno per l’età adulta

2. Gerarchia del personaggio:

  • Le comparse non hanno bisogno di una scheda dettagliata, vengono trattate come l’ambientazione
  • I personaggi secondari hanno una funzione ben definita nella storia o servono ad approfondire i personaggi principali. Solitamente sono monodimensionali, hanno un solo aspetto in genere molto caricato in modo da colpire l’attenzione (poiché il personaggio compare poco, deve colpire). Spesso servono a rendere più evidenti le caratteristiche dei personaggi principali, o per contrasto o per declinazione diversa rispetto a loro
  • I personaggi principali: il protagonista, l’antagonista, il coprotagonista e il coantagonista

3. Interazioni:

  • Tra protagonista e antagonista: è la tematica del romanzo. L’antagonista spesso viene creato di riflesso, perché colpisce il protagonista nel suo punto debole (es: il nemico di Renzo dei Promessi sposi è un nobile). Spesso gli antagonisti sono correlati ai protagonisti per molti aspetti tranne quello etico (es: negli X-Men Xavier e Magneto). In ogni caso, l’antagonista spesso è la metafora di un “lato oscuro” del protagonista. Per studiare la correlazione tra protagonista e antagonista si può immaginare un romanzo con un protagonista cattivo, o con un protagonista buono e un antagonista molto buono, perfetto

Una volta creata la scheda del personaggio con queste informazioni, quando si sente che il personaggio è fertile, quando si sente che può prendere decisioni, allora è pronto.

A volte le interrelazioni tra personaggi vengono rappresentate in uno schema: nei romanzi complessi per non perderle di vista, in quelli semplici per non rischiare di avere interrelazioni banali e evidenziare interrelazioni che potrebbero essere interessanti. Spesso le relazioni sono organizzate in triadi (Otello-Iago-Desdemona. Otello si fida di Iago, Iago odia Otello. Otello è geloso di Desdemona, Desdemona ama Otello. E nello schema viene rappresentata in maniera più sottile la relazione di Iago che è indifferente a Desdemona, e Desdemona che non si fida di Iago), e ogni triade è una linea di trama. Concentrarsi non solo sulla trama ma anche sulle interrelazioni può migliorare la tecnica di uno scrittore.

Scorciatoia per creare personaggi: “a due a due”, attraverso contrasti. Esempi di coppie utili:

  • Il risolutore e il dissolutore (tipico protagonista e antagonista)
  • Il mentore e il traditore (il primo è il saggio consigliere, consiglia bene il protagonista)
  • L’entusiasta e lo scettico (il primo incita il protagonista, il secondo lo frena)
  • L’emotivo e il razionale

 

Dialoghi

Vanno usati come strumento narrativo e sono composti da:

  • Cosa viene detto
  • Come viene detto (non solo la forma ma anche quali idee ha il personaggio)
  • I pensieri

Il dialogo spesso mostra la differenza tra chi scrive per piacere e il vero autore: il dilettante spesso non sa come gestire i dialoghi quindi ne scrive pochi, e descrive tutto. Attenzione però a non fare l’errore opposto: far andare avanti la trama per racconto anziché per eventi, altrimenti i personaggi diventano un secondo narratore. Il professionista invece sa come impostare il dialogo utilizzando tecniche drammaturgiche:

  • Stile: può essere diverso da quello della narrazione, a seconda di quale personaggio sta parlando. Oltre allo stile della voce narrante quindi va determinato lo stile dei personaggi
  • Verosimiglianza: il dialogo deve essere verosimile, nel contesto di ciò che sta accadendo nel romanzo
  • Si muove tra due poli: la registrazione totale di ciò che viene detto, e il completo artificio narrativo. Nel primo caso, se si ascoltano dialoghi reali, il linguaggio è solitamente molto informale, poco corretto, e a volte impossibile da usare in un romanzo per una serie di sottintesi che le persone sanno e non devono spiegare, senza contare i gesti, le pause ecc. Come esercizio, trascrivi le frasi altrui per vedere come costruiscono i loro dialoghi: tipicamente le frasi sono brevi, c’è un passaggio veloce di argomenti. Sottolinea certi elementi anche scombinando la frase. Puoi usare queste registrazioni per “sgrammaticare” il dialogo dei personaggi: ci saranno cose che dicono nel loro modo personale e caratteristico. Se invece ci si sposta al polo del completo artificio narrativo si otterrà l’effetto del “parla come un libro stampato”. In genere il dialogo nei romanzi è più vicino a un artificio letterario che alla registrazione totale di ciò che viene detto. Si dice che si usa una “strategia estrusiva”: la registrazione totale viene forzata attraverso l’artificio letterario in modo che non si noti il procedimento narrativo

Come scrivere quindi dialoghi efficaci? Il personaggio deve denotare il pensiero sotto il dialogo, e il dialogo deve essere solo la punta dell’iceberg. Buoni accorgimenti per un dialogo sono:

  • Essenzialità
  • Deve essere presupposto un obiettivo, cosciente o incosciente, per dare vita al dialogo. I dialoganti partono dalle loro idee iniziali e arrivano all’obiettivo, dove si incontrano e il dialogo finisce
  • Avere una organizzazione strutturale (che può essere anche un misto di vari tipi). Le principali (raramente incontrate allo stato puro, ma conoscere i tipi principali aiuta a capire le stratificazioni dei dialoghi) sono:
    • Polemica (evidente o sottile): la relazione iniziale è di eguaglianza e un personaggio vuole guadagnare una posizione. Si usa spesso per vivacizzare il dialogo, essendo una parte di storia priva di azione
    • Didattica: un personaggio conduce, gli altri gli riconoscono la gerarchia e fanno domande/riassumono. Si usa per fornire informazioni al lettore
    • Dialettica: collaborazione dei personaggi per stabilire la verità, simile alla struttura polemica ma in cui i personaggi sono d’accordo (gli interlocutori accettano di essere competenti su alcuni argomenti e non competenti su altri). Si usa per esprimere aspetti profondi della personalità dei personaggi

[Segue narratore e stile]

Gamberi Fantasy: descrizioni e dialoghi

Fonte: fantasy.gamberi.org
Autore: Gamberetta
Categoria: Scrittura
Argomento: Regole

Come creare buone descrizioni

  • Inserisci lo scorrere del tempo, non esistono due istanti uguali
  • I dettagli devono essere funzionali alla storia, se un personaggio ha una certa ragione per ntoare le cose punta a quello nella descrizione
  • “Michele è troppo vecchio e stanco per correre alla fermata” è meglio di “ha una novantina d’anni”
  • Serve produrre molta documentazione… ma deve stare dietro le quinte, non bisogna voler mostrare al lettore quanto ci si è documentati o la descrizione diventa pedante e statica, con dettagli inutili che sono solo pesanti
  • Mantenere il punto di vista, anche nelle descrizioni. Se una descrizione viene descritta mentre la telecamera è sulla spalla di un personaggio, va mantenuto il suo punto di vista. Si capisce subito quando un personaggio parla con una voce non sua, e a quel punto la suspension of disbelief si incrina
  • I dettagli devono essere concreti, stimolare i sensi e usare il linguaggio del personaggio, che vuol dire documentarsi su ciò che il personaggio conosce
  • Se la descrizione è complessa si possono usare metafore, ma attenzione a non strafare
  • Errori comuni: non ci sono immagini, non ci sono suoni, non ci sono sensazioni, solo aggettivi appiccicati (e ancora peggio se sono astratti)
  • Esempi: “Agatha è indipendente e determinata” è un errore, andrebbe mostrato che Agatha si prende cura della sorella malata e vive da sola.
    Verrà da dire “ma io devo dire che c’è stata una guerra atomica, vero?” – No. L’autore deve mostrare i palazzi distrutti, i mutanti per le radiazioni. Il lettore capirà da solo che c’è stata una guerra atomica. In questo senso le descrizioni devono essere funzionali alla storia

Come creare buoni dialoghi

  • Nella prima stesura non seguire i consigli dei buoni dialoghi, o sembreranno finti. Verranno milgiorati nelle stesure successive
  • Lascia evolvere il dialogo. Se va in una direzione che modifica la trama, fidati del dialogo, non della trama (questo succede perché conosci bene il personaggio e non fidarsi vorrebbe dire introdurre forzature). Se la direzione è sbagliata, allora devi cambiare le condizioni iniziali e riscrivere, non cambiare il dialogo
  • Sii schizofrenico: entra nella testa del personaggio, anche nelle sue sensazioni. E parla come lui
  • Il dialogo deve essere dinamico, deve essere calato in un contesto, ci devono essere elementi esterni. Essi sono come il rumore di fondo nella vita reale: se tutto si fermasse, qualcosa stonerebbe. Lo stesso nella narrativa, se lo sfondo resta immobile il lettore è infastidito (anche se magari non capisce perché). Il mondo si può fermare solo per poche battute, poi qualcosa deve succedere
  • Ma non deve essere interrotto continuamente. Lo stesso vale per i pensieri: possono inserirsi in un dialogo, ma non continuamente. E devono essere concreti (un personaggio non deve pensare alla morte in astratto, ma a quel giorno in cui seppellì il suo cagnolino)
  • Un dialogo ha senso se è significativo per la trama e se mette di fronte personaggi con obiettivi diversi. Ci deve essere uno scontro, un desiderio di prevalere sull’altro, o il dialogo sarà noioso
  • In un dialogo lineare il collegamento tra le battute è diretto, ma spesso i dialoghi che funzionano meglio sono quelli obliqui (“che ore sono?” – “dovresti riaccompagnarmi a casa”) o disconnessi (“che ore sono?” – “guarda, sei proprio un cretino”). Gli ultimi due modi creano più tensione, ma attenzione a non abusarne o i dialoghi non saranno più verosimili

Ci sono alcuni difetti che intaccano la verosimiglianza di un dialogo:

  • Tutti i personaggi hanno la stessa voce. Ogni personaggio deve avere una voce distinta, e ci arrivi conoscendo molto bene i personaggi (ad esempio un personaggio che è convinto di avere sempre ragione non userà il congiuntivo o locuzioni come “credo…”)
  • I personaggi parlano al lettore anziché tra loro
  • Il dialogo è sempre politicaly correct. Se un personaggio è razzista, deve dire “negro di merda”, non “extracomunitario”. Non bisogna aver paura di passare per razzisti: chi prende le idee di un personaggio per quelle di un autore è un idiota al pari di chi crede che un attore la pensa come un personaggio che interpreta
  • I personaggi parlano con la voce dell’autore

Il dialogo può essere usato per:

  • Accelerare il ritmo (perché contengono meno parole, inoltre una descrizione non ha conflitto mentre un buon dialogo sì)
  • Rallentare il ritmo (un dialogo è più lento di una scena d’azione)
  • Descrivere – ma attenzione che non si percepisca la forzatura del personaggio che aiuta l’autore

Come scrivere un buon romanzo

Fonte: How to write a damn good novel
Autore: James N. Frey
Categoria: Scrittura
Argomento: Regole

Ci sono vari strumenti nella cassetta degli attrezzi di uno scrittore:

  • I rapporti di causa-effetto sono molto importanti per il lettore, cerca ripercussioni di ciò che succede nel romanzo, è gratificante quando un evento può accadere grazie al precedente e non per decisione ex machina dell’autore
  • La premise è la singola frase che costituisce il nucleo del libro. Durante il libro ci sarà l’evoluzione del protagonista (attraverso la lotta, contro il conflitto), poi il culmine con un ribaltamento della situazione, dove un’azione risolve il dilemma iniziale. Dopo il climax la premise viene dimostrata
  • Un buon climax: dimostra la premise; è sorprendente; suscita nel lettore emozioni forti; ha almeno una piccola componente di “giustizia è fatta”; mostra un nuovo lato del protagonista; non lascia sospesi
  • L’identificazione è il più grande trucco per un autore. Siamo tutti voyeur, e questo elemento dovrebbe essere sfruttato. Ciò può essere fatto:
    1. mettendo subito il personaggio in una situazione che provochi emozioni. Possibilmente problemi con cui il lettore possa simpatizzare da subito
    2. con una crisi, e il lettore deve poter partecipare al processo decisionale del personaggio
    3. se i personaggi soffrono, lottano, sono umani
  • L’identificazione crolla se i personaggi sono crudeli verso i personaggi più apprezzati, o se fanno cose stupide, o se agiscono a meno del meglio delle loro possibilità
  • I flashback servono a spiegare perché i personaggi stanno per comportarsi in modo diverso dal solito o da come ci si aspetta. Danno un background al personaggio, per dimostrare che ha delle motivazioni e che non merita disprezzo
  • Le anticipazioni possono essere usate se creano domande o alzano la tensione. Possono riguardare ad esempio un lato del carattere di un personaggio. Se anni fa un personaggio ha ucciso un cane qualcosa vorrà dire e l’episodio di allora avrà in qualche modo senso oggi. Oppure personaggi minori possono parlare in forma di previsione di qualcosa del carattere di personaggi principali (“so che quel personaggio è cattivo…”). Oppure i personaggi stessi possono anticipare qualcosa di sé stessi quando sono sotto stress
  • I simboli possono essere usati per aiutare il lettore a mettere a fuoco un conflitto: possono essere ad esempio un simbolo della vita di un personaggio ed essere significativi per quel personaggio. In genere è buona cosa creare un simbolo materiale di ciò che vuole il personaggio (ad esempio se il personaggio vuole fuggire da una situazione è una buona cosa creare un oggetto materiale che rappresenti l’essere sfuggito)
  • I personaggi nei dialoghi non dovrebbero mai dire direttamente cosa vogliono. Sii indiretto. Il dialogo deve creare conflitto, essere furbo, e vivido. Per migliorare i dialoghi ci si può chiedere per ogni riga: c’è conflitto? È banale? Si può rendere migliore rendendolo indiretto? La riga che sto leggendo è vivida e furba al massimo delle sue possibilità? Conflitto non vuol dire litigare, ci può essere conflitto anche in una frase come “what’s wrong dear?”
  • I comandamenti generali dovrebbero essere: abbi una prosa dinamica; sii specifico; risveglia tutti i sensi; sii un poeta (usa personificazioni, esagerazioni, metafore, similitudini che richiamino più di una caratteristica); nelle descrizioni evita i cliché e le cose difficili da visualizzare, fa sì che la descrizione sia influenzata dal tempo, dal personaggio e dinamica

Nella fase di editing, la regola madre può essere che se si sospetta che qualcosa non funziona, allora vuol dire che non funziona. Altre cose di cui tenere conto:

  • La premise è rispettata?
  • Il personaggio da apprezzare agisce in modo stupido o crudele?
  • C’è conflitto tra i personaggi? Agiscono sempre al massimo delle loro possibilità? Would he really? C’è sempre un crucible? I personaggi sono mossi da passioni dominanti? Sono determinati e non stereotipati?
  • I personaggi sono cresciuti da un estremo all’altro?
  • I conflitti sono saliti, senza rimanere statici? Si sono poi risolti?
  • La storia inizia nel momento giusto, né troppo presto né troppo tardi?
  • Ci sono buoni rapporti di causa-effetto?
  • Il climax rispetta le regole del buon climax?
  • C’è una “poetic justice” o “irony”?
  • I personaggi sono rivelati emozionalmente nei loro vari aspetti?
  • Se ci sono anticlimax (punti in cui l’attenzione si abbassa), toglili
  • Se ci sono flashback, sono necessari?
  • Hai partecipato a tutti i conflitti possibili?
  • Ogni scena è il più eccitante possibile, con un conflitto che aumenta?
  • I dialoghi rappresentano un conflitto? Sono caratterizzanti, utili alla storia, vividi e furbi?
  • Hai coinvolto tutti i sensi? Sei stato specifico?

Stephen King – On Writing

Fonte: On Writing
Autore: Stephen King
Categoria: Scrittura
Argomento: Regole

Introduzione

  • Quando SK ha lavorato per un vero giornale per la prima volta, l’editor gli ha detto: quando scrivi ti stai raccontando la storia; quando riscrivi togli tutto quello che non è storia. La prima volta è solo per te, la seconda per gli altri. Perché apparterrà a chiunque vorrà leggerla, o criticarla
  • Per SK la scrittura è migliore quando è intima – hai questa sensazione quando scrivi? È così interessante da essere intima come un contatto pelle a pelle?
  • Scrivendo il suo primo romanzo di successo, Carrie, SK capisce due cose: la percezione iniziale che ha uno scrittore di un personaggio può essere sbagliata quanto quella di un lettore. E: interrompere un lavoro perché difficile è una cattiva idea.
  • Più di un terzo del libro è composto da aneddoti sulla vita di SK, alcuni dei quali relativi alla sua vita da scrittore, altri che mi fanno pensare al “creare autorità con la regola del cuore” di Palahniuk. Conclude dicendo che l’arte supporta la vita dell’artista e non viceversa
  • La scrittura è telepatia, nello spazio e nel tempo. Se lui dice che c’è una gabbia con dentro un coniglio con una carota sotto una zampa e il numero 8 scritto in blu sulla schiena, tutti la vediamo. I dettagli potrebbero essere diversi, ad esempio il materiale della gabbia, ma è importante? Se mettiamo più dettagli non è prosa: è un manuale di istruzioni. E tutti stiamo guardando al numero 8, anche se lui non ci ha detto di farlo, anche se non siamo nella stessa stanza. Ma c’è un incontro delle nostre menti. È vera telepatia, nello spazio e nel tempo. Non prendete la scrittura alla leggera.

Le basi

  • Ogni scrittore dovrebbe avere una toolbox: al primo livello c’è il vocabolario, e non si deve fare nessuno sforzo per migliorarlo a parte leggere e scrivere: usa la prima parola che ti è venuta in mente se è la migliore per descrivere qualcosa. Lì c’è anche la grammatica (es: evitare verbi passivi e avverbi – inclusi quelli accanto a “disse”, che è meglio lasciare da solo e senza cercare un sinonimo. I sinonimi vengono dalla paura di non essere capiti, e la buona scrittura spesso arriva quando si lascia indietro la paura). Al secondo livello ci sono gli elementi dello stile (v. Strunk and White), inclusa la lunghezza dei paragrafi che danno il ritmo, o evitare parole inutili (tipo dire chi parla se è implicito). Questi tre elementi sono quelli fondamentali che si devono padroneggiare, poi c’è il livello dei propri strumenti.
  • Bisogna leggere tanto e scrivere tanto (SK consiglia 6 ore al giorno tra le 2 attività, ogni giorno), e i cattivi libri insegnano quanto i buoni. I buoni insegnano stile, narrazione, a sviluppare la trama, a creare personaggi credibili e a dire la verità.
  • La prima stesura dovrebbe essere fatta in non troppo tempo – circa tre mesi. SK scrive 2000 parole al giorno (10 pagine) è in questo modo in 3 mesi viene un libro da 180000 parole. Suggerisce di iniziare con 1000 parole al giorno, 2 giorni di pausa, e un posto dove si possa chiudere la porta e stare isolati finché si sono scritte le mille parole. Anche avere una routine tipo iniziare tutti i giorni alla stessa ora aiuta la mente al compito
  • Bisogna dire la verità quando si scrive, e il principio è: scrivi di ciò che conosci. Che vuol dire ad esempio scrivere del genere che si legge/ama: scrivere di ciò che va di moda o che fa soldi non funziona, la fiction serve a trovare la verità dentro la rete di bugie della storia, non a commettere disonestà intellettuale. Lo scrittore non ha controllo sul materiale, non sa se è buono – se no tutti scriverebbero solo best seller.

Sulla scrittura

  • I lettori sono attratti da una storia quando riconoscono le persone, i comportamenti, l’ambiente. Quando sentono un’eco nella loro vita e credenze – e non si può ricreare questa connessione in modo premeditato. Nel senso che si può imitare lo stile dei grandi, ma le sensazioni no, e la trama è lontanissima dalla verità percepita dalla mente e dal cuore quindi anche imitando la trama non si riusciranno a replicare le emozioni. Chi lo fa crea imitazioni over-calcolate. Scrivete di ciò che vi piace e rendetelo unico inserendo la vostra conoscenza della vita, amicizia, relazioni, sesso e lavoro. Specialmente lavoro – la gente ama leggere del lavoro per qualche strano motivo. Non lo usi per dare una lezione, ma per arricchire la storia. Vedi The Firm di John Grisham (un avvocato scopre di lavorare per la mafia e ha un dilemma tra morale e paga): il pubblico si è appassionato degli sforzi intraprendenti dell’avvocato per districarsi dal dilemma – non è come molta gente si comporta, ma è come molta gente vorrebbe comportarsi. JG non ha mai lavorato per la mafia – quella è pura invenzione, la delizia dello scrittore, ma è stato un avvocato e non ne ha dimenticato i grattacapi. Ricorda le trappole del mestiere, usa humor per bilanciare, e crea un mondo a cui è impossibile non credere. Ha spiato quella terra e ha portato indietro un resoconto preciso, dicendo la verità. Ciò che ha fatto Grisham grande è forse proprio la totale e quasi ingenua onestà. Non imitate il suo genere da avvocato nei guai, ma la sua apertura e inabilità a non andare dritto al punto. Ciò che conoscete vi rende unici – siate coraggiosi
  • SK crede che la trama si crei da sola e non vada pensata in anticipo, come non si può pensare in anticipo per la vita reale. Si deve creare un ambiente fertile e lasciarla svolgersi. Le storie sono parte di un mondo pre-esistente; la trama è meccanica e anti creativa. I libri sono basati su situazioni più che su storie – mettere i personaggi​ in una situazione e vedere come se ne districano. Magari ha in mente come va, ma lascia i personaggi guidare e spesso lo sorprendono – lui è solo il narratore (il DM?). E se non sai tu come procede, il lettore sarà ancora più curioso. Ci sono insomma due stili di scrittura diversi, uno dettato dalla situazione iniziale e uno dalla storia. Una situazione può articolarsi da sola da qualcosa di interessante. Le situazioni possono in genere essere espresse da “what if…”. Le informazioni usciranno solo se servono e non perché avete deciso che andava detto.
  • SK propone come esercizio quello di scrivere il continuo di una storia: un marito violento picchia la moglie, lei lo lascia, lui fa lo stalker, poi finisce in prigione. Un giorno lei torna a casa e sente che c’è qualcosa che non va ma non riesce a capire cosa. Vede al TG la notizia che tre persone sono evase dalla prigione e uno è riuscito a sfuggire alla cattura, e capisce che è il marito. Sente i passi sulle scale, sa che dovrebbe fuggire ma non riesce. Ora invertite i sessi dei personaggi e scrivete il resto. Se siete onesti su come parlano e si comportano, uscirà qualcosa di interessante e la sincerità fa passare sopra molti difetti
  • Le descrizioni fanno partecipare sensorialmente il lettore, ed è una capacità che si esercita scrivendo. Inizia visualizzando ciò che vuoi fare esperire al lettore. SK in genere non descrive i personaggi e cosa indossano, lascia fare ai lettori – ad esempio, di Carrie ci dice che è una ragazza emarginata delle superiori col guardaroba di una fashion victim – tutti ricordiamo un perdente a scuola, e se descrive il suo perdente esclude il nostro, toglie un po’ del legame della comprensione. La descrizione è fatta assieme: iniziata dallo scrittore e finita dal lettore. Trova i dettagli che stanno al tutto – spesso sono i primi cui si pensa. Richiama un’immagine nella mente e usa tutti i sensi: cosa sono le prime cose che ti colpiscono? Scrivile solo se servono alla storia, se no vanno tolte. Ricorda che non devi dire tutto subito, i lettori capiranno man mano
  • I dialoghi ci fanno capire qualcosa dei personaggi: ad esempio se sono furbi o no, se sono onesti o disonesti, se sono piacevoli o no, ecc. Devono essere scambi onesti, non soliloqui per passare informazioni. Quando sono fatti bene capiamo subito chi sono i personaggi e quasi abbiamo la stessa sensazione di chi sta origliando una discussione interessante. Si capisce che l’autore lavora duro e si diverte. Ascolta come parlano gli altri. Non spiegare mai un tratto di un personaggio se lo puoi mostrare un dialogo (e non basta che il personaggi si comporti in un determinato modo in un singolo dialogo, quella dev’essere la sua personalità sempre)
  • Creare personaggi segue un processo simile: fai attenzione a come le persone si comportano e racconta la verità di ciò che vedi. Come i personaggi progrediscono dipende da ciò che si scopre su di loro – a volte crescono poco, a volte molto e allora influenzano la storia anziché il contrario. SK parte da una situazione – ma crede sia un fallimento se la storia finisce con una situazione; le storie migliori riguardano le persone anziché gli eventi (ma nel corso del libro è la storia che comanda, non si fa studio di personaggi). E ogni personaggio dovrebbe avere l’atteggiamento da personaggio principale, come nella vita (niente “cattivi” o “migliori amici”). Se mostrando personaggi in azione si capisce chi siano è ottimo, e se si riesce a trasmettere un pizzico della loro visione del mondo, si può simpatizzare con loro – anche gli antagonisti. Ed è divertente per lo scrittore impersonare personaggi diversi. Es: The Dead Zone, il buono ha una visione in cui un politico inizia la terza guerra mondiale; decide quindi che per salvare il mondo deve ucciderlo. La differenza rispetto a un folle è che lui vede davvero il futuro… Un momento, non lo pensano tutti i folli? Quindi SK vuole che il protagonista sia un bravo ragazzo senza essere un santo, l’antagonista sgradevole e far paura al lettore tipo “non vedono cosa sta facendo?” Quindi ci presenta il protagonista che vuole chiedere alla sua ragazza di sposarlo e noi patteggiamo per lui, anche se poi sarà quello col fucile contro il presidente – una cosa che gli americani odiano. E vuole dipingere l’antagonista come qualcuno di pericoloso dalla prima scena: è minacciato da un cane, e quando è sicuro che nessuno è nei paraggi, gli spruzza spray negli occhi e lo prende a calci. I personaggi sono dettati dalla storia che vuole raccontare. Il lavoro dello scrittore è far agire i personaggi in modo che aiutino la storia a progredire. E se fate il vostro lavoro, inizieranno a prendere vita e far cose per conto loro. Sembra inquietante, ma vedrete che succede.
  • La caratterizzazione dei personaggi avviene attraverso l’aspetto, le azioni, il dialogo e le eccentricità
    • Aspetto: spiegalo tramite delle azioni, non descrivendolo, e comunque dai i tratti salienti, quello che colpisce, e lascia il resto al lettore
    • Azioni: dai degli esempi, e il lettore trarrà le sue conclusioni
    • Eccentricità: i lettori sono colpiti dalle eccentricità dei personaggi, se pensate ai personaggi che avete amato di più probabilmente avevano delle forti eccentricità. Ma devono restare credibili
    • Tratti opposti: nessun personaggio credibile è piatto, ad esempio se sono coraggiosi avranno dei dubbi. Quello che fanno è realistico o sono guidati da uno stereotipo?

Revisioni e tema

  • Di quanto visto fin qui, le idee chiave sono che la pratica è inestimabile e deve piacere, e l’onestà è indispensabile
  • Nella prima stesura SK fa il lavoro base di storytelling, poi cerca pattern nascosti (li trova quasi sempre) e li tira un po’ fuori: la seconda stesura è per simbolismi e tema. Non va forzato nella storia – va bene se è già lì e va solo tirato un po’ fuori, altrimenti pace. La storia non va toccata – l’unica cosa che ha a che fare con la storia è la storia stessa. E rispetto al tema, una volta che avete scritto tutto, fate una passeggiata e chiedetevi: perché vi siete sbattuti, perché ci avete speso tutto quel tempo, perché sembrava così importante? What’s it all about? Ogni libro riguarda qualcosa, e durante la prima stesura (se vi bloccate) o subito dopo dovreste chiedervi cosa riguarda il vostro. E nella seconda stesura, renderlo più chiaro. Questo potrebbe richiedere grossi lavori (es: in The Stand capisce che il tema è che la violenza è parte della natura umana). Non è una morale esplicita, ma se il tema è chiaro, i lettori potranno trovare la morale pensandoci o discutendone. Ogni scrittore ha alcuni interessi profondi (ossessioni?) che ama esplorare – per lui sono la difficoltà/impossibilità di chiudere il vaso di Pandora della tecnologia una volta aperto; se Dio è buono, perché il male; la linea sottile tra realtà e fantasia; le differenze tra adulti e bambini; il potere curativo dell’immaginazione; l’attrazione irresistibile che a volte la violenza esercita su persone generalmente buone. Non sono niente di che – solo i pensieri che lo tengono occupato quando spegne la luce. Ma non iniziare dal tema: quella è una ricetta per il disastro. La storia viene prima – ma poi dovete arricchire le stesure successive con le vostre conclusioni. Altrimenti togliete a voi e ai lettori della visione che rende ogni storia che scrivete unicamente vostra
  • Per le revisioni, SK fa due stesure e una “lucidata”, ma è una cosa personale. Nella prima scrive più veloce che può – altrimenti c’è tempo di dubitare, così invece scrive la storia così come viene. E la prima stesura è quella della storia, a porta chiusa, senza coinvolgere nessuno. Dopo la prima stesura SK scrive cose brevi per distrarsi, qualcosa di diverso, o comunque lascia la storia riposare finché se ne distacca (6 settimane?). Poi lo rilegge il più in fretta possibile correggendo le cose grossolane, tipo errori grammaticali o segnando grossi buchi di trama o grossi problemi di motivazioni dei personaggi per correggerli dopo (dice anche che la prima rilettura è riscoperta [se è così si è aspettato il tempo giusto] quindi è bello – è alla dodicesima che si inizia a odiare il manoscritto – e non mi torna con le 2+1 stesure). E intanto si chiede: la storia è coerente? E cosa può trasformare la coerenza in una melodia? Quali sono gli elementi ricorrenti? Si intrecciano in un tema? Lo scopo è creare una risonanza, ciò che resta al lettore dopo che ha finito il libro. Senza imboccarlo. Cerca cosa volevi dire. Dopo queste revisioni, SK lo fa leggere a 4-5 amici. In genere si pensa a un lettore ideale quando si scrive, e lui lo manda anche a 4-8 persone che hanno criticato i suoi libri in passato. Rispetto ai loro pareri poi, se sono discordi/pari, tieni quello che hai fatto, ma se tutti evidenziano un problema, ti conviene metterci mano. Avere il concetto di Ideal Reader aiuta a scrivere la storia per l’esterno anziché per noi stessi. È nell’inconscio durante la prima stesura, e una preoccupazione conscia nella seconda (questo libro è abbastanza pauroso?). Durante la revisione, “kill your darling” (seconda stesura = prima stesura – 10%). In sintesi:
    • Scrivi di getto
    • Lascia riposare il manoscritto per 6 settimane senza pensarci
    • Rileggi tutto d’un fiato, facendo annotazioni tipo avverbi da togliere, errori ecc
    • In questa rilettura-correzione pensa se è coerente, se è bello, se ci sono elementi ricorrenti, se hai creato risonanza, se c’è un tema, a cosa vuoi dire, e sistema quello che non va
    • Dai il manoscritto a 4-8 persone chiedendo un parere. Riceverai 4-8 pareri soggettivi. Se c’è una situazione di “parità”, ascolta il tuo parere
    • Fai una seconda rilettura eliminando il 10% del libro
  • La velocità con cui la storia si sviluppa può essere decisa dall’autore pensando al suo lettore ideale. Una parte è noiosa, o ha troppo dialogo, o hai spiegato troppo/troppo poco? E una volta che il lettore ideale avrà letto il libro potrai fargli queste domande. E magari vedere dove ha interrotto la lettura. Bisogna togliere tutto quello che è noioso
  • La back story è ciò che succede prima dell’inizio della narrazione e che ha un impatto sulla storia, aiuta a definire i personaggi e stabilire motivazioni. Va messa il prima possibile, ma con grazia. E sconsiglia i flashback a meno che si sia maestri di flashback. Se il lettore ideale non ha chiaro qualcosa può derivare da back story non chiare.
  • Anche la documentazione è back story, e va fatta, ma deve rimanere nel backstage, sentirsi e non essere sbandierata – ai lettori interessano personaggi e storia, non quello che avete imparato facendo ricerca. Occhio anche a non esagerare con la documentazione: se state scrivendo una storia di alieni e alcuni personaggi sono poliziotti, va fatta ricerca su come funziona la polizia, ma per dare verosimiglianza, non per trasformarlo in un manuale di procedure di polizia. La verosimiglianza è molto importante nel fantasy, e serve a correggere gli errori grossolani e aggiungere degli ottimi dettagli, ma la storia viene sempre prima
  • SK suggerisce anche di avere un agente, e dà un template per una lettera per trovarne uno a pagina 245

I segreti di un buon dialogo

Fonte: Stein on writing
Autore: Sol Stein
Categoria: Scrittura
Argomento: Regole

Caratteristiche di un buon dialogo:

  • Non deve essere diritto ma obliquo (non rispondere direttamente alla domanda fatta con uno schema domanda > risposta)
  • Deve caratterizzare i personaggi
  • Deve creare e far progredire la storia
  • Ogni parola di un dialogo deve contare (sia dal punto di vista del numero di caratteri, non si devono sprecare inutilmente caratteri in un dialogo soprattutto se si può abbreviare rendendolo obliquo, sia per portare avanti la storia, sia per le emozioni fatte provare al lettore)
  • Non conta quello che viene detto, ma l’effetto che fanno le parole
  • Bisogna poter rispondere in modo soddisfacente a una serie di domande su ogni dialogo creato: a cosa serve? Fa iniziare o innalzare un conflitto? Stimola la curiosità? Crea tensione? Porta a un climax o a un cambio di relazioni?
  • L’autore deve essere un creatore di discorsi: nel vocabolario, nel gergo (ma non esagerare o i personaggi diventeranno delle caricature), nel numero di parole (tante/poche), evitando le frasi fiume, utilizzando il sarcasmo, sfruttando la dizione