Worlds of Wonder


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Fonte: Worlds of Wonder
Autore: David Gerrold
Categoria: Scrittura
Argomento: Regole

  • Il miglior maestro che David Gerrold abbia avuto è un incompetente di docente che gli aveva detto che non sarebbe mai diventato uno scrittore. La rabbia gli è servita – ma non basta. Il secondo miglior maestro è stato quello che gli diceva che la scrittura creativa può essere riassunta in tre parole: “Struttura! Struttura! Struttura!”. Da allora lo Storytelling non è stato un mistero, ma un’avventura. Quali altri segreti cela? Solo dopo aver imparato la tecnica si può vedere il processo oltre la tecnica. Questo processo si può scoprire con alcune domande: come porto altrove il lettore, e lo rendo contento di esserci stato? Come creo un’esperienza così vivida che mentre esiste nella mente, oscura la vita reale? Come posso calarmi così tanto nella storia da raccontarla dall’interno? Lo storytelling è naturale. L’ascoltatore vuole sentire la scoperta dentro la storia.
  • La definizione di storia è: qualcuno ha un problema, lo esplora finché non lo capisce, fa una scelta (difficile) che cambia la percezione e risolve il problema. Insomma, problem solving e lessons learned. Lo storytelling è come la mente concettualizza le esperienze. La mente riconduce tutto a cose da scoprire, capire e padroneggiare: i problemi. Vediamo tutto come obblighi/sfide/crisi che richiedono risoluzione. È la natura umana, e così è condividere l’esperienza. Le tre domande chiave quindi sono: cosa sta succedendo (trama/problema), a chi (personaggio/persona), perché dovrebbe importarci (cuore emotivo della storia – la parte più importante). A quel punto serve solo una comunicazione efficace, e cioè saper evocare l’esperienza. Bisogna dare gli elementi essenziali all’emozione. Ecco perché la rabbia funzionava: tutti l’hanno provata, tutti si possono connettere alla propria, e molte delle storie più efficaci hanno una forte componente di rabbia. Ma dobbiamo andare oltre i limiti. E una cosa che può spingere e ciò che succede quando si va oltre l’entusiasmo. Una passione, uno scopo, un’ossessione ispirata. La promessa di David Gerrold è che un giorno si arriverà a accendere questo entusiasmo in maniera strabiliante. Scrivi onestamente, dal cuore, e ci arriverai.
  • La letteratura dell’immaginazione è caratterizzata dall’evocare il senso di meraviglia. Fai una lista di film e libri fantasy/fantascienza preferiti. Alcuni avranno espanso i limiti della tua immaginazione. Quello è il sense of wonder. Riconoscere che si è appena visto qualcosa di nuovo nell’universo. Per lo scrittore di speculative fiction è necessario creare questa sensazione. Fare storytelling efficace significa sorprendere il pubblico – il resto sono dettagli. Devi cercare sorprese nel mondo, e condividerle. Devi far trasalire (startle) il lettore, e puoi farlo o con lo shock del riconoscimento, o con lo shock di ciò che è alieno, o entrambi. Se non sorprendi il lettore, si chiederà perché ha perso tempo. Ci devono essere sorprese continue.
  • In caso si scriva fantascienza, la scienza è alla base del “what if”. La scienza non è un posto dove si trovano risposte: è il dominio delle domande, dove teorie scorrette vengono gettate via e le nuove sono accettate solo se spiegano meglio la realtà, e come un passo verso una teoria ancora migliore. La chiave della scienza è il metodo scientifico per formulare la teoria. Si basa sulla conoscenza, una prova misurabile che può essere condivisa in modo che ognuno possa provarla per conto proprio. Si osserva un fenomeno, si forma una teoria, la si mette alla prova. L’unica variabile è quella che si sta testando, il resto è fisso. La teoria è una mappa del fenomeno, non il territorio, e potrà sempre essere migliorata. La fantascienza spesso tocca parti dell’universo non ancora mappate dalla scienza. Il sense of wonder arriva dal riconoscimento, ma deve anche essere credibile. Non bisogna contraddire ciò che è già noto. Il lettore deve sentire le emozioni: considera che l’identità è formata in larga parte dal contesto (tempo e luogo). Lo stesso deve essere per l’autore, che subisce una metamorfosi per il mondo che inventa – in questo modo può scrivere la storia dall’interno. Sembrerà che tu ci sia stato.
  • Col fantasy, il what if è impossibile. Ma i lettori vogliono credere al tuo mondo, e questo viene da un sistema consistente di logica. La mente umana cerca connessioni, insiste a cercare una struttura. E se non lo trova si aggrappa alla prima cosa che ha senso. Il fantasy non è abbandono della logica, ma è un reinventarla. È ancora una mappa, ma il territorio non è il nostro. Da bambini pensiamo: se credo a qualcosa con abbastanza intensità, sarà vero. Tutto è animato o controllato da qualcosa di animato (sempre perché cerchiamo un senso in tutto). La mente diventa conscia di sé e crede che tutto sia mente. La mente cerca di capire come funziona l’universo e inventa logiche che lo spieghino (è il motivo per cui leggete questo articolo). Il fantasy risponde a questo bisogno (nella vita, se un sistema in cui credi ti permette di produrre risultati allora funziona; se ti proibisce di farlo, cambialo. Se credi in quel particolare sistema allora per te è vero, altrimenti è superstizione). Potete creare le regole che volete, ma poi le dovete rispettare. Gli dèi non barano. Il lettore sospenderà l’incredulità, mai il buon senso.
  • Fate un esercizio: scrivete che cosa è per voi una storia, in modo conciso per spiegare cosa fa uno storyteller. Non esistono risposte giuste/sbagliate. Fatelo ora e non leggete oltre prima di averlo fatto. Fatto? Bene: la risposta dovrebbe dirvi che cosa cercate voi da una storia. Vi aiuta a settare un obiettivo, o come saprete se l’avete raggiunto? E come saprete perché lo mancate? (Per me: il racconto di un conflitto che intrattiene)
  • Una storia riguarda un problema. Il protagonista è la dimostrazione del problema. Il protagonista è progettato per quel problema. Ma volete far sì che sembri reale, e nella vita reale la gente “sceglie” i problemi: li sceglie quando evita di affrontare la situazione. Se non ti prendi la responsabilità di risolvere una situazione, crei un problema, e in genere affrontarlo crea molte meno noie dell’ansia che porta l’avere il problema. Il problema vero non è la situazione, è la resistenza della mente ad affrontarlo. Ciò che affronti viene affrontato, il resto diventa un problema. E più a lungo lo fai, più il problema peggiora. Lo storytelling si occupa di creare problemi interessanti, di analizzare perché sono problemi, perché l’eroe li ha resi problemi, e poi come li risolve. Il tutto dando dettagli (di come resiste, di come lo scopre e ci interagisce, di come lo risolve). Ciò che rende una situazione interessante sono le complicazioni, il problema sembra irrisolvibile.
  • I problemi sono crisi (quando il problema non viene scelto) o sfide (quando vengono scelti). Entrambi sono eccitanti e richiedono di far “crescere dei denti grandi abbastanza per masticare il problema”. La crisi però ha una deadline. Spesso la risoluzione è una paurosa dimostrazione di rabbia contro le circostanze, e/o c’è vendetta. Nelle sfide la tensione è minore ma c’è una più profonda relazione con l’eroe visto che ha scelto di percorrerla. La sfida mostra la passione del personaggio. Spesso le migliori storie combinano entrambe – magari una sfida diventa una crisi. Poiché mettono il protagonista alla prova da ogni lato, eccitano molto il lettore. Rivelano chi il personaggio sia veramente. Ogni situazione che presentiamo dovrebbe mostrare qualcosa della natura del mondo e dell’eroe. Ciò che dici che stai facendo è chi credi di essere, ma ciò che fai è ciò che sei. Chiedi all’eroe: chi sei? E chi vorresti essere?
  • A chi fa più male? Quello è il soggetto della storia. L’eroe. L’inizio della storia spiega chi sia. Il corpo spiega il perché, mostra tutto quello che i lettori devono sapere sul problema e perché esso appartenga a quella persona. La fine riguarda il come – come risolve il problema. Se “chi” e “perché” sono stati affrontati, il come è automatico (il trucco è renderlo anche sorprendente). Ad esempio gli alieni attaccano la terra – chi ne soffre più di tutti? David Gerrold ha scelto un ragazzo all’università, con aspettative di vita normali; buona parte della famiglia muore, le sue certezze crollano e lui è preso nell’esercito. È perso, frustrato, arrabbiato, ingarbugliato. Serve un eroe che sperimenti il più vasto panorama di eventi. Quindi non la persona più importante, ma quella che sperimenta la scala più vasta del problema. Le persone che incontrerà staranno dramatizzando un aspetto diverso di una condizione umana. Dramma significa confronto: più situazioni e persone incontra, più sono le opportunità di confronto e di mostrare come reagisce. Perché questa scena è importante? Dov’è il dolore? Perché fa male? E (più importante) cosa lo renderà peggio? Metti l’eroe su un albero e buttagli contro di tutto. Il nome del gioco è: Fai male all’eroe! Quando lo fai, mostri il suo nucleo emotivo. Se gli succedono 10 cose contemporaneamente, quale affronta prima rivela le sue priorità. Deve far male in modo che capiamo chi sia l’eroe.
  • Se vi bloccate, fate l’esercizio di rispondere a tutte le domande che vi vengono in mente sull’eroe (nome, età, genitori, dove è nato… Cosa lo rende felice, triste, cosa vuole, di cosa ha bisogno, cosa deve imparare più di qualsiasi altra cosa, cosa ha bisogno di dire e a chi, qual è il problema emozionale che deve affrontare…), poi scrivete una conversazione tra voi e lui in un’intervista che iniziate ringraziandolo (siete dio nel vostro mondo, siate magnanimi) e poi procedete con tutte le domande che volete. Andate avanti finché non c’e più niente di chiedere. Permettetegli di farvene anche lui. Ringraziatelo e salutate.
  • Dovrete dare al lettore un senso di dove sia e cosa stia accadendo, il più in fretta possibile. Ma è meglio se gli autori alle prime armi iniziano in primo luogo con la storia, e mostrano lo stage poi, quando serve. Più mostri, meno devi spiegare. Nella prima mezz’ora di Star Wars non siamo sicuri di dove siamo o cosa stia succedendo. La prima spiegazione la fa Obi-Wan a Luke, sulla Forza. Disponi la scena subito, e continua a farlo. Il modo migliore è mostrando come funzionano le cose (c’è un esempio che mostra degli astronauti su un asteroide, che dicono di sbrigarsi prima che faccia ancora buio, e il sole è appena sorto e sta visibilmente muovendosi – capiamo il setting)
  • Creare un mondo (e quindi dare questa esperienza ai lettori) non vuol dire solo mostrare che sulla luna la gravità è più bassa, ma vuol dire spingersi oltre. Cosa si vede se si guarda fuori dalla finestra? La luna è brulla ed è un avamposto solitario? O una cupola con vegetazione? Ogni cosa che mostrerai della cupola dirà qualcosa della civiltà che l’ha costruita. Quindi devi iniziare a farti un sacco di domande (da dove arrivano acqua e aria, di certo non dalla terra, se fai i calcoli vedrai quanta ne serve, forse usano elettrolisi sul ghiaccio ai poli? Ma ci saranno stazioni che lo fanno, e trasporti di aria e acqua. Quanto costa trasportarle? E il carburante qual è? Forse usano un treno? Ma chi ha messo giù chilometri di binari in tuta da astronauta? Quando hai le risposte, un personaggio può fare un viaggio, vedere alcune di queste cose, e puoi addirittura spiegare da dove arriva il pollo nel panino. Insomma, se guardando fuori vede un prato, vuol dire che c’è un sacco di tecnologia. E la tecnologia non esiste indipendentemente dal resto – per una televisione serve un’industria televisiva. Per un treno serve una motivazione abbastanza forte da spendere soldi per creare linea). Poi fornisci i dettagli: il lettore vuole insight.
  • Creare alieni (nel senso di diversi, non di extraterrestri, quindi si applica anche al fantasy per altre razze/creature): se esiste un equivalente terrestre di quel comportamento, è credibile (e esistono le cose più strampalate sulla terra, tipo neonati che mangiano i genitori)
  • Credibilità: una buona storia di fantascienza può contenere un “bologium” (cosa assurda) e cavarsela. Due e dovete essere bravi. Tre sono la massa critica che solo i grandi maestri possono gestire. Se volete che il lettore creda a qualcosa di impossibile dovete connetterlo a qualcosa di noto. Si veda Jurassic Park: la discussione su come il DNA può essere estratto da zanzare sigillate nell’amabra è abbastanza convincente da tenere vivo il nostro desiderio di crederci. Se la balla è grande, bisogna sedurre il lettore, e lo si fa ancorandosi all’esperienza del lettore. Se vuoi dare credibilità a qualcosa di oltraggioso, lo circondi di altre cose che suonino credibili. La tua storia è una colossale bugia, il trucco è circondarla di così tanta verità da renderla credibile.
  • Complicazioni: un problema non è mai grande come sembra. In genere è più grande. Scopri tutti i dettagli della situazione che crea il problema. Ogni parte è collegata alle altre e l’eroe acquisirà un sacco di conoscenza per gli step successivi. Ma se non c’è logica, è solo un’accozzaglia di elementi. Per far sì che la storia sorprenda e delizi il lettore, le varie parti devono rivelare il grande schema che spiega tutto. Come un puzzle: più pezzi metti, più capisci dove si stia andando. Alla fine ti manca solo un pezzo per capire tutto. E non vedi più i singoli pezzi, ma un tutt’uno. Ogni sfida insegna una lezione e dà qualcosa che, combinato alla fine, darà la soluzione, unito alla conoscenza acquisita. E poi l’artefatto viene distrutto per dimostrare che era una esperienza unica. Anche l’eroe è messo alla prova, e a volte pezzi fondamentali di conoscenza gli arrivano perché si trova in una crisi che nessun altro ha affrontato. La scoperta della natura del problema deve mettere alla prova il suo io.
  • Struttura, struttura, struttura! La scrittura è fare liste: il trucco è sapere cosa mettere dopo. I romanzi in genere hanno due linee narrative e mezza (la principale, qualcosa che la complica, una mezza linea che complica la complicazione). Scrivi le scene di queste 3 linee narrative. Metti le 3 in ordine, poi inizia a farle intersecare. Vedrai che ti servono scene con cui riempire buchi, presagi ecc. Vedrai che tutte sono collegate e hanno bisogno di aggiustamenti. Si consiglia di non farlo al computer, ma ogni scena su una carta, perché permette di trattare le scene come unità – una storia è un insieme di unità motivazionali, ognuna serve a uno scopo e manda avanti la storia: ogni scena deve rendere inevitabile la successiva! Se non sposta i personaggi più vicino alla soluzione del problema, tagliala (pag 109, vedi step tipici di una storia)
  • Trasformazione: è il motivo per cui racconti la storia. La storia è il racconto del perché una persona che all’inizio era X diventa Y. Succede quando ogni altra alternativa è stata esplorata. L’io è esausto – e poi si sorprende reinventandosi. La trasformazione è una dote naturale miracolosa. All’inizio l’eroe dice: non posso farcela. E il problema peggiora. L’eroe diventa la fonte del problema. Finché non lo riconosce non può diventare la fonte della soluzione. Distruggendo la resistenza e trasformandola in responsabilità. La trasformazione inizia quando l’eroe riconosce di essere il problema, in genere dopo averle prese – a quel punto viene risvegliato alla possibilità che ci sia un altro modo di risolvere il problema (Luke, usa la Forza). Alla storia serve il momento che faccia scattare il tutto, in modo che il lettore capisca e possa partecipare. Nel fantasy/fantascienza, la trasformazione è spesso esteriore: l’eroe guadagna poteri. A quel punto il problema si può gestire e in 10 minuti la storia è finita.
  • Tema: vi renderete conto che nei vostri autori preferiti traspare un tema: un senso del mindset e della visione del mondo dell’autore. Perché scrivete? Che effetto cercate nei lettori?
  • Stile: come raggiungo gli effetti creati dai maestri? Esplorarlo vi dà la possibilità di vedere attraverso i loro occhi. Lo stile determina l’effetto che si crea
  • Prime righe: la riga più importante è l’ultima, ma il lettore non ci arriverà mai senza una prima riga che li spinga a continuare. Un buon inizio dispone il palcoscenico o aggancia al personaggio (e poi dispone il palco). Dovrebbe essere abbastanza sorprendente da stuzzicarci a leggere la riga successiva. Deve avere un po’ di mistero in modo che il lettore voglia capire. Cosa è già successo? Chi è coinvolto? Implica un contesto più ampio che deve essere esplorato. Puoi scrivere come esercizio una dozzina di prime righe, anche senza avere una storia. Vedrai che le migliori richiedono una prima pagina, e una buona prima pagina richiede un primo capitolo. È divertente perché permette di creare per il solo scopo di creare.
  • Ultime righe: lasciali senza fiato! Deve lasciare il lettore soddisfatto che tutto quello che c’era da dire sia stato detto, ma anche fare da rampa di lancio per l’immaginazione del lettore rispetto a quello che succederà poi. Dovrebbe implicare che la storia prosegue, lasciarci a speculare su cosa accadrà, specialmente se l’eroe aspetta qualcosa. Le punch line danno una chiusura chiara e drammatica al dialogo, e l’ultima parola (la punch word) è alla fine. Nelle barzellette si mostra il problema, poi se ne dimostra la natura creando suspense, poi si conclude con una risoluzione d’impatto (lasciando senza fiato per sdegno, shock, orrore, sorpresa o delizia). Lo stesso per le storie. Non è solo la trasformazione dell’eroe, ma anche del lettore.
  • Scrivete dall’interno: uno storyteller deve scrivere come se si trovasse nella storia. Non spieghereste passo passo come funziona una normale porta (“afferri il pomolo, lo premi, il meccanismo si comporta così, i cardini fanno questo ecc”), direste solo che la aprite. Questo perché siete in un mondo in cui le porte che funzionano con pomolo e cardini sono la normalità. Lo stesso se la porta è in un mondo fantascientifico ed è normale per il personaggio che si comportino così (“la porta si dilatò”). Non dovete descrivere, dovete evocare. Il lettore deve esperire la storia. Ci siete stati e siete tornati per raccontare. Inoltre meno dettagli date più la descrizione sarà future-proof. Non serve spiegare come è fatta una macchina per truccarsi il volto. E solo dicendo che tale macchina esiste, state dando informazioni sul mondo (che devono mantenere consistenza tra loro): in quel mondo gli uomini si truccano, quindi l’immagine esteriore è culturalmente importante. Non dovete presentare tutte le informazioni, solo abbastanza perché il lettore possa capire che succede e perché risveglino la sua immaginazione mantenendo un piede nella realtà. Se è familiare per il personaggio non dovete esprimere meraviglia e sorpresa anche se una vostra invenzione è meravigliosa per il lettore. La vera meraviglia è che il personaggio la dia per scontata. E per prendere in prestito credibilità, queste meraviglie sono collegate a qualcosa di cui il lettore può avere esperienza. “Stavo andando alla stazione Tosche a prendere alcuni convertitori di potenza” – “Andrai a perdere tempo con i tuoi amici quando hai finito le tue faccende” e tutti riconoscono il non poter uscire con gli amici finché non si sono finite le faccende di casa. Senza spiegare altro di Tosche o dei convertitori di potenza: sono normali per Luke e per lo zio. Il sense of wonder arriva dalla collisione tra reale e immaginario (meraviglia+credibilità). Càlati nel mondo, usa tutti i sensi, e descrivi ciò che stai vivendo. Tu sei lì, sei il personaggio. Evoca l’esperienza nel lettore.
  • Scene di sesso: sono imbarazzanti da scrivere e da leggere. Forse perché il lettore pensa che se l’hai scritto, ti interessava, e quindi riveli cosa pensi del sesso. Tu sei la persona che si è seduta alla scrivania e l’ha immaginata. Una buona scena di sesso non riguarda il sesso, ma la passione.
  • Scene d’amore: riguardano la relazione tra i personaggi (si intende ogni amore, incluso genitore-figlio, tra amici ecc). Non stiamo a pensare a cosa serve per mantenere una relazione d’amore. In una scena d’amore gli elementi base dell’amore sono dimostrati: affetto, fiducia, rispetto, onestà, scherzosità e dedizione.
  • Frasi: se lette ad alta voce non funzionano, cambiale. Se una frase non ti viene, fermati a visualizzare la scena. In genere è meglio tenerle brevi.
  • Aggettivi e avverbi: sono come il trucco, un po’ ti migliora, troppo sembri un pagliaccio. Visualizza la scena, e poi descrivi come ti senti.
  • Paragrafi: ogni paragrafo descrive un momento. Quando il momento è finito, finisce il paragrafo. Deve quindi evocare il momento e spingere il lettore nel successivo. Deve evocare azione, emozione e sensazioni fisiche (tutti i sensi). Non parla solo di cosa accade ma anche di come ci si sente. Risponde a: di cosa parla questo momento? Che immagine visiva voglio creare? Cosa riportano gli altri sensi? Quali emozioni?
  • Evocare: pensa a tutte le parole che possono descrivere la cosa che vuoi evocare, e vedi quali funziona mettere, senza strafare. Ogni paragrafo dovrebbe descrivere il setting e far progredire l’azione
  • Meme: il maestro genera lezioni per sé da ciò che crea. Il maestro sa fare distinzioni tra cose che lo studente ancora non sa distinguere, e le mostra agli altri. Con il linguaggio si può trasformare la visione del mondo della persone. Se non hai le conoscenze per esprimere un concetto, non lo realizzi – ecco perché in 1984 il governo distruggeva le parole che si potevano usare per creare una rivoluzione. Se creassimo parole creeremmo concetti espandendo la visione del mondo – così, ridefinendo una parola cambiamo la visione del mondo (o ne dimostriamo il non senso, come Kasdan ha fatto con la parola “provare”, cambiandone la visione. “Fare o non fare, non c’è provare”)
  • Per trovare nuovi modi di costruire frasi e uscire dalla comfort zone, potete provare la metric prose, o e-prime (non usare il verbo essere). Se una parola vi sembra vaga prendete il dizionario e cercate il termine preciso. Come il maestro, dovete sapere fare più distinzioni. Cercate un altro modo di esprimere i vostri pensieri, e diventerete maestri delle possibilità, oltre a riflettere più accuratamente su ciò che volevate esprimere. Ma occhio: se vi focalizzate sul linguaggio anziché sul messaggio state sbagliando. Dovete essere chiari e precisi, non costruire belle frasi.
  • Dialoghi: dovete creare l’illusione di una conversazione, per presentare un’interazione necessaria, nel minor numero possibile di righe. Creare il sapore di una discussione più lunga, ma tagliando il più possibile, editando per avere un effetto drammatico. Il dialogo deve essere inframezzato da azioni descrittive (alcuni degli eventi fisici che succedono mentre parlano). Nei dialoghi si sta recitando per davvero, e spesso è dove avviene la trasformazione.
  • Disciplina: scrivete almeno 1000 parole al giorno. Non si impara a nuotare leggendo libri, e lo stesso sulla scrittura: dovete scrivere per imparare. E se volete diventare grandi scrittori (o grandi in qualsiasi cosa) dovete fare pratica tutti i giorni. E il processo vi deve piacere, o non state facendo la cosa giusta per voi. A quel punto vedrete che la disciplina merita il successo.
  • Il primo milione di parole sono esercizio. Non contano. Farete pratica a farle leggere. A ricevere brutti commenti. Non preoccupatevi, non contano. Se trovate un editore così disperato da fare l’errore di pubblicarvi, non pensate che voglia dire qualcosa. Se non avete scritto un milione di parole (circa 10 romanzi) state ancora facendo pratica. E se anche vincete un premio, è ancora pratica: alzatevi, prendertelo, ringraziate e tornate a sedervi – ogni altra cosa sarebbe imbarazzante. Solo dopo il primo milione di parole potete prendervi sul serio.
  • Siate specifici. Dovete sapere cosa state cercando di dire
  • Perché scrivere? Perché nessun altro scriverà le avventure che vorreste avere. Ma una storia è un atto comunicativo, non è solo per voi. Se nessuno legge, la comunicazione non succede. E se succede – cosa volete che succeda? Siamo animali comunicativi. Quasi tutto intorno a noi è comunicazione. Spesso i problemi derivano da scarsa comunicazione. Per il fatto che esistete, fate la differenza. Che tipo di differenza volete fare? Ciò che scrivete avrà effetto su chi leggerà, le idee hanno una conseguenza. Cosa volete dire al resto del mondo?
  • 10 consigli conclusivi (“un buon consiglio vale esattamente quanto l’avete pagato”):
    1. Siete ciò che fingete di essere. Fingete in grande
    2. Siate il vostro più grande fan
    3. Siate il vostro critico più feroce
    4. L’impazienza è fatale. Apprezzate ogni momento della vostra storia. Se non appassiona voi, non appassionerà nessun altro
    5. Non potete scrivere di ciò che non conoscete. Se non conoscete, andate a imparare
    6. Show. Don’t tell
    7. Create aspettative. Poi sfidatele. Sorprendetevi
    8. Scrivete la vostra storia
    9. Siate appassionati
    10. Puntate alle stelle

Analisi de “Il nome del vento”, Patrick Rothfuss


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Fonte: The Name of the Wind
Autore: Patrick Rothfuss
Categoria: Scrittura
Argomento: Analisi

In questo articolo vengono analizzati gli espedienti narrativi usati da Patrick Rothfuss ne “Il nome del vento” (Quill Award 2007; Best books of the Years 2007 by Publishers Weekly; Alex Award 2008). In grassetto quelli più generali/facilmente riutilizzabili

  • L’ambientazione è immediatamente tridimensionale: i personaggi nominano la storia/mito di Taborlin the Great. Questo mito è uno dei fil rouge della narrazione, e nominarlo frequentemente ne aumenta la risonanza. I tre oggetti magici che usa (chiave, moneta, candela) ci rendono familiare lo scenario, verranno ripresi in seguito e ci faranno chiedere se non siano dei veri oggetti che verranno trovati. Nella stessa storia vengono nominati anche i Chandrian, vero elemento chiave del racconto, con dettagli sbagliati tipici delle fiabe, che ne aumentano la verosimiglianza
  • Vediamo Kvothe dagli occhi di Chronicler, che è un noto raccoglitore di storie vere. Il fatto che Chronicler voglia così tanto la sua storia, e il fatto che Kvothe non la voglia raccontare, ci dà la promessa che verrà raccontato qualcosa che vale la pena ascoltare. Anche quando Kvothe accetta, gli serve una notte per prepararla e 3 giorni per raccontarla – qualcosa che nessuno ha mai richiesto (Chronicler nomina eroi famosi che non hanno mai chiesto tanto). Ed è un ottimo espediente per scandire i tre libri.
  • Chronicler si fa derubare in modo scaltro, e questo ce lo presenta come un personaggio furbo. In questo modo rispettiamo il suo rispetto per Kvothe. Il fatto che poi Kvothe riesca a decifrare il suo alfabeto in pochi minuti lo sbalordisce, e questo mostra che Kvothe ha una mente formidabile prima che lo dichiari lui stesso, in modo che possiamo credere alle sue parole avendolo visto in azione e non lo riteniamo un semplice sbruffone
  • Di nuovo lo spessore dell’ambientazione si vede nell’orgoglio di Kvothe di dichiararsi un Edema Ruh, “nobile” tra coloro che sono all’opposto della nobiltà, e questo viene mostrato con un episodio concreto che dà realismo sia a Kvothe che all’ambientazione (un conestabile che è titubante nel farli entrare in città dà occasione di spiegare quanti soldi offrono alla troupe e quanti ne prendono di solito; la differenza tra come organizzano gli spettacoli senza creare problemi; l’orgoglio nel fatto che di solito li vogliono in città e non fuori ecc). E Kvothe continua a parlare il linguaggio del suo personaggio: parla di cose da attori (cita titoli di spettacoli dandoli per scontati), cose di musica… e zero modestia.
  • Abenthy lo istruisce in un modo interessante sia per le conoscenze del maestro (chi non ne vorrebbe uno così, che dà un’istruzione fuori dal comune sia in nozioni che nel modo di pensare tipo tenere a mente partite di scacchi ecc?) sia per come è fatto l’allievo (menziona che nell’ambientazione esistono persone con abilità tipo fare 7 coi dadi, e si capisce che la sua abilità è la sua mente, che assorbe a velocità fuori dal comune, rendendo plausibile l’imparare, e interessante il personaggio… senza però ridurlo a quello, quella è una sua caratteristica, ma non quella di spicco). Dice che “si sente come si sente il corpo dopo un giorno a spaccare legna, o nuotare, o fare sesso: esausto, languido, quasi onnipotente. Ha una sensazione simile, ma nella mente, potenziata in modo latente. La sua mente si stava risvegliando”. E quasi vorremmo fare gli stessi esercizi
  • Il personaggio è straordinario, e quindi interessante. Sa di essere in gamba eppure non risulta antipatico perché ha una buona attitudine verso il mondo ed è stato mostrato che è altruista e mette gli altri al centro. “È stata la cosa più complicata che avessi mai fatto. Mi ci volle quasi tutto il pomeriggio” (per credere che una roccia non sarebbe caduta e venire introdotto alla magia).
  • Nota: non è che non fa cadere la roccia – solo ci crede. È straordinario ma ha dei limiti. La magia viene introdotta pian piano, non fa magie al volo, prima ci sono cose plausibili che chiunque potrebbe fare. Riadatta le capacità della sua mente alla musica (cantare in duo, poi trio): pensare a due cose contemporaneamente non è impossibile da credere, il lettore può continuare a identificarsi perché non si è ancora andati nell’impossibile. Poi pian piano l’impossibile inizia, ma in modo graduale e credibile: dice che ci sono giorni terribili, tipo quando cerca una pietra che un’altra parte della sua mente ha nascosto, e non la trova, finché la sua mente gli rivela che non l’ha nascosta. Il concetto alla base della magia (dividere la mente) è introdotto in modo credibile – ci viene da pensare che forse qualcuno sa davvero fare questi esercizi… e portati all’estremo potrebbero dare magia? “Una volta mi presi in giro da solo. Non è difficile pensare perché alcuni arcanisti sono eccentrici o pazzi. Come disse Ben, la sympathy non è per i deboli di mente” – e ora ci crediamo, abbiamo visto la complessità degli esercizi, li potremmo fare anche noi ma sappiamo che richiedono ore di dedizione, e non è solo un “la magia è difficile perché me l’ha detto l’autore”. Quindi si stima il personaggio. Poi quando il maestro gli fa fare una magia (connettere due monete, muoverne una cosicché l’altra si muova), lo fa – ma è deludente. È magia, ma sente di non aver fatto niente di grande, è il naturale step successivo di quello che aveva imparato. E questo matiene alta la credbilità. Poi spiega cose ancora plausibili: quando ne alzi una pesa come due perché l’energia non si crea (resta quindi collegato alle leggi fisiche reali), e poi corregge che in realtá pesa come tre perché nessun collegamento simpatetico é perfetto – piu diversi sono gli oggetti, piu energia é dissipata. E dice che è deluso, perché è utile ma non straordinaria, e la si accetta. A questo punto lui padroneggia magia base, ma uno dei suoi sogni più grandi – imparare il nome delle cose – viene confermato come il suo Graal, una ricerca non ancora giunta al termine ma che rimarrà a farci sperare che la raggiunga
  • La magia inventata da Patrick Rothfuss è un tipo di magia furba. Per far cadere un uccello in volo (una delle prove di Ben) non c’è una formula magica da pronunciare, una cosa a cui il lettore non può relazionarsi. Si possono usare un sacco di modi collegati con le leggi della fisica e i legami simpatetici. E Kvothe pensa di legare una penna al sapone per un binding chimico che dissolva il grasso che rende le penne lisce (qualcosa a cui noi non avremmo pensato, confermando che Kvothe è più furbo di noi). E succedono incidenti: fa un binding ai polmoni e all’aria per evocare il vento facendo un soffio che venga replicato dall’aria intorno a loro. Ma i suoi polmoni non sono forti abbastanza da muovere tutta l’aria che ha collegato a sé. Di nuovo, non è una formula pronunciata male, è un incidente che possiamo capire
  • L’autore dà ai Chandrian uno spessore di mito plausibile dimostrando come i miti sono locali ma i Chandrian sono temuti ovunque quindi un fondo di verità ci deve essere. Questo dà da pensare sul fondo di verità che ci deve essere in ogni storia (e Ben – e quindi l’autore – sono furbi: “se tutti dicono che nel bosco c’è l’uomo nero ci credi? No, ok… Ma vai nel bosco?”. Frega il lettore oltre che il personaggio)
  • Il modo in cui usa le parole è efficace, si veda questo estratto: “Iron” he said. His voice sounding with strange resonance, as if it were an order to be obeyed.
  • La narrazione è piena di dettagli vividi. Per l’addio a Ben e il 12 compleanno di Kvothe viene fatta una festa in cui si spiega che i trouper, quando mostrano le proprie skill a altri trouper, fanno le cose in grande, visto che i loro colleghi sono in grado di capire la differenza.
  • Se già non bastasse il titolo del libro e il fatto che il piccolo Kvothe resta affascinato dalla capacità di Ben di evocare il nome del vento, a questo punto viene settato ancora più chiaramente uno scopo per il futuro: l’Accademia. Dall’introduzione (“Sono stato espulso dall’Accademia a un’età inferiore a quella in cui la maggior parte della gente viene ammessa”) sappiamo che Kvothe è andato giovanissimo all’Accademia, quindi viene da chiedersi: come? Questo romanzo usa in maniera efficace il potere di sapere le cose in anticipo, l’anticipazione che crea aspettativa
  • L’incontro con i Chandrian è, a mio avviso, troppo cliché: parlano troppo tra loro rivelando troppe cose, e se ne vanno senza ucciderlo come da cattivo da manuale
  • Dicono di non far piangere un personaggio in modo che siano i lettori a piangere. Ma il fatto che dopo aver raccontato la morte dei genitori un personaggio forte come Kvothe si ritiri a piangere in solitudine funziona molto bene
  • Quando Kvothe resta da solo dopo che i genitori sono stati uccisi, si conferma un personaggio straordinario pur nel suo dolore. Impara a suonare “brezza fresca” e “vento che gira una foglia” – e gli amanti di giochi di ruolo pensano a che bardo favoloso sarebbe. Poi gli si rompono le corde, cosa che sarà utile più avanti. Ma sia questo sia il momento in cui sfrutterà questa capacità acquisita in questo episodio sono entrambi momenti chiave, nessuno sa di setting costruito per l’altro. Questo episodio è così significativo che dà al personaggio un motivo per lasciare la foresta (e il fatto che le canzoni che canticchia sono Dita Callose e Liuto con quattro corde è un dettaglio molto vivido). Tutta la narrazione è composta da pezzi di puzzle che man mano vengono uniti per formare il quadro completo. Tutto è necessario.
  • Dopo la difficoltà c’è qualcosa che ridà speranza: un uomo gli dà un passaggio e un po’ di pane e burro. L’uomo gli offre anche un posto in fattoria – salvezza?
  • Arriva in città e per un attimo perde di vista il liuto del padre e tutti tremiamo, in premonizione a ciò che accadrà di lì a poco. Il liuto si è salvato qui e vogliamo credere che si salverà ancora
  • La scena con i teppisti è molto efficace. Prima lo fermano in tre e gridiamo all’ingiustizia. Kvothe si prende pure una testata che gli rompe il naso: per quanto abile diventerà, per quanto furbo sia, a volte la vita schiaccia i personaggi e li fa soffrire. Poi quando i teppisti vedono il liuto la sequenza fa fremere: aprono i ganci con tre click. Si sente il rumore armonico del Liuto che viene estratto (questa parte sembra già una violenza). Il più grande bestemmia mentre dice a che prezzo lo venderà e pensiamo che Kvothe la farà franca contro gente tanto ingiusta. I teppisti cominciano a litigare per le bestemmie dicendo che il dio si vendicherà se lo insultano e Kvothe ha l’occasione di riprendersi – a questo punto siamo sicuri che la farà franca. C’è una battaglia mentre cerca di fuggire… E invece viene buttato sul liuto, rompendolo. Il liuto, l’unico ricordo di suo padre. A questo punto – e solo a questo punto – siamo completamente agganciati a Kvothe. Tutti gli eroi fantasy restano orfani. Ma arrivare vicino alla salvezza e perdere la cosa che ci lega al ricordo per un’ingiustizia è qualcosa in cui possiamo riconoscerci tutti. Poi la guardia che lo salva gli svuota le tasche, e sappiamo che più in basso di così non può andare. Ma gli resta il libro, che a quel punto diventa oggetto-simbolo del suo destino: non seguirà le orme del padre, ma quelle di Ben andando all’Accademia. Quando rinviene, Kvothe torna dal contadino, ma è troppo tardi: la salvezza e una vita tranquilla sono perse. Si addormenta in un vicolo e lo compara a quando aveva un letto caldo, e davvero più in basso di così non può andare e abbiamo compassione per lui. Chiude il capitolo dicendo che starà in quella città 3 anni (senza questa dichiarazione forse avremmo vissuto la parte della città in continua attesa che vada all’Accademia – così invece le aspettative del lettore sono settate e sappiamo che a Kvothe succederà qualcos’altro)
  • Il rito dei demoni che per 7 giorni vagano per la città con il dio che li scaccia è un bel dettaglio concreto della religione che serve anche alla storia
  • Un ragazzino viene acchiappato e violentato proprio sotto il suo nascondiglio. Inizialmente Kvothe vorrebbe fare qualcosa, ma sono 6 contro 1 e perderebbe solo il nascondiglio, così decide di non fare nulla. E spiega poi che il motivo per cui è diventato Kvothe potrebbe essere lì: poteva fare qualcosa e non l’ha fatto; il pensiero lo tormenta ancora nonostante abbia dimenticato tante botte prese. Le ossa rotte si sarebbero riparate, il rimorso resta per sempre
  • Per il resto quel periodo di shock/recupero, nel tempo della narrazione non dura molto. Presto arriva qualcosa che lo scuote: un bardo che scommette dei soldi sul fatto di sapere ogni storia che gli viene richiesta (a una seconda lettura ho notato che Kvothe lo chiama per nome, e questo ci fa capire che è un personaggio significativo e che ritornerà. Succede lo stesso con Ambrose: lo chiama per nome ancora prima che il Kvothe del racconto lo conosca, perché il Kvothe narratore sa già chi è. E il bardo è nominato da Chronicler, quindi sappiamo che non è un caso, visto che poi lo chiama anche per nome. Come lo conosce? Una delle piccole domande di cui siamo in attesa di risposta). Per raggiungerlo però Kvothe deve passare nel territorio dalla sua nemesi, che acquista doppia valenza: averlo mandato il più in basso possibile, e ora ostacolo (che in realtà diventa il modo di fare giustizia contro quel torto senza dover aprire un’altra linea narrativa – prima brucia ciò a cui il bambino tiene di più, ma viene pestato di brutto o sarebbe stato antipatico, e il ragazzino promette di ucciderlo). Decide di non andare perché troppo rischioso, ma poi pensando alla storia del padre si accorge che la ferita dei genitori uccisi non gli fa più così male e vuole sentire la storia, in memoria di suo padre. Ma poi dice che quello che ha imparato in quella città gli ha insegnato di stare nella sua zona… E si trova alla locanda (segno che la città non lo ha cambiato completamente, è ancora lui)
  • Nella storia di Lanre cantata dal bardo, il veggente sa come il lutto può oscurare un cuore e come la passione può portare un uomo giusto alla follia (in inglese viene usato Folly). Follia, che è il nome della spada di Kvothe. Che sia un presagio di quello che è successo a lui, la passione e il lutto che lo portano alla follia? È per questo che si è ritirato a fare il locandiere? Anche Ben gli scrive sul libro “diffida dalla follia“. Ci sono temi ricorrenti (follia, le pietre grigie…) e presagi disseminati nel libro. E Lanre dice: io che ero uno dei migliori ho fatto questo. Che Kvothe sia simile? Porta i lettori a fare speculazioni (basti dare un’occhiata in Internat per vedere quante teorie i fan hanno fatto sulla spada ecc).
  • Il bardo è l’episodio chiave che lo risveglia. Ricorda i trucchi mentali, pensa da quanto non suona. Ma ha anche imparato che la vendetta è una fantasia infantile. E che i Chandrian hanno nemici – li hanno nominati loro – quindi li può trovare. Sa che erano i paladini del regno, sa che sono spariti da 300 anni, ma questo dà uno scopo di fondo alla storia (il secondo oltre all’Accademia e al nome del vento, il terzo se contiamo che ha parlato di una donna come il centro di tutto). Come per “Words of Wonder”: i problemi dovrebbero essere crisi (capitano all’eroe) e sfide (l’eroe le cerca), e le storie migliori le hanno entrambe. Kvothe ha due/tre filoni narrativi di cose che vuole dannatamente tanto.
  • In ogni caso, Kvothe riprende con le furbizie, e la prima è presentata mettendo un pegno sul libro – e dimostrandosi più furbo del venditore furbo che minaccia di denunciare per la ricevuta finta. Dare in pegno il libro è anche un gran rischio visto che è l’ultima cosa che gli rimane della sua vita precedente, sopratutto quando dichiara che il piano è di non avere soldi di lì a un giorno, e di non essere nemmeno lì. A cui si aggiunge la bomba a tempo: scopre che ha solo 5 giorni per fare in tempo a iscriversi all’università.
  • “Chi è stato senza soldi per tanto tempo sa di cosa parlo” – è efficace per identificarsi sia che si sia provato, sia che no. Questo espediente viene usato spesso da Rothfuss.
  • La furbizia continua: nello stato in cui è se si lava deve mettere i vestiti zozzi, se non si lava non gliene venderanno di nuovi. Veniamo pian piano reintrodotti al mondo di problemi che sembrano insormontabili ma che Kvothe riesce a affrontare con la sua furbizia. Inizia dal bagno, e ha la trovata di fingersi un nobile raggirato da una prostituta per comprare un vestito. Furbo e furfante, ma non completamente scorretto: quando il libraio che lo frega si rivela una persona decente si pente quasi di avergli rubato delle penne ma poi gli ruba anche un calamaio (furfante). Al sarto che fa impazzire regala una storia che possa raccontare agli amici. E torna a finire il lavoro che aveva promesso al locandiere che gli aveva proposto di non pagare se gli puliva il pavimento. E al ciabattino che gli regala le scarpe lascia qualche moneta (poche o sarebbe stupido, ma lo apprezziamo perché ha poco). È un personaggio che ha dei valori che possiamo apprezzare senza risultare buonista e noioso.
  • Al primo incontro con Denna la trova bella, è incuriosito, è impacciato a parlarle, ma non è ossessionato o esagerato (l’effetto che invece fa Locke Lamora). Il giorno dopo dice che inizia a farle la corte, ha voglia di passare tempo con lei ma non vuole che si noti. La definisce “una danza lenta attorno a lei per avere scuse per passare del tempo assieme”. E lei si comporta come se fossero vecchi amici, e sono a loro agio. C’è complicità – passano una serata insieme visto che hanno i primi due turni di guardia. Fanno una passeggiata il giorno dopo e incontrano delle waystone, altro tema ricorrente. E lì sta per dirle che è la cosa più bella che ha visto in 3 anni, che se staranno assieme niente può andare male… ma poi pensa di non avere niente da offrirle, e noi siamo tristi che non si sia dichiarato.
  • …E al mattino la carovana ha preso un altro passeggero – “un ragazzo dalla faccia onesta. I did not like him”. Cavalca a fianco a Denna, le fa complimenti, dice che può diventare una delle sue mogli – è spavaldo, tutto ciò che Kvothe non è. E il nostro eroe è irritato e geloso mentre finge disinteresse. È troppo orgoglioso per unirsi alla conversazione. Vuole chiedere a Denna di fare una passeggiata, ma quello tira fuori un liuto. Dopo averlo suonato Kvothe gli chiede di vederlo, anche se sa che è come chiedere a un uomo di baciare sua moglie. Ma ne è affamato. E suona come se le corde parlassero tra loro, come un’infatuazione, come una foglia che cade nel vento, come tre anni a Tarbean waterside. Poi fa un errore e si ferma, e tutti lo stavano guardando ed è come se l’incantesimo si spezzi e si svegliano. Denna piange.
  • Quando arriva a destinazione sta quasi decidendo di non salutare Denna, visto che non la trova… e lei è dietro di lui. Tutto l’episodio ha avuto un sapore reale e nostalgico. Lei chiede se non vuole restare nella carovana. Lui lo considera – di cambiare tutto per stare con lei – ma il momento passa e scuote la testa. Al suo diniego lei dice che lo cercherà lei allora, ma lui pensa che come gli ha insegnato la vita da trouper, non si rivedranno mai più
  • Il setting familiare dell’Accademia viene presentato subito con dettagli vividi. Si vedano i negozi con un cartello che dice “no sympathy”
  • All’ammissione all’Accademia esce tutta la sua astuzia (e il docente suo nemico diventa subito palese) e la sua preparazione: elenca le cose che sa fare, dice che Abenthy avrebbe menzionato la sua età, e poi chiesto di ignorarla. Gli fanno fare calcoli complessi. Indica tutte le ossa e muscoli della mano (cose che possiamo capire). E dice che deve impressionarli visto che il costo dipende da quanto bravo sia. E quindi confida al lettore di aver barato e aver guardato per un’ora i colloqui. Il prezzo più basso è stato 4 talenti, e lui non ha niente. Deve confonderli con la sua intelligenza. Quando fai sanguinare un paziente? – Quando lo vuoi uccidere? Un altro maestro fa domande non familiari e vaste, tipo perché è caduto l’Impero. E lui risponde, chiedendosi quando è abbastanza e prendendo un istante di tempo per rispondere. A uno risponde sarcastico e se ne pente (dove puoi trovare del fosforo – da un farmacista) poi dice dall’urina e quello prosegue a chiedere quanta, e lui risponde bene (a seconda della qualità della materia prima). Un altro fa una domanda complicata e lui dice “sale di litio… No, olio di sodio in una camera… No, accidenti”. E quello lo ferma: parleremo più tardi. Poi tocca a quello che “è il bastardo della cricca” che ama mettere gli studenti in difficoltà, ma questa l’ha già sentita ed è una domanda trabocchetto, non è possibile rispondere. E lo dice sorridendo. Ma poi quello gli fa una domanda dal libro del maestro (il libro che non gli piaceva), e Kvothe non ricorda la risposta. Il maestro è contento: “allora non sai tutto”. Kvothe: “già, non sarei qui se no”. Ha una lingua tagliente, che lo metterà nei guai. Anche il maestro dei nomi vuole fare una domanda: su un linguaggio, poi sul numero di dita alzate. E poi chiede se sa quali siano le sette parole che fanno innamorare una donna. Kvothe non le conosce, lui assicura che esistono. Poi il cancelliere chiede come mai non ha una lettera di presentazione, e tutti sono increduli quando risponde che sono 3 anni che non vede il suo maestro. Gli chiede come mai vuole frequentare l’Accademia, e lui passa in rassegna le risposte: “perché sogna gli archivi? Infantile. Vendetta Chandrian? Drammatico. Così potente che nessuno mi farà del male? Pauroso. Non so, credo sia un’altra cosa che devo imparare”. Gli chiede se ha altro da dire – nessuno studente ha detto niente – ma lui chiede un favore. Dice che ha due monete, non ne ha altre, non ha un posto dove andare, e non ha niente da vendere che non abbia già venduto (ed è vero, ha usato tutto il suo genio per arrivare qui dal niente). “Fatemi pagare più di due monete e non potrò frequentare. Fatemi pagare di meno e sarò qui tutti i giorni, facendo qualsiasi cosa sia richiesta per sopravvivere e studiare. Dormire per strada, lavare piatti, fare la carità per pagare l’inchiostro. Ma ammettetmi gratis e datemi tre talenti, e sarò il miglior studente che abbiate mai avuto”. E capisci che davvero le condizioni possono cambiare: può farcela, ma quante energie dedicate a sopravvivere? E quanto potrebbe dare di più alla scuola se fosse tranquillo? Il suo docente nemico sembra veemente nella discussione. E quando accettano (e c’è un quid pro quo) poco dopo chiarisce che al prossimo semestre (sappiamo essere in 2 mesi) ci sarà un’altra quota da pagare e non saranno più generosi – la bomba a tempo continua a essere presente, è all’Accademia ma ci lascia sempre sul chi vive
  • Incontra subito quello che sarà uno degli amici, che lo mette in guardia rispetto a quanto l’archivista tenga ai libri (l’archivio è uno dei motivi per cui è qui, il primo che l’ha affascinato a causa del numero di libri e visto che potrebbe trovare risposte sui Chandrian). Gli spiega le basi e lo porta a pranzo a conoscere gli altri amici. Nomina i Chandrian e uno che ha scommesso su di lui sbuffa perché si interessa di favole (capiamo qualcosa della prossima difficoltà sulla strada della conoscenza)
  • Incontra anche la sua nemesi, Ambrose, in cui lui risulta subito odioso (lo sfotte per i vestiti e fa una caricatura della sua possibile storia) e anche Kvothe non si tira indietro. Kvothe alla fine deve capitolare e non accedere alla biblioteca, ma è contento che l’Accademia funzioni come la città, con bulli ecc: rabbia e orgoglio ferito possono spingere una persona a grandi cose. Servirà poi un altro incontro per suggellare l’odio, qui è solo una scaramuccia, e Ambrose in fondo ha ragione. L’odio dopo un solo incontro sarebbe stato irrealistico
  • Una struttura simile si incontra per il docente che gli è nemico – già non si sono piaciuti, ma anche a lui serve una seconda spinta per passare a odiarsi dopo l’episodio dell’ammissione. Prima mostra quanto il docente sia odioso (ma non improbabile) dando punizioni a studenti in ritardo (compiti extra ma con un’aggiunta di umiliazione, ad esempio con riferimenti a una tribù che non tiene il calcolo del tempo), incluso umiliare una ragazza dicendole di incrociare le gambe per chiudere le porte dell’Inferno. Poi si parlano senza andare in scontro (serve a preparare l’episodio successivo, Kvothe sarebbe stato sciocco a andare in scontro con un docente solo perché quello è antipatico, qui infatti si comporta bene). Alla lezione successiva gli vuole parlare in privato ma il maestro arriva all’ultimo, e vedendolo lo porta davanti alla classe umiliandolo, dicendo che sa già tutto e che quindi terrà la lezione. In tutta risposta Kvothe lo ringrazia e la tiene davvero. Dice che non avrebbe mai fatto quello che sta per fare senza due errori del maestro: che non gli crede, e che vuole dargli abbastanza corda da impiccarsi per umiliarlo (e abbiamo appena visto Kvothe umiliato da Ambrose quindi non sembra uno spaccone, è stufo dei bulli). Kvothe (Rothfuss) usa l’episodio divertente per spiegare i principi della sympathy al lettore senza fare un inforigurgito: principi di corrispondenza (oggetti simili), consanguineità (una parte per il tutto), conservazione energia. In modo interessante, fa una bambolina per la corrispondenza, ma dice che è 2% corrispondente, e anche con statua realistica siamo a 10%. Ma con consanguineità e aggiungendo un capello arriviamo a 30%. Il maestro è tranquillo: senza binding e alar non può far nulla. Spiega che per la conservazione dell’energia, se anche mettesse il 30% di una fiamma di candela sotto il piede del maestro, quello non sentirebbe nulla. Ma se usa braciere… E il maestro si scotta. Kvothe usa un trucco da trouper (riferimenti continui) con voce e postura per avere un applauso. Così ottiene popolarità a scuola – ma l’odio di un maestro
  • I compagni gli spiegano che ogni dolore inferto con sympathy è considerato maleficio e che avrebbe dovuto scegliere le sue battaglie visto che ora il maestro gli renderà la vita un inferno anche se la dovesse passare liscia. E infatti viene chiamato dai maestri (sarà espulso ora come ha anticipato nel prologo? Ha fatto tutto per niente? Temiamo per lui. Non sembra esserci via d’uscita da questa situazione). Le accuse sono di uso della magia non autorizzato (cinque frustate) e maleficio (espulsione). Sente la disperata impotenza di un’intera vita rovinata. I maestri chiedono se capisce la gravità, e lui vede quanto siano arrabbiati. Le gambe gli tremano (resta umano – sappiamo quanto sia importante l’Accademia per lui). Gli chiedono se ha qualcosa da dire in sua difesa e vuole solo andarsene, le mani gli sudano. Se ne sarebbe andato se il cancelliere non avesse detto “Beh? Nessuna difesa?” come ha fatto Ben mille volte dicendo che i suoi allievi devono difendere le loro idee di fronte a un attacco. E allora usa il trucco del Cuore di pietra e si difende: era stato autorizzato, e lo spiega (fingendosi più innocente di quello che è), e vede che la rabbia dei maestri è basata sulla versione del suo nemico. Non sanno che era davanti alla classe: dice che voleva dimostrare di conoscere la materia e aveva messo in scena la prima lezione ricevuta (falso – ma fa il finto tonto) e che pensava fosse parte del test cavarsela con le cose che aveva. Finge di essere sorpreso del risultato e che non pensava di far male al maestro. Pensa che stia facendo una buona recita e suo padre sarebbe stato fiero. Le accuse vengono cambiate in uso incosciente di magia. Alcuni maestri votano pure per non punirlo. Ma la punizione passa (non sarebbe stato realistico passarla completamente liscia, e non avrebbe dato modo di fare la richiesta successiva) – Kvothe chiede se l’episodio rappresenta una prova del fatto che può essere ammesso tra gli arcanisti. Un maestro conferma che un doppio incantesimo è difficile perfino per membri già arcanisti. E così un maestro lo odia, un paio lo apprezzano.
  • …E ha un amico fuori che lo aspetta (e un altro il giorno dopo, alle frustate, che lo distrae nel momento dell’attesa. Si iniziano a allacciare i rapporti, nei momenti delle difficoltà). Passeggiando passa davanti a un farmacista e gli viene un’idea – di prendere un lenitivo (non lo dice subito però, fa intendere che qualcosa sta succedendo ma si prende le frustate descrivendo il dolore – altrimenti se già sapessimo che è sedato lo prenderemmo sotto gamba, così invece sussultiamo con lui, ma poi siamo sollevati dal sapere che si è salvato da parte del male invece o sarebbe farlocco). Alla fine quindi lo ammette (prima al lettore, poi quando messo alle strette al personaggio) mentre lo stanno medicando e non vuole mescolare anestetici. Il docente gli chiede di mostrare anche dove ha già avuto punti senza anestetico, e lui mostra una ferita di bottiglia di cui aveva parlato alla città. Infine il maestro gli chiede di dirgli la verità perché non gli piace non capire e sentire bugie, e Kvothe risponde sinceramente: ha tolto la maglietta per non rovinarla non avendo nulla, e ha preso dell’anestetico per non svenire perché ha imparato che per stare al sicuro bisogna far credere ai nemici che non si può essere feriti, e lì ha già nemici. In più, essendo così giovane ha molti occhi puntati addosso. Il maestro trova che sia brutto da dire, ma è la verità: i ragazzi sanno essere spietati. Forzato a spiegare si attira le simpatie del maestro e del lettore. Perde, ma è furbo (e ringrazia il nuovo amico per avergli tenuto compagnia durante la parte più complicata, l’attesa). E anche quando va a prendersi le frustate usa il suo training da attore, visto che è consapevole che se cammina orgoglioso si inimica degli studenti. Resta un personaggio vero e interessante: si toglie la camicia per non rovinarla anche se fa più male, e dice che se sviene potrà fare quello che vuole ma fino a allora non si farà legare
  • La studentessa bella che incontra è descritta senza cliché (la descrizione vera e propria si riduce a “è bella, ha lunghi capelli scuri e lucenti occhi chiari”; è l’episodio a renderla sensuale agli occhi del lettore): Kvothe si accorge quanto gli è vicina quando lei gli sussurra all’orecchio; si tira indietro i capelli e quando li scuote sfiorano il braccio di Kvothe (gli rivela anche della passione del maestro per i suoi libri: non l’ha mai visto aggrottare un sopracciglio, ma quando ha pescato uno studente con uno dei suoi libri fuori dalla libreria…)
  • Uno degli scopi di Kvothe (Accademia/Archivio/il nome del vento, Denna, Chandrian) sembra arrivare alla soluzione: ha accesso all’archivio. E invece no: quando chiede libri sui Chandrian gli arrivano solo libri di favole. Deve cambiare approccio. Chiede cose degli Amyr… ma il maestro nota la richiesta mentre aiuta un discepolo. Dice che ha grande rispetto per la curiosità. E che tutti i bambini sono affascinati dagli Amyr. Ma lui è giovane e sarà giudicato da molti solo per quello, quindi lo mette in guardia dell’apparire interessato a capricci infantili. Cancella la richiesta e dice che anche se lui rispetta la curiosità, le cose saranno già abbastanza difficili per lui quindi non vuole che vengano complicate da quei pensieri. Ed eccolo ancora allontanato dal suo scopo.
  • Dopo esser diventato un arcanista, però, Kvothe può accedere alla parte riservata, e senza chiedere niente che venga registrato dal Maestro. Ha ottenuto ciò che voleva quindi? Ancora no: va all’Archivio sotto l’effetto dell’anestetico, e Ambrose lo frega (perché Kvothe ha aiutato una ragazza a sfuggire dalle sue grinfie, quindi per una causa nobile. Soprattutto perché riconosce la vergogna della vittima che ha visto molte volte in città e quindi è preso dalla rabbia. Gli eventi chiave di questa scena hanno avuto un episodio anticipante prima. Kvothe critica la sua poesia – v. disprezzo di suo padre per la poesia – in modo da distrarlo dalla ragazza, si prende l’ira di Ambrose per salvarla) e viene bandito – siamo di nuovo daccapo (ma non prima di mostrare un altro mistero, una porta enorme e senza cardini che vorrebbe assolutamente aprire. Se costantemente non facesse progressi diventerebbe troppo frustrante, ecco perché poi otterrà l’accesso in modi alternativi, ma anche lì senza completi risultati, si veda dopo). Inoltre Ambrose gli fa pagare un talento per entrare – quasi tutti i suoi soldi. E ora?
  • Gli scopi successivi sono presentati portando avanti le relazioni con gli altri personaggi (durante una bevuta con gli amici per festeggiare dicono che deve avere uno sponsor all’Accademia) e decide che il folle maestro dei nomi è la prossima mossa. Scoprire il nome del vento è uno dei desideri di Kvothe, come accedere agli archivi, quindi intanto che quel filone è in pausa, si ha un altro scopo da seguire, e il personaggio resta attivo (avesse solo gli archivi sarebbe pure noioso, invece così si ha una deviazione, con scorci di vita all’Accademia tipo la forgiatura di oggetti ecc). Come per Worlds of Wonder: in genere ci sono 2 linee narrative e mezza.
  • Altri foreshadowing: pensa alla lite con Ambrose, “pensavo fosse innocuo. Sono stato un pazzo a pensarlo”. E quando il maestro lo rifiuta come allievo pensa alla sua reputazione (se deve essere un arcanista, vuole essere famoso). Inoltre, stavo cercando cosa succede quando nel libro non succede nulla, cosa succede tra una scena e l’altra… e in questa sezione non sono stato capace di trovarlo. Sembrava che ci siano un sacco di cose di contorno, ambientazione, parti che non fanno progredire la storia, e invece tutto serve a portare avanti la narrazione. Quando pranza con gli amici, poi viene chiamato dai maestri. Le gite agli archivi sono tutte utili per la storia. A posteriori si ha l’impressione di leggere un resoconto completo della vita all’Accadema, e invece viene fatto tramite una serie di episodi chiave
  • Fuori dalla narrazione, Kvothe dice che ora è il momento di parlare della donna intorno a cui tutto gira (nota: la introduce come se fosse nuova per sorprendere il lettore). Anticipa che è La donna. Il filone del nome del vento viene messo in pausa (si butta dal tetto e maestro non lo prende), un altro filone comincia.
  • La linea narrativa della donna comincia con un ostacolo (ciò che lo porta al di là del fiume): la sua retta è poco più costosa di quello che ha, e deve pagarsi il posto letto. Va da uno strozzino alla città vicina, e questo apre un’altra linea narrativa (ha interessi altissimi e vuole una goccia di sangue – e dice che se non la ripaga gli chiederà favori, segreti ecc. Lui decide di no, ma poi vede un liuto e, come ha spiegato prima, farebbe qualsiasi cosa per la musica, anche ballare nudo nella neve come uno in crisi di astinenza – e dice che nonostante quello che gli è costato lo ama come un figlio o la sua mano destra). Di nuovo ci sono vari piani narrativi di cui si vuole sapere come andrà a finire
  • Altra cosa che sembra succedere tra le scene: si esercita a suonare sui tetti. Parla delle rune e di come gli servono per guadagnare soldi – ora anche i soldi sono qualcosa che vuole dannatamente tanto – e ci mette 7 giorni a studiarle quando di solito ci vuole un mese. Dice che è spinto dal debito da ripagare, in più è brillante (“e non brillante normale. Straordinariamente brillante”) e in più è fortunato… E spiega che vede delle rune su una grata mentre suona, il nome delle rune funziona con la canzone e lega le rune a una canzone). Non ci sono cose davvero trainanti per la nostra attenzione qui a parte i soldi e un piccolo mistero di chi ha spostato la mela. Per rialzare l’interesse, alla fine del capitolo dice che “gli serviva solo tempo – ma ne ha poco”. Altra cosa tra le scene sono i duelli, in cui non viene battuto. Mostra un duello in cui vuole guadagnare, quindi gioca contro il secondo in classifica, tutto ciò che ha, e scegliendo componenti scarsissime rispetto all’avversario. Ma poi il maestro decide di far scegliere al suo avversario anche la fonte, e a quel punto Kvothe dice di non poter vincere e perderà la faccia e tutti i soldi. Altra situazione che sembra insormontabile: vogliamo vedere come va – e non sembra legato alla ragazza di cui vuole parlare. Il duello è interessante: continua a dire che non può vincere, che ci si concentra sullo stoppino (o sulla paglia se si è stupidi), che non si vince a scherma se usi un bastoncino contro una spada, per quanto bravo tu sia. Prova dei trucchi che non gli riescono, tipo distrarlo facendo cadere la candela. Alla fine vince perché riesce a tenere concentrazione così tanto da difendersi a lungo, e l’avversario usa il suo sangue e troppo calore dal suo corpo e ha un principio di assideramento. Questo servirà dopo. La magia non è solo sim salabim di formule che stancano, c’è dell’astuzia che si può capire anche nel nostro mondo. A quel punto chiede agli amici (che hanno convinto un maestro a non farlo più lavorare) dell’Eolian, la taverna dove c’è ottima musica, visto che deve guadagnare per il debito e per la retta. Eccoci arrivati: chiarisce che è lì che la donna aspetta di entrare in scena, non si è dimenticato ma si deve muovere in lenti cerchi intorno a lei)
  • Questo Eolian fa pagare i musicisti un intero talento per suonare, vista la risonanza che dà e visto che si possono ottenere delle canne d’argento se si impressiona il pubblico e il proprietario. A quel punto si può suonare gratis, e sono riconosciute per 200 miglia. È come un videogioco: le sfide iniziali danno risorse che permettono di accedere a sfide maggiori che sono più complicate delle precedenti. Quando si hanno i soldi si investono in cose più complicate che danno più soldi. Kvothe ora cerca un patrono, come la sua troupe. Vorrebbe aspettare di esercitarsi di più, ma ha urgente bisogno di soldi visto che il semestre è quasi finito – e ecco che strozzino e liuto acquistano un senso per la storia. Nessun filone narrativo è inutile, tutti compongono il puzzle.
  • Va a suonare sul tetto e chiede “Auri, ci sei?”, “Sei in ritardo”. Dall’episodio della mela (che gli aveva fatto memorizzare le rune e che sembrava poco utile) passiamo a questo. Kvothe spiega al lettore che gli ci è voluto un sacco per tirarla fuori.
  • L’intero episodio dell’Eolian è efficace, in riassunto: in primo luogo sceglie una canzone difficile (la più difficile, spiega che le dita devono suonare sia una melodia che un’armonia sul liuto, e cantare una ballata controtempo) tanto che il proprietario gli sconsiglia di fare qualcosa di così complicato. Inoltre non ha la seconda voce, quindi farà due volte il ritornello per sperare che qualcuno si unisca, al che il proprietario dice: trouper style eh? Troviamo quindi una complicazione, ma fedele alla sua storia. Dimostra comunque di non essere folle o affidarsi troppo al caso (altrimenti sembrerebbe sciocco, o la riuscita sembrerebbe un deus ex machina): spiega che ci sono donne nel locale che si sono guadagnate le canne d’argento, quindi è verosimile che ci sia qualcuno che si possa unire. Il proprietario capisce che Kvothe è un tipo orgoglioso, e glielo dice – Kvothe rispode: sono all’Eolian, dove l’orgoglio paga argento e suona oro, e quello lo apprezza e dice che spera che sia bravo come sembra). Nel pubblico poi c’è la sua nemesi – anche lui con uno strumento. Questo lo spinge ancora di più a dare il meglio di sé: spesso in momenti di dubbio c’è quel quid che lo spinge all’azione su cui è titubante. Resta furbo: va in scena al momento migliore per la folla (dopo l’amato conte Therpe). Inizialmente è nervoso, ma il nervosismo lo lascia quando ha l’attenzione della folla (v. elementi chiave e interessanti del personaggio che restano sempre con lui).
    Inizia a suonare, la musica gli viene naturale, la folla come erba al vento, il protagonista è il più grande degli Amyr (temi ricorrenti), la folla ama e teme Kvothe che lo impersona. Quasi dimentica di raddoppiare il ritornello. Aspetta secondi in cui nessuno canta, suspense… E poi una voce di unisce. Quando prova a cercarla fa un errore. Allora si immerge così tanto nella musica che non sa dove finisce il suo sangue e inizia la musica. Ma si ferma: una corda si rompe (ferendolo) anche se non dovrebbe. E la folla inizia a svegliarsi dal sogno che gli ha intessuto attorno. Ma dentro di lui brucia la canzone, la canzone! E ritorna agli anni delle dita callose e la musica facile come il respiro, il tempo del Vento che fa girare una foglia con 6 corde. Acquista velocità man mano che le dita ricordano, ritessendo il sogno. Non è perfetto – una canzone così complessa non si può suonare perfettamente su 6 corde – ma è completa e la folla ritorna nell’incantesimo. Si dimentica della folla e le dita corrono, si confondono, suonando due voci. Brucia fuori da sé. Quando finisce mette la faccia tra le mani e piange visto che la canzone lo colpisce sempre (amore perso e trovato e riperso, un destino crudele e la follia di un uomo – ancora folly, altro tema ricorrente). Ora è assalito dal dubbio: e se la fine è stata patetica? E se la folla pensa sia il pianto di un bambino al suo fallimento? E invece vede che ognuno si sta tenendo il suo dolore come qualcosa di prezioso. Singhiozzi. E poi un applauso come fiamma o tuono. (Nota che la corda è tagliata). Il proprietario gli tende la mano come ha fatto con tutti i rifiutati, ma lui è un Ruh (e col nemico in platea) e la terra si sarebbe inghiottita quel posto prima che mostrasse disperazione. Invece ha in mano le canne. E grazie a quelle riceve un sacco di soldi dal conte che vuole che continui a esercitarsi (7 talenti) – e che spiega il suo punto di vista sull’episodio della corda rotta e su come l’ha gestita con maestria, il che rende il tutto ancora più significativo. La sua nemesi se n’è andata con i sintomi dell’assideramento spiegati nell’episodio del duello, che ancora una volta sembrava un momento tra le scene ma che invece serviva a anticipare questo episodio – senza essere noioso, il duello era avvincente grazie alle difficoltà apparentemente insormontabili)
  • L’arpista viene a congratularsi con lui e esce un altro tratto di Kvothe: è tardo con le donne. Quella gli ha proposto di vedere dei fingering di arpa assieme, e lui pensa che parli davvero di arpa (ma è anche perso a pensare alla voce femminile)
  • Va alla ricerca della voce (“se brilla come la voce allora è come una candela in una stanza buia”), ma si dice: non osare sperare che una donna possa bruciare come quella voce. La saggezza presa in città gli sembra sensata – non può essere così bella, e si dispererà. Poi pensa che se ne sia già andata, avrebbe dovuto cercarla subito. E la voce lo prende in giro, guarda che hai fatto, ora la tua immaginazione ti tormenterà per sempre. L’ultimo tavolo che guarda devono essere loro, capelli lunghi neri… Sono due uomini. La sua voce interiore lo rimprovera ancora. E poi sente la sua voce. E nonostante l’avesse introdotta come un personaggio nuovo, scopriamo qui che è la ragazza della carovana. E quello che sente… “Mentire sarebbe più facile, potrebbe rubarlo da una storia e ci credereste in pieno. È come camminare sul ghiaccio all’inizio dell’inverno, fin dove non regge più, e il ghiaccio inizia a rompersi, e si sentono le vibrazioni, ecco come si sente. Ma non come la persona: come il ghiaccio”. Lei è come se stesse per abbracciarlo, ma poi si trattiene. Lei è gradevole: dice che ha aspettato due ore, poi al diavolo la storia della canzone, stavolta lo avrebbe cercato lei. “Non posso ringraziarti abbastanza” – “Questo è un vero peccato, e quanto mi puoi ringraziare?” E lui le dà le canne. Lei dice “penso che tu possa essere una persona straordinaria”. Ma aggiunge subito che è troppo e che finirebbe per essere lei in debito, e preferisce il contrario (il babbeo crede anche che lei non si ricordi di lui, e finisce per chiederle il nome, e tutti digrignamo i denti per questo terribile errore). Ma poi arriva uno dei suoi amici (che lui rimprovera mentalmente per l’interruzione)… e le mette una mano intorno alla vita. Dopo aver chiacchierato un po’ se ne va: dicendo una cosa stupida. Lei: “spero di rivederti” – “finché c’è vita c’è speranza”. Chiarisce che non le bacia la mano perché non farebbe quel torto a un amico.
  • Kvothe si prende un breve capitolo per mostrare i tre amici che tornano a casa ubriachi e per dire che condividono un sentimento che non li lascerà mai
  • Episodio “tra le scene”: Kvothe umilia Ambrose che vuole comprare il suo slot alle ammissioni. Scopre che il conte l’avrebbe preso come patrono ma ha appena preso un altro, ma lo aiuterà a trovarne uno. Gli dicono di Denna, di stare attenti che è una ruba cuori. E conosce meglio la strozzina Devi, che “forse” gli fa avances (spiega che è un eroe in erba con un alar come una spada d’acciaio, ma ha 15 anni e con le donne è come un agnello nel bosco)
  • Grazie alle sue canne d’argento, Kvothe ottiene un posto come musico nella miglior taverna dell’Accademia, con vitto e alloggio e 2 talenti al al mese. Tra stipendio, lavoro in forgeria e la possibilità di un patrono, tutto sembra sistemato. Prima ogni piccola catastrofe poteva rovinarlo. Ora ha spazio per respirare. Ma un paio di scene dopo scopre dal conte che Ambrose gli ha messo la nobiltà contro e non troverà un patrono. E allora fanno una canzone su di lui, “catchy, volgare e cattiva, che quindi divampa come un incendio”. E sappiamo che altri guai sono in vista
  • Cerca Denna, ma lei è sparita, quindi al sesto giro decide di smettere di cercare. Al nono che sta perdendo tempo. Al quattordicesimo capisce che non la troverà. Non è esattamente quello che facciamo a quell’età?
  • Propone all’archivista un sacco di cose per far togliere l’interdizione agli Archivi, ed è sincero. Così infine gli dice che se dimostra la pazienza e prudenza che finora gli sono mancate, lo toglierà.
  • …e viene chiamato per cattiva condotta per la canzone. Non possiamo far altro che mangiarci le mani sapendo che Kvothe è vicino al poter accedere all’archivio, ma il suo orgoglio gli impedisce di comportarsi a modo. I maestri in realtà sgridano Ambrose per aver fatto loro perdere tempo, ma Kvothe perde il posto alla taverna perché Ambrose esercita il suo potere sui locandieri. Trova allora lavoro in una piccola taverna che gli dà giusto vitto e alloggio (e che lui trova perfetta, anticipa che per un po’ sarà la sua casa, sappiamo che almeno il filone narrativo di dove sarà ci lascerà un po’ di respiro – Rothfuss però ci ha abituato a vari guai, e sappiamo che le cose andranno storte per qualche altro overso), ma capiamo quanto può essere temibile Ambrose (c’è stata una lenta escalation di dispetti sempre peggiori, fin qui) – dove arriverà? Farà del male al locandiere che dice che non si fa intimidire? In più per la rabbia, Kvothe farcisce la lettera di scuse pubbliche di nascoste malignità e ne fa un sacco di copie. E dice che probabilmente è per quello che Ambrose prova a ucciderlo
  • Limita gli studi a 3 materie (incantesimi, medicina, forgia) sotto consiglio di varie fonti. Il punto principale di questa parte di storia è Denna, ma Ambrose e queste cose fanno progredire anche il resto della storia. Visto che non ha un patrono, punta alla forgia per guadagnare. E ci ricorda le difficoltà: ce la fa se riesce a stare a pari col debito dello strozzina, se ha abbastanza soldi per la retta, se non si fa male alla forgia (rischiosa). E “nasconde una pistola”: un cilindro pieno di una sostanza pericolosissima e infiammabile (con varie caratteristiche pericolose: deve stare ghiacciata, è corrosiva, è infiammabile al contatto con l’aria se si scalda quindi deve stare sotto pressione. E la lascia lì dicendo di non usare fonti di calore nelle vicinanze, visto che gli studenti sono tutti cauti). Ha appena detto che il tema è che il nemico proverà a ucciderlo, quindi ci aspettiamo qualche grossa catastrofe.
  • Nel frattempo torna al filone di Denna e con l’amore adolescenziale che prosegue in maniera credibile. Lei lo va a trovare mentre suona e vuole chiacchierare, e lui escogita un trucco per far cantare la sala senza di lui (con una canzone famosa e spingendo ogni tavolo a fare una strofa). E dopo averla impressionata arrampicandosi sulla finestra (potrà mica sempre essere un inetto – e poi questo episodio servirà successivamente) le chiede che intenzioni ha con il suo amico. “Ha avanzato pretese su di me?” “No ma c’è un certo protocollo…” “Accordo tra gentiluomini?” “Onore tra furfanti” “Rapiscimi” gli dice lei seriamente. Lui chiede come sta il suo amico, lei ammette non si sono più visti, non che lui non ci abbia provato, “ma rose??” Chiede che fiore le darebbe lui, ci sono un po’ di schermaglie, lei insiste. E lui fa una lista di fiori e dei motivi per cui non vanno. Infine ne sceglie uno che lei non conosce. Quando arrivano alla sua locanda Kvothe pensa se baciarla – l’ha considerato decine di volte in quelle 5 ore. Ma non vuole presumere troppo, offenderla, fare una figuraccia. E lui che odia non fare le cose bene non vuole fare un errore. Si salutano – inizialmente è contentissimo, poi pensa a come sono stupide le cose che ha detto. Che lei voleva che si facesse avanti e lui è rimasto fermo. Ha fatto troppo poco. Ha fatto troppo.
  • Gli amici gli chiedono dov’era e c’è un discorso classico di prese in giro e richieste di saperne di più (un ragazzino non vuole “disonorare la memoria” della sua bella però). Lui racconta in breve, si imbarazza, confida che avrebbe voluto fare di più. Loro lo spingono a andare, che per una donna per cui provano le cose che descrive Kvothe lo farebbero, e evidenziano perché lei è evidentemente interessata.
  • Prosegue col lavoro in forgeria: Kvothe fa una lanterna, ma con modifiche che non piacciono al maestro. Ha buttato ore, soldi, e la possibilità di progredire? Il maestro lo forza a ammettere che l’ha fatto per dimostrare di essere migliore, e lui conferma: è migliore, impara più in fretta, lavora più duramente, la sua mente è più curiosa. Il maestro, che abbiamo appena rispettato per la capacità di fare 6 binding senza che Kvothe capisca come, conferma la correttezza di ciò che dice. Dice però che fonderà la lampada (in cui ha speso tutti i suoi soldi e sperava di fare un profitto) visto che tutti devono mantenere il buon nome dell’Università e il suo giudizio è ancora da validare. Come progetto successivo Kvothe ne sceglie uno che paga bene ma che è rischioso: uno studente ha perso due dita (sarebbe gravissimo per lui). E usa quel reagente pericolosissimo mostrato prima. Di certo non le perderà, ma succederà qualcosa?
  • Chiede a un amico se c’è un altro accesso agli archivi. L’amico rifiuta di dirglielo – se ha pazienza un paio di semestri può chiedere al maestro della forgia di intercedere per lui. Kvothe sa che il consiglio è buono ma non ha tempo per avere pazienza, ha bisogno di soldi. Così compra la sua lampada: ora sa che c’è un accesso, e lo troverà
  • Rivede Denna mentre gioca con gli amici, e quelli lo aiutano: “dai per scontato che lo vogliamo qui con noi – ci fai un favore a portarlo via. E poi ci sarà inutile se perde un’opportunità di stare con te, sarà un relitto”. Bello che gli amici la conoscano, e si comportano in maniera carina
  • Kvothe le dice che vorrebbe conoscere le sette parole che fanno innamorare una donna, e dopo averlo preso in giro perché parla tanto (e lui diventa silenzioso) gli dice di non zittirsi o le mancherà il suono della sua voce, e che ha detto le 7 parole la prima volta che si sono incontrati (mi chiedevo che cosa ci facessi qui). Kvothe continua a non credere che lei le stia lanciando segnali (e il lettore vorrebbe prenderlo a schiaffi – anche se, d’altro canto, sappiamo che lei riceve davvero la corte da qualsiasi uomo che incontra, quindi le cose cambierebbero davvero se Kvothe si unisse alla schiera? Perderebbe il suo essere speciale?) e si chiarisce che si ricordavano del loro primo incontro. E dice che non ha mai conosciuto un uomo così cauto. Passano la serata come parlando dei loro sentimenti, ma come ballando senza toccarsi – senza essere sicuri del ritmo dell’altro, o che stia ballando. La linea narrativa prosegue sullo stesso filone, ma questo tipo di tensione tra i personaggi in genere funziona molto bene ed è uno dei più forti
  • I due si danno appuntamento il giorno dopo a pranzo (con grande gioia di Kvothe – il primo appuntamento!), e prima decide di lavorare in forgeria per fare qualche soldo per l’incontro. Nota che il contenitore è più freddo del solito, e iniziamo a essere apprensivi. Dopo due ore qualcuno nota una perdita, e il liquido a terra inizia a bollire; corrode una gamba del tavolo su cui si trova, finché cade a terra, e tutto il liquido fuoriesce. Una studentessa è intrappolata nel lato sbagliato della stanza. Kvothe calcola di avere un minuto prima che tutto esploda (senza un riferimento temporale non avremmo avuto la tensione di una bomba a tempo). Guarda gli oggetti che ha a disposizione e alla MacGyver capisce cosa fare (con un pezzo di vetro e il mantello). Prende un prezzo di vetro, lo collega con la magia alle taniche d’acqua (che ha casualmente nominato appena prima) e lo rompe, rompendo la tanica. Si trova così coperto di acqua. Non ha esagerato un po’ con la fretta di rompere la teca? Ce lo chiarisce: no, non è abbastanza veloce e il fumo inizia a prendere fuoco. La ragazza sta cercando di salvarsi ma resta bloccata, lui salta dentro il cerchio di fuoco e grazie all’acqua che ha addosso non si brucia. Atterra male su un tavolo (non è perfetto) ma la raggiunge e la copre col mantello. Dice che la deve portare in braccio o le sue gambe bruceranno. Un po’troppo romantico? Chiarisce che non la prende come principe Gallant delle fiabe, ma sulla spalla come un sacco di patate. Una volta che l’ha portata in salvo sviene, si sveglia… Ed è un’ora dopo il suo appuntamento 🙁 La tensione tra i due personaggi sembrava essere arrivata a un punto di risoluzione con l’appuntamento, e invece torniamo daccapo (è ferito dappertutto, senza danni permanenti, ma va comunque a vedere se Denna è ancora lì). Comunque, per la prima volta è un eroe, e gli piace.
  • C’è una scena col maestro della forgia che serve a spiegarsi a vicenda – e al lettore – cosa è successo, per dare più dettagli sulle parti che nell’azione avrebbero rallentato il tutto se fossero state spiegate
  • In generale Kvothe è di pessimo umore. Ora ha un solo vestito, niente soldi e niente scarpe. È chiaro (come diceva) che al minimo disastro potrebbe avere il sedere a terra. Al momento non è spacciato grazie ai successi raggiunti finora, ma se le cose non cambiano non pagherà né lo strozzino né la retta.
  • C’è una scena con la ragazza che ha salvato, un bello scambio di battute da entrambe le parti, lui rispettoso e modesto, lei particolarmente grata e gli regala un mantello. Glielo mette quasi abbracciandolo e fa aggiustamenti sfiorandogli un braccio con un seno. Lui sta immobile. E intravede Denna che esce dal locale!
  • Kvothe rivede auri e abbiamo un altro scorcio del fatto che Kvothe sia una brava persona (e preparato): le porta del sale, che gli è costato un sacco di soldi, e quando lei gli chiede cosa vive nel sale, lui pensa a una serie di nutrienti necessari (minerali, cromio, malium, iodio…) che non può prendere da mele e altre cose quando non si vedono
  • Il locandiere dell’Eolian spiega a Kvothe una possibile interpretazione della situazione di Denna, che non avendo soldi e una famiglia  se ne va se qualcuno si fa troppo insistente o se ha una buona occasione per mano. Il locandiere non la invidia e non la giudica (Rothfuss è furbo a farlo dire a un altro personaggio – il lettore avrebbe potuto giudicare male Denna. E se l’avesse detto Kvothe non sarebbe valso a molto)
  • Kvothe si ubriaca un po’ e al ritorno viene aggredito. Capisce che sono professionisti e che cercano proprio lui, e capisce che c’è Ambrose dietro l’attacco. Con una distrazione riesce a scappare, ma è in trappola. Cerca nelle tasche e usa un metallo che si infiamma e il solito sangue. Riesce a mettergli paura quindi… Ma poi resta umano, e mentre perquisisce quello svenuto che si sveglia e che gli prende una gamba, dice che vorrebbe poter dire che l’ha intimidito, o che è rimasto calmo o che ha detto qualcosa di furbo. Ma in realtà scappa come un cerbiatto impaurito. Poi per confondere i nemici lega alcuni capelli a delle foglie e li lascia andare in un cortile dove il vento è sempre strano. E si ritrova a fianco il maestro folle. Rientrando in stanza trova una nota di Denna messa nella finestra chissà quanto tempo fa (torna utile il fatto che lei l’abbia visto usare la finestra per accedere alla sua stanza): proponeva un altro incontro e lui l’ha perso
  • Sta decidendo cosa fare (sapendo che se fa tardi a lezione la retta sarà più alta – la mancanza di soldi continua a lasciarci in tensione) quando sente di attacchi in cui sono state coinvolte fiamme blu, e molte persone sono morte. Capisce di dover recarsi là oggi stesso per raccogliere prove (e con un ottimo stratagemma narrativo sappiamo che è appena successo: i marinai sono sospettosi del fatto che lo sa già – ha origliato – e rivelano che è successo da poco quindi lo cacciano in malo modo). Spende tutto quello che ha in provviste (e il lettore si dispera per essere tornati alla casella di partenza) e gli serve un cavallo. Va dalla strozzina (che gli medica la ferita e si rivela una persona con una certa morale) e le chiede 20 talenti. Lei rifiuta dicendo che fa fatica anche con gli attuali 4, e lui mette tutto sul piatto: il libro, il liuto, le canne d’argento come garanzia. E le promette accesso agli archivi. Lei dice che gli darà al massimo 12 talenti. Lui usa la stessa frase che aveva usato lei per siglare l’accordo: quelle sono le sue condizioni, non è una negoziazione
  • Dal suo background Ruh sa come comprare cavallo. Dopo aver chiarito di avere fretta, lo stalliere gli propone un purosangue da 20 talenti. Kvothe gli dà un nome nella lingua dello stalliere. Il cavallo è splendido e vale 20 talenti, lui contratta sperando di scendere a 19 per avere qualcosa da parte, quello scende subito a 16. Lui dice 15 con sella… E quello accetta. Sente che qualcosa non va ma forse è un cavallo rubato, o lo stalliere ha bisogno di soldi – lo può rivendere a profitto (o anche senza profitto, mantenerlo costa troppo). Insomma, Kvothe è sempre furbo, ma qui e lì si fa fregare e non sempre la spunta. E non avendo cavalcato per anni gli fa male dappertutto. Poi passa da un torrente che ha un cattivo odore e sa che c’è una raffineria o simili. Niente di che: l’acqua è alta solo pochi centimetri. Ci passano tre volte visto che il torrente fa molte curve sulla strada. Quando infine incontra uno stagnino scopre che una zampa era tinta ed è bianca, quindi il cavallo non è purosangue, e il nome che gli ha dato non è prima-notte ma una-calza – ecco perché lo stalliere ha abbassato il prezzo.
  • Lo stagnino in questa ambientazione porta bene, e i Ruh li trattano ancora meglio. Ha un grosso magnete che vale 18 talenti. Scambio fatto, Kvothe prova a scambiare sella e sacche. Lo stagnino gli propone una coperta di lana, una corda e un vino fruttato. Lui sceglie altro – e poi si scoprirà che quegli oggetti gli avrebbero facilitato molto le cose. Peccato 🙂
  • C’è un sopravvissuto alla strage con fuoco blu… Ed è Denna. Kvothe le spiega (a metà!) del malinteso del messaggio e del pranzo, e lei dice che ha trovato un patrono, ma è ossessionato con la privacy. A Kvothe questo tipo non piace, è preoccupato, ma finisce per essere insistente/pesante. Le mente sul perché è lì, e anche se mente molto bene lei lo capisce e gli dice di non mentire e di non dire il motivo piuttosto (quando lei mente a lui sulla ferita, però, lui non dice niente). Dividono una mela “che e’ un po’ come baciarsi se non vi siete mai baciati prima” – apprezzo che ricordi le sensazioni che si provano quando si era bambini, tutti si possono relazionare. Poi trova delle pietre grigie – di nuovo – e scopre che il vino che ha rifiutato allo stagnino è uno dei preferiti di Denna.
  • L’episodio continua con l’incontro con un draccus, ma la parte interessante di questa scena è la tensione di trovarsi con Denna. Finiscono da un produttore di droga, Denna ne prende un po’ per sbaglio. Portano via il resto: vendendola a un farmacista faranno una piccola fortuna. Di nuovo le cose dello stagnino sarebbero state utili per uccidere il draccus (è in rota e Kvothe ha paura che attacchi un villaggio), nel frattempo Denna fa delle avances ma lui dice ci sono nomi per chi si approfitta di una donna non nel pieno delle sue facoltà e nessuno verrà mai applicato a lui. Non avendo le cose dello stagnino sono costretti a usare la resina, e addio bottino. Si prova una tensione piacevole per il fatto che vengono date possibilità che poi vengono tolte da sotto il naso (anche perché non ha ascoltato lo stagnino). Kvothe calcola la quantità da dargli, e con un processo penosamente lento inizia a aggiungerne. Gli resta un terzo, abbastanza per l’arpa di Denna, per ripagare il suo debito e vivere tranquillo per qualche mese. Ma decidono di aumentare ancora la quantità.
  • Nel delirio della droga si ha uno spaccato di quello che pensa Denna: “mi guardi come se significassi qualcosa, va bene che hai di meglio da fare, mi basta averti qualche volta. So che non pensi a me. Sei così gentile, non fai mai pressione. Potresti sai, fare pressione. Solo un pochino”. E mentre la abbraccia per tenerla al caldo nel sonno è il momento più bello della sua vita (poco dopo, quando si sdraiano, si ricrede – quello è il momento più bello)
  • Kvothe dà la droga al draccus… Ma poi quello vede i falò della festa del raccolto della città vicina. Gli corre dietro, descrive il caos generale… E quando vede la gente che spegne il fuoco con una cisterna, sa cosa deve fare (in linea col personaggio). Paura e esitazione lo abbandonano. È come andare in scena, deve fare la sua parte. Nel saltare sui tetti sta per cadere e butta gli stivali – e sappiamo quanto gli costi. Arriva alla cisterna con un bastone che brucia: tutti i fuochi sono lo stesso fuoco, e tutti i fuochi sono al comando del simpatista, quindi lo spegne nella cisterna. Poi brucia una quercia davanti alla chiesa con un metodo simile, per attirare il draccus, e gli dà il resto della resina (addio a tutto il bottino). Collega un magnete alla scaglia (e il magnete diventa utile a qualcos’altro oltre ai soldi), e la ruota di ferro del tempio al magnete e al draccus in modo che lo schiacci. “Se qualcuno avesse visto, avrebbe notato che la ruota era schizzata verso draccus, come se dio la guidasse con mano vendicativa. Ma non c’era nessun dio a guidarla, solo io”.
  • Il tetto crolla, lui si sveglia nella locanda, Denna è sparita e sa che se n’è andata. Lui è quello che si è fatto più male e grazie alla sua trovata col fuoco parte della città è salva. Visto che lo credono un eroe, chiede informazioni su ciò che è stato trovato alla fattoria – per tenerli al sicuro. Una ragazzina viene a parlargli, descrive un vaso che mostra i Chandrian e i loro segni. Lei ha paura e Kvothe le dà un “amuleto” (un pezzo di lampada), e visto che sa che lo perderà fa un “incantesimo” per legarlo per sempre a lei. Tutto questo episodio sembra un po’ eccessivo per un vaso – lui chiude il capitolo dicendo che lì per la prima volta si sente un eroe e se si cercano delle ragioni per il tipo di uomo che è diventato, c’è da guardare lì. Kvothe non ha deciso a tavolino di diventare un eroe, si trova nella situazione e il ruolo gli piace – oltre a essere una persona straordinaria anche prima
  • Scopre dai barcaioli che Denna è al sicuro (non sarebbe simpatico se si disinteressasse). Con il magnete ripaga il debito del cavallo – abbiamo così un po’di respiro, ma già pensiamo: che succederà ora? (Denna è sì salva, ma da un breve incontro la trova con un altro, e pensa che le cose che gli ha confidato erano frutto del delirio e che lui non ha niente da offrirle, al contrario di uomini come quello)
  • Ambrose gli ruba il liuto – un bullo, come gli era successo col liuto di suo padre. Glielo lancia indietro, e il liuto si rompe. Adirato, senza accorgersene Kvothe chiama il vento, che ferisce Ambrose. Ma poi resta confuso, una creatura fatta di rabbia e caos. Il maestro dei nomi lo fissa negli occhi e gli fa dire una parola, riportandolo indietro. Gli sussurra all’orecchio e la tempesta si placa. Ma (dopo 18 ore di sonno) Ambrose lo chiama dai maestri. Lo accusa di maleficio – e Kvothe di furto, distruzione di proprietà, e cattiva condotta (a questo punto si è letto il codice di leggi della scuola). Il suo nemico dice che non può essere furto e distruzione. Kvothe rifiuta di ritirare l’ accusa, e anche il cancelliere gli fa notare che la testardaggine non aiuta. Lui spiega perché ha senso che sia sia furto che distruzione: (puoi fare una cosa. Puoi fare l’altra. Lui ha fatto entrambe). Vince. Non chiede frustate, furbescamente, o potrebbe non avere la vittoria. E come cattiva condotta chiede la sospensione (può chiedere multa, frustate, sospensione, espulsione). I maestri dicono tutti che esagera, ma lui difende il suo caso. Se persone così prepotenti diventano arcanista, si potrebbe tornare a una diffidenza verso tutti gli arcanisti. Conta le mani dalla sua parte: 1, 2, 3… 4… Spera in un quinto, ma niente. Non ha la maggioranza. Ma poi confida al lettore che non pensava di convincene tanti, e capiamo che ha un piano. Siamo alla parte contro di lui (abbiamo processi senza che sia un romanzo con le lungaggini dei processi). Se viene riconosciuto colpevole, la pena sono 4-15 frustate e espulsione obbligatoria. Sappiamo che Ambrose l’ha fatto cacciare – sarà qui? Kvothe dice “cancelliere?” E quello lo guarda come a dire che capisce cosa vuole dire ma che non ha scelta se non proseguire fino alla fine naturale. La pietà gentile nel suo sguardo lo spaventa. Sa cosa sta per succedere. E in effetti tutti votano contro di lui: espulso. Finisce il capitolo. Inizia il nuovo: la sua vita è finita. Poi il cancelliere dice: qualcuno si oppone? E il maestro dei nomi dice che si oppone. Tutti a favore di sospendere l’espulsione? Tutti meno il suo nemico. C’è altro? Chiede il cancelliere come aspettandosi qualcosa. Il maestro dei nomi propone di promuoverlo a arcanista. Sono tutti a favore a parte il suo nemico: Kvothe è promosso, con il maestro dei nomi come sponsor
  • Il maestro dei nomi gli spiega: l’Accademia nacque come una normale accademia, cui si aggiunse l’arcanum per chi si dimostrava degno – cioè solo dimostrando di averne la capacità. Il primo grado è per chi vede cose per quello che sono. Il secondo grado è per chi parla – per chi sa dire il nome delle cose. Quella è gente sulla strada del potere – la magia vera (aver creato due piani di magia rende il tutto più interessante, entrambi suonano credibili e resta quello che anche il maestro ora definisce come “magia vera”). All’epoca era un forte brandy, ora è un vino annacquato. E parla della mente dormiente, che è quella che sogna, che ricorda tutto, che ci dà le intuizioni. E dice che non è stato espulso perché non è il primo studente a chiamare il vero nome del vento in seguito alla rabbia – anche se è il primo in molti anni. E che ora quindi avrà accesso a più segreti (ma non alla porta negli archivi, che resta come uno dei misteri che vogliamo vedere svelati)
  • Kvothe incontra Auri – la trama non è lineare, ci sono vari fili con vari episodi che si intrecciano, e ogni filo ha senso. Col giusto bilanciamento tra azione, tranquillità, un personaggio, un altro…
  • La storia si interrompe perché nel presente i nostri sono attaccati da un demone. Kvothe dice a Bast che è colpa sua: il ragno dell’inizio, la guerra e ora il demone. Addirittura la guerra? C’è una promessa di racconti sempre più interessanti. Kvothe dice che sono a giorni di distanza da un finale vero, ma può tirare le fila per il primo giorno (temevamo quasi che il libro si fermasse qui – ora siamo preparati a una pausa, e non ci restiamo troppo male).
  • Viene frustato e spende i soldi di Ambrose per un ottimo liuto, dei vestiti, il suo sangue (ha ripagato il debito), un vestito per Auri. E poi riprende da dove aveva interrotto: l’esplorazione dei tunnel per trovare gli Archivi. Trova una via, ma è così bassa che finisce a dover strisciare. Rothfuss usa l’espediente del “se non siete mai stati sottoterra non potete capire” per descrivere. Si incastra. Poi si disincastra – ottimo pensiamo, ora tornerà indietro. Invece procede, e sentiamo tutta la tensione che non avremmo provato se non si fosse incastrato. Ma trova quello che cercava. Va quindi ai dormitori delle ragazze, per chiedere alla ragazza che aveva salvato di incontrare un amico davanti alla porta misteriosa dentro gli archivi. Si incontrano lì – Kvothe spiega al lettore che l’odore di cuoio e polvere gli avevano fatto capire di essere nella direzione giusta, il tunnel porta nel livello più basso degli archivi per dare accesso alla ventilazione, chiusa. In ogni caso ha l’accesso agli archivi e un’archivista che lo aiuti, finalmente il sogno realizzato! E invece no, lei gli spiega come sia complicato trovare libri per tutti i sistemi di catalogazione che si sovrappongono, e un sacco di libri sono “persi” tra i vari sistemi, non si sa dove siano anche se sono negli archivi (e in ogni caso come trovare libri sugli Amyr? Storie? Fiabe? Dove sarà?). Nel frattempo prosegue lo studio dei nomi col maestro che voleva (anche se sembra folle e non gli sembra di fare progressi). Continua a cercare risposte negli archivi e vede Denna più spesso, alla locanda, con l’arrivo della brutta stagione. Ma è sempre con altri uomini, quindi si odiano a vicenda, e il suo sorriso dice che lui sarà ancora lì quando lei avrà dimenticato il loro nome. Gli amici gli offrono compassione e consigli: apprezza la compassione, i consigli non hanno senso: gli dicono di dichiarare ciò che prova, regalarle rose (un consiglio giusto, uno sbagliato, e lui cataloga tutto come sbagliato). Spiega che tutti gli uomini lo fanno con lei e non vuole essere uno di loro (il che è sensato, sappiamo che Kvothe ha torto ma possiamo essere d’accordo con alcune delle sue argomentazioni).
  • Tira le fila del primo giorno: strappa la firma dalla nota di Denna, e lo fa volare nella piazza del vento, ma il vento lo fa ondeggiare senza portarlo via. Si, no, forse, altrove, presto. Anticipa che Ambrose si prenderà le sua vendetta, e quando arriverà lo prenderà alla sprovvista e sarà costretto a lasciare l’università (intende la pausa che si prenderà? E quando diceva che l’avrebbe espulso, intende l’espulsione cui i maestri votano contro? Probabilmente sì, ma nella mia sciocchezza l’ho capito solo alla seconda lettura e continuavo a aspettare questa espulsione). Il libro finisce lì , con un epilogo del tempo presente in cui Bast rivela al cronista che è lui che ha seminato indizi per essere trovati. Perché ognuno si racconta una storia di sé stesso, e la storia ti rende quello che sei: regala bei vestiti a uno straccione, trattalo bene, e quello manterrà le aspettative (v. teoria etichettamento dei bulli). Noi ci creiamo dalla storia. È come corteggiare una ragazza: all’inizio non crede che è bella finché non fai così tanto da trasformarla. Non diventa bella, ma diventa la bellezza, per come la vedi tu. Allo stesso modo Kvothe, che interpretava un eroe. E ora un locandiere – e ha iniziato a vedersi come un locandiere. Quindi gli impone di essere il suo strumento – con le minacce: se non fa come dice, diventerà la sua preda. Distruggerà ogni gioia nella sua vita. Dice queste parole mentre i suoi occhi diventano sempre più bianchi (colore del fulmine, poi di un opale) mentre fa promesse sempre più terribili e dice che Chronicler non conosce neanche una nota della musica che lo muove. Poi si quieta e dice che non c’è motivo per cui non possano avere tutti quello che cercano. Infine c’è la cerimonia di chiusura del silenzio in tre parti (e quando dice “se ci fosse stata musica… Ma no, certamente non c’era musica” capiamo che la musica ha a che fare con la condizione di Kvothe visto che Bast gli dice di non indugiare su magia che non gli viene… e sulla musica)

Consigli di Neil Gaiman sulla scrittura


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Fonte: Varie
Autore: Neil Gaiman
Categoria: Scrittura
Argomento: Regole

  • Le otto regole della scrittura:
    1. Scrivi
    2. Metti una parola dopo l’altra. Trova quella giusta e scrivila
    3. Finisci ciò che stai scrivendo. Qualsiasi cosa tu debba fare, finiscilo. Finiscilo. (in un’altra occasione ha detto: lo scrittore impara quando finisce ciò che sta scrivendo)
    4. Mettilo da parte. Leggilo come se non l’avessi mai letto. Mostralo ad amici di cui rispetti le opinioni e a cui piace il genere
    5. Ricorda che se vi diranno che c’è qualcosa che non va, molto probabilmente avranno ragione. Se vi diranno come sistemarlo, molto probabilmente avranno torto
    6. Sistemalo. Ma ricorda che prima o poi, prima che raggiunga la perfezione, dovrai lasciarlo andare e andare oltre per scrivere la prossima cosa. La perfezione è come seguire la linea dell’orizzonte. Continua a muoverti
    7. Ridi delle tue battute
    8. La principale regola della scrittura è che se lo fai con abbastanza sicurezza, potrai fare ciò che vuoi. Scrivi la storia come deve essere scritta. Scrivila con onestà e al meglio delle tue possibilità
  • Se ti piace il fantasy e vuoi essere il prossimo Tolkien, non leggere solo letteratura tolkieniana. Tolkien non leggeva letteratura tolkieniana: leggeva libri di filologia finlandese. Leggi al di fuori della tua comfort zone, impara
  • È molto divertente quando personaggi diversi vogliono cose diametralmente opposte, anche perché il lettore finisce per trovarsi in quella strana situazione in cui spera che entrambe succedano. Si può usare la relazione antagonista-protagonista in modi alternativi: il protagonista cade nella trappola dell’antagonista prima di sapere che quello è il suo antagonista; i due si innamorano ecc
  • Una delle gioie della fiction (sia per l’autore che per il lettore) è il problem solving. Si fa il tifo per chiunque usi il cervello per uscire dai guai. Fate sì che debbano pensare a come risolvere la loro situazione, con la conoscenza che tutti hanno a disposizione in modo che il lettore dica “accidenti, avrei potuto pensarci anch’io”
  • Mandate il vostro manoscritto a editori che pubblichino il vostro genere. Una lettera che chiede se vogliono vedere il manoscritto completo, un estratto e una sinossi sono sempre benvenute. Buste preaffrancate col vostro indirizzo aiutano a far girare gli ingranaggi.
  • Prima o poi se avete abbastanza talento verrete pubblicati. Incontrate gli editori, magari andando alle convention. Spesso ci sono associazioni cui potete iscrivervi. È molto raro che il vostro manoscritto venga notato nella pila di manoscritti, ma a volte succede.
  • Se scrivete storie brevi non cercate un agente: cercate di farle circolare. Se invece scrivete romanzi avete probabilità simili con agenti o senza (lui ha pubblicato 3 libri prima di cercarsi un agente)
  • Qualsiasi cosa che vi faccia scrivere è una cosa buona. Qualsiasi cosa che vi faccia smettere di scrivere non è una buona cosa. Ad esempio i gruppi di scrittura sono una buona cosa se vi spingono a scrivere
  • Usate il web. Per feedback, networking, imparare, venire pubblicati
  • Se scrivete solo quando siete ispirati potrete forse essere buoni poeti, ma mai buoni scrittori. Avete un certo numero di parole da scrivere, e non aspetteranno la vostra ispirazione. Alcune citazioni: “uno scrittore che aspetta le condizioni ideali per scrivere morirà senza aver scritto una parola” (E. B. White); “l’ispirazione è per i dilettanti, gli altri si mettono al lavoro” (Chuck Close);

Gamberi Fantasy: appunti di editing


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Fonte: fantasy.gamberi.org
Autore: Gamberetta
Categoria: Scrittura
Argomento: Regole

  • Curate la grammatica, ma se scrivete dal punto di vista di un analfabeta/ritardato bisogna essere sgrammaticati
  • Attualmente si tende a eliminare le cosiddette “d” eufoniche e si mantiene la “d” solo se le due vocali sono uguali (“a ogni” e non “ad ogni”, ma “ed era” e non “e era”). Un’eccezione è “ad esempio”
  • Non scrivete paragrafi troppo lunghi – se cominciano a occupare più di mezza pagina, spezzateli. In particolare attenzione alle battute dei dialoghi: se non c’è nessuna pausa è come se il personaggio non si fermasse mai a respirare. Questo non vuol dire che vanno inserite pause a vuoto («bla bla bla bla.» Michele fece una pausa. «bla bla bla bla.»), ma fanno azioni (si sistemano gli occhiali, gesticolano ecc)
  • Esplicitate il soggetto se il soggetto implicito non è chiaro. Il soggetto implicito si usa quando il soggetto è lo stesso della frase precedente
  • Le ripetizioni non sono il male e spesso usare sinonimi può infastidire di più (come scrittori dovete scegliere la parola più efficace, e spesso un sinonimo non è la parola più efficace visto che i sinonimi hanno sfumature diverse)
  • Le espressioni che indicano una volontà del personaggio di compiere un’azione sono sempre pleonastiche (Michele salì le scale = Michele decise di salire le scale). Come scrittori dovreste essere eleganti nel non sprecare parole
  • Discorso analogo per “riuscire a”, “tentare di” ecc (Michele riuscì a parare il colpo = Michele parò il colpo)
  • Spesso sono pleonastici anche i verbi legati alle percezioni (Michele andò alla finestra e vide un cane correre in giardino = Michele andò alla finestra. Un cane correva in giardino). Se volete differenziare tra ciò che si vede e ciò che si osserva, basta che l’oggetto osservato abbia più dettagli
  • Siate netti. “Il tavolo era di una tonalità simile al rosso” non ha differenze nella percezione del lettore rispetto a “Il tavolo era rosso”. Il lettore non visualizza “quasi”, “piuttosto”, “circa”, e lo stesso vale per “sembra”. Non dite ciò che sembra, dite ciò che è
  • Eliminare anche i verbi legati ai pensieri (Michele pensò che fosse una bella giornata > Michele alzò il viso al sole splendente. Era una bella giornata)
  • Eliminare aggettivi/avverbi/termini astratti o generici. Camminando per strada potete vedere persone felici, arrabbiate, tristi. Ma nessuno ha un cartello appeso al collo che dice “felice”: sapete dire che è felice per ciò che fa. Uno scrittore deve mostrare, non raccontare, e quindi indicare le azioni che fanno capire perché è felice. Se le persone per strada non facessero azioni per indicare il loro stato d’animo ma avessero cartelli appesi al collo non sarebbero persone, ma manichini con un cartello che le definisce. Lo stesso vale per i vostri personaggi
  • Le descrizioni devono essere coerenti col punto di vista. Se un personaggio entra nella sua camera da letto non si dovrebbe descrivere nulla perché il personaggio non nota i particolari di una cosa che vede tutti i giorni – a meno che ci sia un motivo per notare qualcosa di specifico. Se si vuole descrivere la stanza bisogna essere furbi e far interagire il personaggio con l’ambiente
  • Nelle descrizioni poi, la qualità batte sempre la quantità. Meglio una città ben descritta che cinque generiche. Nel world building poi è in genere meglio passare dal particolare al generale che viceversa (i personaggi vedono ciò che hanno intorno, non l’intero pianeta/città). Raramente vi serve avere sottomano un intero pianeta, invece è vitale conoscere ogni dettaglio dei luoghi dove si svolgerà l’azione. Un soldato potrebbe non sapere indicare sulla mappa dove è stato mandato a combattere, ma saprà ogni particolare del campo di battaglia. Raccontare che gli dèi combattono da diecimila anni non ha niente di epico – è invece epico mostrare l’infinita distesa di macerie dove è caduto un fulmine divino. Il qui e ora è ciò che emoziona
  • Nelle scene d’azione, particolarmente quelle violente, usare descrizioni generiche non funziona (Michele e Anna si affrontarono in un furibondo dimenarsi di spade, in un balletto di affondi e parate). Guardate il vostro duello preferito in un film: ciò che è affascinante è la precisa coreografia che è stata studiata. Immaginate le singole mosse e descrivetele, o sarà come dire al lettore “Senti, io mi sono stufato di pensare, inventati tu come si svolge il duello”. Ma attenzione a non diventare inverosimili e non far accadere cose che in un duello non succederebbero mai (personaggi che si aggrappano al lampadario ecc). E ricordate che nelle scene d’azione non c’è in genere spazio per fare altro oltre a agire (in genere non c’è spazio nemmeno per pensare)
  • Se il vostro personaggio punto di vista sperimenta la tachipsichia (o bullet time, cioè quando in particolari situazioni di stress si sperimenta un’accresciuta acutezza dei sensi, tanto da notare tutta una serie di particolari in un tempo brevissimo) non scrivete che “il tempo rallentò” o “il tempo sembrò fermarsi”, ma mostrate come il personaggio percepisce l’ambiente con insolita precisione
  • Fate soffrire i personaggi. Inserite conflitti dove potete. Spesso gli autori limitano inconsciamente il conflitto (un personaggio vuole aiutare la fidanzata in un giorno di lavoro e la cosa non sarebbe un problema perché può prendere ferie. Meglio se proprio quel giorno ha un’importante scadenza: il lettore seguirà con maggiore partecipazione)
  • Uno scrittore ha spesso svariate idee tutti i giorni. Ma è come vengono messe insieme e come vengono scritte che in genere fa la differenza. Inoltre tutte le idee hanno pari dignità: da chi scrive un romanzo fantasy come metafora del razzismo a chi scrive un romanzo fantasy per comunicare situazioni fantasiose.

Writing craft essays by Chuck Palahniuk – III parte


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Fonte: 36 Writing Essays by Chuck Palahniuk
Autore: Chuck Palahniuk
Categoria: Scrittura
Argomento: Regole

(continua da post precedente)

Thirteen writing tips

  1. Metti un timer per scrivere
  2. I lettori sono più furbi di quanto pensi. Non temere di sorprenderli, hanno già letto storie molto più furbe della tua
  3. Prima di scrivere una scena analizzala e studia il motivo per cui la stai inserendo. Serve a un punto successivo, o spiega qualcosa successo precedentemente? Serve per la trama?
  4. Stupisciti. Se permetti alla storia di andare in un posto sorprendente, sorprenderai il lettore
  5. Se sei bloccato in alcuni punti, rileggi le scene precedenti e troverai qualcosa di simile a una buried gun da usare
  6. Usa la scrittura come scusa per dare feste sulla scrittura. Sarà una ricompensa per le ore passate da solo a scrivere e non ti potrai pentire in futuro di quel tempo speso con altra gente
  7. Concediti di non sapere. Più a lungo lasci che una storia prenda forma, migliore sarà il finale. Quando scrivi devi solo sapere la scena successiva, altrimenti la storia sarà noiosa per te e per i lettori
  8. Se senti il bisogno di più libertà nel cambiare ciò che hai scritto, cambia nome ai personaggi. Non sono reali, sono in tuo potere, e capirlo ti permetterà di torturarli
  9. Usa tutte le forme di discorso: descrittivo, istruttivo, espressivo
  10. Scrivi il libro che vorresti leggere
  11. Fatti foto per la quarta di copertina ora che sei giovane e chiedi i copyright
  12. Scrivi riguardo i problemi che ti turbano di più, sono l’unica cosa su cui valga la pena scrivere
  13. Tutto ciò che il mondo vedrà di voi sarà il vostro lavoro

Killing time – part one

Il segreto della storia va rivelato gradualmente, come succede quando si imparano cose nella vita reale. Trama e ritmo sono spesso i due problemi più grandi degli scrittori, e in genere perché il ritmo è troppo lento. Come mostrare che il tempo è passato? Puoi fare un “information dump” di cose relative a qualcosa presente nel libro, ma non si può esagerare. Se si usa questo metodo, vanno usati fatti interessanti, facili da capire e self-contained. Devono essere plausibili per il personaggio narratore (devono essere informazioni che potrebbe sapere), e non serve dare la fonte. Queste parti creano autorità, implicano uno stato mentale e controllano il ritmo

Disconnected dialogue – part one

Ci piace un dialogo quando un contendente dimostra potere, e l’altro lo batte. Una buona trama gioca col potere (un personaggio lo guadagna, lo perde, lo riguadagna). Quando il potere cambia, la storia ne guadagna. Ma se il dialogo è lineare, non c’è frustrazione. È meglio un dialogo rozzo e incompleto, ad esempio domande cui nessuno risponde. Si vedano i seguenti tipi di dialoghi:

A) Hai portato fuori il cane? – Sì, un’ora fa
B) Hai portato fuori il cane? – È il tuo cane
C) Hai portato fuori il cane? – Smettila di starmi addosso

Non fare dialoghi furbi: fai dialoghi di tipo C (Hanno chiamato con i risultati – Sei andata a letto col mio amico?)

Body language – part one

Prova a mettere la TV in muto e crea una lista di gesti. Il 75% delle informazioni di un dialogo viene da postura e gesti, il 18% dalla voce, il 7% dalle parole. Inoltre, più verbi si usano più il cervello si attiva. Si pensi a mettere i capelli in bocca, ruotare gli occhi, indicare, chiudere la mano a pugno, mettere le dita in gola, formare un bacio, segnalare ok, annuire, scrollare le spalle, sospirare, grattarsi la testa, mangiarsi le unghie. I gesti, i tic, e il motivo dietro questi gesti possono dire molto sulle persone (una giornalista anoressica che si tocca il bicipite per misurare la massa corporea)

Objects

Grace Kelly ha fatto trovare e trova asce di guerra nel letto di camere di albergo come simbolo di amore, poi amicizia, poi giovinezza perduta. Gli oggetti dovrebbero avere questo potere nelle storie. Possono rappresentare gli obiettivi o i sogni dei personaggi, o il potere (come l’anello nel Signore degli Anelli), e i migliori cambiano per adattarsi ai diversi personaggi. Trova quali sono gli oggetti da usare, e tienili limitati in numero.

Required reading: absurdity

Leggi “My life with R. H. Macy” di Shirley Jackson e “Dusk in these fierce pajamas” di E. B. White. Ci sono cornici complicate o illusorie che vanno verso l’assurdità.

Utility phrases: when all words fail

Ci sono frasi che si dicono quando non si sa cosa dire. I personaggi dovrebbero averne, e dovrebbero dire qualcosa di loro. Se dicono “non so” indeboliscono ciò che affermano, con “storia vera” confermano l’autorità di ciò che dicono, “devono essere passate le sette” si usa perché la morte di Lincoln avvenne a quell’ora, è una throwaway reference a qualcosa che è successo prima. Probabilmente tra qualche anno li avremo sull’undici settembre, “aspetto che cada la seconda torre”, e i nostri nipoti non sapranno di cosa parliamo.

Names versus pronouns

Questi essay non sono regole o leggi: sono opzioni, sono gli strumenti nella toolbox dello scrittore, si possono usare oppure no. Un altro tool è il seguente: non usare un pronome (lei/lui/egli…) per riferirsi a un personaggio, ma qualcosa di più specifico. I personaggi avranno secondi nomi da usare in occasioni difficili. Etichette. Titoli. Soprannomi. Nomignoli. I nomi sono l’ultima cosa che impariamo di una persona, andrebbero dati solo ai personaggi importanti. I nomi sono l’ultima e la più vaga delle etichette, è meglio farla precedere da un’azione o un gesto, o una sensazione (un suono, un odore). Prova ad esempio a fare una lista dei tuoi nomi, sono tantissimi.

Nuts and bolts: plot points

Bisogna sapere lo scopo di una scena prima di iniziare a scriverla (la scena prepara qualcosa? è un indizio? una risoluzione? rallenta il ritmo per dare più potere alla scena successiva?). A quali domande risponde? Quali nuove domande pone? Chi legge può dire cosa manca, e a quel punto si può decidere che azione inscenare per riempire il vuoto.

Va deciso il prossimo plot point, e va fatto succedere. Le storie migliori in genere più che sorprendere, eccitano creando tempeste di aneddoti personali sulla stessa esperienza, che connettono col mondo. Parlano delle metafore condivise su un argomento. Il lavoro dello scrittore è di esprimere ciò che gli altri non riescono. Gli aneddoti si sommano a aneddoti su sentimenti condivisi: una buona storia evoca altre storie. Ascolta le cose uniche e durature che spingono la gente a parlare.

Tell a lie, bury a gun

Considera il boiler in Shining: all’inizio viene detto che va controllato, altrimenti esploderà. E quando alla trama serve un climax, guardacaso il boiler esplode. Simile a questa buried gun può essere una “bugia”: come la relazione con Mrs. Robinson del Laureato, o Maude che dichiara all’inizio di voler morire al suo compleanno. Quando Harold le prepara una festa, lei dice che si è avvelenata. O un padre promette qualcosa al figlio senza intenzione di mantenere la parola, ma alla fine avviene una trasformazione e la promessa viene mantenuta e tutti sono contenti. Esempi di “bugie” in questo senso quindi possono essere promesse non sincere, crimini, segreti, che possono essere trasformati in buried gun.

Una bugia nascosta concede un climax alla trama. La bugia dà potere al narratore sugli altri. La verità lo mette invece alla mercé degli altri (e riporta a una relazione onesta). Osserva le bugie che la gente lavora sodo per nascondere: chi si dimostra un intelligentone sta nascondendo la sua stupidità. Chi cerca in tutti i modi di farsi bello ha paura della bruttezza. Mantieni una bugia finché diventa impossibile proseguire. A quel punto si comincia a divertirsi.

A story from scratch, act one

(In questo essay viene mostrato il processo di editing di un racconto, analizzando la prima stesura di una storia che è stata pubblicata. Di seguito i commenti dell’autore).
Palahniuk preferisce iniziare una storia con un’azione. Non mostrare niente se non c’è un’azione. Evita il dialogo se puoi usare i gesti. Descrivi un personaggio in base a come il personaggio descrive il mondo (non “come il tetto di una casa” ma “come il tetto della casa dei Lloyd”. Se si parla di soldi, è un concetto astratto, il personaggio penserà invece a cosa può comprarsi con quei soldi, mostrando i suoi sogni e le sue priorità). Nella prima stesura in genere ci si occupa dello sviluppo orizzontale, quello verticale si aggiunge successivamente. Descrivi le azioni (“nascose il vaso”) non le motivazioni (“per tornare a prenderlo più tardi”). Ricorda le sensazioni on-the-body (nella storia in questione il personaggio è bagnato, gli sanguina il naso, e queste cose non vanno lasciate indietro). Rivedendo i liquidi sul corpo il lettore ricoderà le sensazioni fisiche e fungeranno da sommario, dimostreranno lo scorrere del tempo e coinvolgeranno i personaggi. Decidi quali parole il narratore non conosce, e non usarle. Se usa troppi vocaboli ci sarà l’effetto di “parla come un libro stampato”.

Se un personaggio subisce un’esperienza descrivi gli effetti (anche descrivendo il personaggio e come descriverebbe lui) e non ciò che non vede (nel racconto in questione non dice di venir colpito alla nuca da una palla ma parla degli effetti, visto che non può vedere la palla). Le action sequence si costruiscono con molti verbi. Una volta che hai presentato il gesto di un personaggio, riusarlo riporta emozioni senza necessità di rispiegarlo. Un personaggio senza niente da perdere può rivelare il suo più grande desiderio. Per creare tensione suggerisci che nei conflitti l’antagonista vincerà, questo genera simpatia nel lettore. E riusa parti di descrizioni usate su un personaggio per fare da eco all’intera situazione evocata quando la descrizione di quel particolare aspetto è stata usata la prima volta (nel racconto in questione un movimento del corpo rievoca la superiorità fisica dell’antagonista). Per descrivere un lungo viaggio puoi fare un elenco di vie e questo condensa il viaggio in un paragrafo. Alla fine il contratto sociale viene risolto: i desideri iniziali erano vani, la salvezza è arrivata dal credere in qualcosa di nuovo/indescrivibile come Luke Skywalker crede nella Forza quando deve distruggere la Morte Nera.

Writing craft essays by Chuck Palahniuk – II parte


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Fonte: 36 Writing Essays by Chuck Palahniuk
Autore: Chuck Palahniuk
Categoria: Scrittura
Argomento: Regole

(continua da post precedente)

Reading out loud

Leggendo il vostro lavoro a voce alta a un gruppo di 7-8 persone vi renderete subito conto di quali parti funzionano e quali vanno corrette. Il tempismo e il ritmo sono importanti e dalle reazioni si impara dove va creata più tensione e dove va spezzata con humor, dove il pubblico va coinvolto e dove possono rilassarsi mentre si crea autorità. Il cervello dei lettori reagisce ai verbi (colpire, baciare, masticare) come se quelle cose succedessero davvero. Usa verbi e azioni, fai succedere qualcosa in ogni scena. Capisci dove serve fermarsi più a lungo per far capire al pubblico un punto della trama non spiegato dal narratore (l’obiettivo è far sì che il lettore arrivi sempre a realizzare qualcosa il paragrafo prima che il narratore lo dica). O dove serve spezzare la tensione con una risata, per portare poi a una crisi ancora peggiore.

Perfino a livello terapeutico raccontare le proprie crisi serve a rilasciare le emozioni che ci bloccano e cercare soluzione.

La monkey mind è quella parte del nostro cervello che non sta mai ferma e cerca di trovare un senso per ogni evento che accade. Accettando questo aspetto della mente si diventa storyteller migliori nel creare un effetto specifico a chi ascolta. La scienza sta dimostrando che ogni volta che vediamo qualcosa di nuovo la nostra attenzione si alza per verificare che non sia pericoloso. Considerate di dover scrivere storie per dare un senso a ciò che accade intorno a noi. In questo modo si possono sfruttare gli eventi che accadono per sfruttarli, invece che farsi sfruttare dagli eventi. Le storie che non riusciamo a raccontare sono in genere i segreti che ci uccidono. A questo punto potete seppellire l’esperienza reale quanto volete, ma in qualche modo scrivere è sempre autobiografico, così come la monkey mind è sempre lì a incasellare quello che vediamo: buono, cattivo, grasso, lento, amabile. Forse l’unico modo di sfuggirle è accettarla, siamo condannati allo storytelling: fare esperienze e creare storie, e usare quell’impulso invece di farsi usare, sopraffare la voce per farle fare qualcosa di produttivo. Usare la monkey mind invece di essere usato. In particolare sulle emozioni relative a un problema che non sappiamo risolvere/tollerare.

Leggere ad alta voce serve a trasformare quel prodotto personale in qualcosa fatto per un pubblico. Parlare ci libera della storia. E ci permette di scavare nella nostra merda personale e trasformarla in arte. Ne puoi fare qualcosa di divertente o eccitante o tragico. O che non esclude gli altri. Qualcosa che aiuta gli altri a vedere e esplorare i loro problemi. Cosa fa scattare le tue emozioni? Perché il trigger è così importante? Trasforma le emozioni irrisolte in storie da condividere. Questo aiuterà anche te, la scrittura diventerà in sé una ricompensa.

Esercizio: trova un modo unico di un personaggio per misurare il tempo (canzoni in macchina?) in modo che quando i personaggi descrivono il tempo, descrivono sé stessi.

Nuts and bolts: punctuation with gesture and attribution

Non stiamo mai completamente fermi mentre parliamo. Guarda cosa fa la gente quando parla: questi gesti dovrebbero essere usati per creare tensione e interesse durante i dialoghi. Persone che parlano e basta sono noiose, vedi il teatro o i film. Usare un’interruzione al punto giusto permette di aggiungere tensione.

Nuts and bolts: the horizontal versus the vertical

Le storie hanno una dimensione orizzontale (da un punto della trama a un altro punto della trama ecc fino alla risoluzione) e verticale (lo sviluppo di un personaggio o di un tema, la risonanza emotiva).

When you can’t find a writing workshop

I workshop ci danno la scusa di scrivere. In alternativa trova ambienti simili, che ricreino le situazioni in cui la tua fantasia vaga per passare il tempo, ad esempio le lezioni. Compito: chiedi la storia di oggetti in vendita.

Learning from cliches… then leaving them behind

Frasi come “stropicciarsi gli occhi” non creano la reazione fisica nel lettore, non reinventano il mondo in un modo unico per quel personaggio. La frase va spacchettata in dettagli sensoriali che creino una reazione. Se hai sentito qualcosa descritto in un certo modo, il tuo lavoro è di descriverlo in un altro modo, basato sulla storia/famiglia/educazione del personaggio, che descrive le cose nel suo modo unico. Reinventa ogni momento in base al personaggio.

Detto questo, è una buona cosa copiare lo stile di scrittori che si stimano. Poi vanno create variazioni, anche basate su tecniche di altri scrittori. Imita per imparare, ma rifiuta i cliché.

Talking shapes: the Quilt versus the Big O

La trama lineare è morta. Due alternative (se ne vedranno altre nei paragrafi successivi) sono: la trapunta o la O.

O: si inizia alla fine della crisi. Es: il Grande Gatsby che inizia con Nick vecchio. I vantaggi sono che si inizia con una scena avvincente e che si stabilisce il narratore: i lettori sanno che il narratore dà forma alla storia, quindi la storia stessa acquista credibilità.

Trapunta: unire una serie di storie diverse. Rappresenta il contesto per raccontare varie storie brevi.

Textures of information

Quello che si ricorda dei personaggi (più dei loro nomi) sono le loro azioni, il loro linguaggio e il loro aspetto. Le texture sono degli strumenti presi in prestito dalla vita reale che si possono usare per dare più potere alla storia. Esempi di texture sono: regole (si veda Fight club), definizioni, cerimonie, frasi su t-shirt, pubblicità, contratti… vengono dal mondo vero e danno credibilità. O le puoi usare per minare la credibilità dell’oggetto vero (es: gli annunci aeroportuali sono in realtà un codice).

Effective similies

Nella realtà un numero limitato di dettagli fisici creano la realtà di cui siamo consapevoli (rumore, odore, texture…). Se scegli il dettaglio giusto si può definire la scena. Cosa fa un personaggio quando non fa niente? (mani/piedi/respiro).

Le metafore sono in genere più potenti delle similitudini (usare direttamente la figura al posto di dire “come…”). Se proprio si vogliono usare le similitudini è meglio: non usare il verbo essere ma spacchettarlo nel verbo più specifico; limitarle, perché distraggono il lettore dal contesto; descrivere com’è il soggetto prima di presentare la similitudine; è possibile esacerbare i dettagli; non usare “come” (meglio cose tipo “X avrebbe potuto essere Y”); evita i verbi di pensiero.

Talking shapes: the Thumbnail

Il paradosso della narrazione è che il narratore sa già come va a finire… come fa a tornare innocente per raccontare con gli occhi che aveva all’inizio? Una tecnica è il thumbnail: un’anteprima di quello che succederà, e la promessa di eventi eccitanti. Questa tecnica crea anche tensione: permette di usare un sottile storytelling il cui scopo è farla dimenticare. Dà autorità e realismo, l’incredibile diventa credibile. Ma non esagerare nei dettagli anticipatori o non avrà senso per il lettore, meglio creare una scena fisica limitata, e il lettore tollererà di più il teasing se verranno messi dettagli reali di un presente tangibile. Questa tecnica è diversa dalla “O” perché in quell’anteprima rivela tutto o quasi.

Talking shapes: the cycle

Funziona nel modo seguente: una persona innocente sembra aver trovato il modo di uscire dalla miseria, ma si accorge poi che è una trappola organizzata per distruggere vittime e auto sostentarsi. Alla fine capiamo che il processo accade regolarmente, è un ciclo, ed è sufficiente vederne uno solo per estrapolare il passato e il futuro. Indizi di questa struttura: ciò che porta alla salvezza viene più a buon mercato del previsto; il personaggio ignora o razionalizza eventi sinistri; la gente inizia a morire; la vittima è in trappola (può essere isolata, o sedata…); la vittima scopre prove inconfutabili della sua dannazione; la vittima prova a scappare all’ultimo momento. Viene poi mostrato lo step successivo, ad esempio l’inizio del prossimo ciclo con la prossima vittima, mostrando anche tracce della fine fatta dal protagonista per confermare la sua sorte.

Questa struttura funziona bene perché riflette una paura comune: il mondo è una cospirazione organizzata per ucciderci, tutti ci odiano e fingono di amarci per usarci e scartarci. Non importa quanto ci si impegni, qualcosa fallirà. Viene così dimostrato che la vita è ingiusta – facendo succedere qualcosa di negativo ad altri piuttosto che a noi. È una tecnica diversa dal thumbnail perché il ciclo si ripete e non si può rivelare troppo subito. In genere all’inizio si intravede la vittima precedente, e l’inizio deve sedurre il lettore (come il protagonista) con cose belle, ad esempio viene scoperto il modo per realizzare il più grande desiderio.

Talking shapes: the rebel, the follower and the witness

Usare una trama conosciuta fa accettare il bizzarro. Ad esempio, Star Wars usa una quest story (chiamata dell’eroe, l’eroe salva la principessa, l’eroe uccide il drago). Allo scrittore può servire quindi identificare il mito di cui si sta parlando e studiare l’originale come blueprint per notare gli elementi mancanti. Una struttura piuttosto in voga è quella di usare tre personaggi principali di cui ne resta soltanto uno (es: Qualcuno volò sul nido del cuculo, Il Grande Gatsby, Fight Club). C’è un ribelle (McMurphy nel nido del cuculo, Gatsby nel Grande Gatsby) che non trova il suo posto nel mondo e turba le persone per come si comporta. C’è un follower che viene sacrificato, e che cercava di compiacere il sistema che il ribelle combatte. Entrambi in realtà rafforzano il sistema. Il follower viene distrutto, il ribelle si distrugge, e il testimone vive con un compromesso, trasformato, e lascia il vecchio sistema. La crisi che porta alla distruzione del follower dà occasione all’ordine sociale di distruggere il ribelle. E il testimone guarda senza farsi notare: è la storia che succede quando ci si trova in una situazione con due contendenti, o anche nelle democrazie con due partiti, come quella americana, e per questo tanto in voga nella letteratura oltreoceano. Una volta che si è riconosciuta questa struttura, la si può variare.

Nuts and bolts: using your objects

L’anello di Colazione da Tiffany ha un valore emozionale sempre maggiore man mano che appare. Rappresenta l’intero messaggio della storia. Un oggetto ben utilizzato può servire come:

  • Pro memoria (collana blu in Titanic): ricorda al lettore parti di trama, incluse le relative emozioni
  • Buried gun (la scritta in Citizen Kate)
  • Segnali (l’anello di Harold e Maude che lui le regala e lei getta via): i personaggi si esprimono fisicamente tramite l’oggetto
  • Continuità (il posacenere verde in Creep show)

Da cosa i personaggi non si separano? Cosa puoi usare per rappresentare salvezza o dannazione? Quali sono i tuoi oggetti-simbolo cui tieni? Anche a livello più banale: un personaggio non può pensare “dio, ho voglia di scotch” ogni due minuti, ma può avere una fiaschetta che tocca spesso.

La chiave è riusarli per dargli potere, farli evolvere e cambiarli, creare ciò che fa esprimere il personaggio.

(continua in post successivo)

Writing craft essays by Chuck Palahniuk


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Fonte: 36 Writing Essays by Chuck Palahniuk
Autore: Chuck Palahniuk
Categoria: Scrittura
Argomento: Regole

Establishing Authority

Una volta stabilità l’autorità dello scrittore, si può portare il lettore ovunque. Ti crederà. Per farlo si può usare la testa o il cuore.

  • Cuore: utilizza onestà e franchezza. Il narratore rischia di essere lo sciocco invece dell’eroe… ma si rischia anche che il lettore venga coinvolto emotivamente. Questo perché svelando qualcosa di imbarazzante si dimostra al lettore che non si sta provando la propria gloria, non si sta provando a sembrare belli, e quindi anche il lettore sarà più disposto a condividere i propri difetti e le proprie paure (es: viene mostrato un aneddoto in cui il protagonista fa la figura dello zimbello per uno scherzo dei suoi compagni di squadra che gli mettono una sostanza urticante nelle mutande)
  • Testa: dimostrando conoscenza. Si mostra al lettore che si è fatta ricerca sull’argomento di cui si vuole parlare, il narratore è la persona più qualificata per raccontare la storia.

Stephen King ad esempio usa solitamente il metodo del cuore (introduce i personaggi lentamente e attentamente), Tom Clancy la testa (procedure e tecnologia spiegate in modo che si capisca che il protagonista è astuto e preparato e vale la pena spendere tempo con lui).

Si tratta di servire lo storytelling più efficace. Come esercizio puoi provare a scrivere qualcosa di onesto, vulnerabile: può essere doloroso, imbarazzante, parlare di un’umiliazione.
Se si vuole esercitare il metodo della testa, si può chiedere a qualcuno di parlare della sua professione.

Developing a theme

Un tema è come la base di una sinfonia, che ricorre durante tutta l’opera, arricchita di cose nuove. Ad esempio suggerisci il tema del tuo libro durante una festa, nella forma di un aneddoto personale (es “pozzi paurosi dell’infanzia”) e vedi come il tema diventa universale mentre altri ne parlano. Prova a buttare là le paure infantili e poi cerca un pattern e crea un collage per ottenere l’effetto migliore.

Using on-the-body physical sensation

Il lettore va coinvolto mentalmente e emozionalmente. Ma se riuscite a fargli provare sensazioni fisiche, allora avete creato una realtà. La storia deve svilupparsi nella testa, cuore, e viscere del lettore. Questo non succede con parole astratte che descrivono dolore/piacere, ma con una situazione tangibile, dettaglio per dettaglio, in cui gli eventi si succedano nella mente del lettore. “Dolore sordo”, “piacere estatico” sono cliché di un cheating writer che non evocano niente. Bisogna spacchettare l’evento, momento per momento, odore per odore, e farlo succedere. Lo stesso vale per il sesso: bisogna inventare un modo che solo il narratore userebbe, il nomignolo che usa per i genitali, l’eufemismo che usa per il rapporto. La prossima volta che vi ammalate, fate una lista dei dettagli fisici di ciò che accade. Un altro metodo è usare il gergo medico, ad esempio cercando le cause mediche di cose come il mal di testa, o le cure (dicono a quali cause sono indirizzate).

Submerging the I

Le storie raccontate in prima persona allontanano il lettore, ma hanno più autorità. Inoltre permettono di giocare con l’onestà del narratore (si veda ad esempio il Grande Gatsby: Gatsby è davvero così affascinante, o Nick Caraway lo dipinge tale per rendere la sua gioventù più eccitante e giustificare il suo ritorno dai genitori?), la tecnica dell’unreliable narrator (narratore inaffidabile).

Sempre nel Grande Gatsby, il narratore è una persona qualunque che parla del suo eroe – o meglio, un apostolo che parla del suo dio. In questo modo, la narrazione non risulta noiosa.

La terza persona invece ha lo svantaggio che può passare come un dio nascosto, quindi come fare se si vuole usare la prima persona? Nascondendo l’io. Nel racconto di Palahniuk “Guts” si capisce che la storia è narrata in prima persona solo quando il lettore è già agganciato e l’autorità è già stabilita (tramite fatti medici e tramite il mix funny/sad). Se si è scelto di usare la prima persona, meglio eliminare gli “io” il più possibile, e piuttosto usare “mio”, “me”: tieni la telecamera lontana il più a lungo possibile.

Nuts and bolts: hiding a gun

La “pistola” è qualcosa di cui parli (un dettaglio, un errore, una debolezza) che viene dimenticata e che torna per distruggere il personaggio. Spesso si usa per limitare il tempo della narrazione (Il giro del mondo in 80 giorni), e può addirittura comunicare al lettore qualcosa che succederà dopo la fine del libro (si vedano le citazioni di inizio capitolo di Dune, che fanno capire che la moglie di Paul si dedicherà alla scrittura).

Nuts and bolts: “thought” verbs

Non usare verbi di pensiero/intenzione: pensare, sapere, capire, realizzare, credere, volere, ricordare, immaginare, desiderare, amare, odiare. Quindi invece di “si chiese se Monica non apprezzasse che lui uscisse la sera” mostra Monica che prepara il caffé per sé e non per lui. Invece di sapere, mostra ciò che il personaggio sa (invece di “lui le piaceva” mostra lei mentre gli fa la corte). In breve vanno usati solo dettagli sensoriali: azioni, odori, suoni, sensazioni. La storia è più forte se si mostrano le azioni fisiche e i dettagli che possono portare il lettore a sapere/pensare anziché venire imboccati dallo scrittore. Stessa cosa vale per amare/odiare: costruisci il caso come un avvocato.

I personaggi non dovrebbero stare soli perché in genere iniziano a pensare. Piuttosto, falli fantasticare su ciò di cui si preoccupano. Non usare “dimenticare” e “ricordare”. E fai attenzione pure a “essere” e “avere”: nascondi i dettagli nelle azioni e nei gesti.

Nuts and bolts: “big voice” versus “little voice”

I personaggi interessanti hanno opinioni forti, ma non fargli eclissare le “piccole voci” necessarie per azioni fisiche descrittive.

Nuts and bolts: using choruses

Le ripetizioni possono rinfrescare dei punti della trama e far scattare emozioni forti.

Nuts and bolts: saying it wrong

Reinventare un linguaggio per reinventare un mondo (o un personaggio) può essere particolarmente efficace. Ogni persona ha un suo slang e questo la caratterizza. Ogni personaggio dirà qualcosa in modo “sbagliato” da quello che è considerato normale. Si veda ad esempio “The iceberg at the bottom of the world” di Mark Richard, un ottimo esempio di linguaggio.

Beware the “thesis statement”

Queste affermazioni si verificano quando si dichiara all’inizio del paragrafo lo scopo del paragrafo stesso. Ad esempio “… era un posto in cui trovare lavoro era difficile”. Toglie l’intrigo di ciò che si va a mostrare. Lo scrittore è una spogliarellista: ogni indumento va tolto con cura studiata, non si sbattono i genitali in faccia al pubblico. Il lettore deve farsi una sua idea. Ad esempio invece di “Brian si sentiva male” meglio usare “forse era stata la maionese. Le gocce che colavano dal sandwich sembravano un po’ troppo gialle. O forse erano le mosche dietro il banchetto”. Non dire troppo subito, spacchetta il sandwich finché il pubblico si sentirà male. Rimuovi il thesis statement e metti fatti forti e tangibili.

(continua in post successivo)

Errori comuni degli scrittori


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Fonte: fantasy.gamberi.org
Autore: Gamberetta
Categoria: Scrittura
Argomento: Regole

  • Il fatto che il difetto fatale dell’antagonista sia di essere troppo sicuro di sé (cliché)
  • Non documentarsi
  • Raccontare anziché mostrare
  • Impreziosire lo stile (narrativa di genere)
  • Non suscitare curiosità (in particolar modo nell’incipit)
  • Show don’t tell (di nuovo, sì. Non dire “Laura è ansiosa” ma “Laura si mangia le unghie”. Pensa ai film: non spiegano queste cose, le mostrano)
  • Raccontare il superfluo, anche se bello. Usare aggettivi e avverbi
  • Avere un intreccio non lineare senza motivo
  • Inforigurgito (sia diretto, sia dialogato… ancora peggio se le informazioni non sono necessarie! Se le informazioni sono necessarie, di nuovo, mostrale, non raccontarle)
  • Tutti i personaggi parlano allo stesso comodo, o come un libro stampato
  • Il punto di vista si sposta all’interno dello stesso paragrafo
  • La trama è una banale quest fantasy, stereotipata
  • L’autore non cerca di smontare ogni singola scelta. Bisogna cercare di smontare il proprio libro, renderlo a prova di bomba (perché il cattivo non conquista tutto?)
  • Inutili descrizioni paesaggistiche
  • Spostare la “telecamera” sulle spalle di diversi personaggi. La telecamera è una, tienila fissa e descrivi
  • Far succedere cose improbabili a causa di lacune di precisione. Ficcati nella mente quello che succede e descrivilo
  • Non tener conto del perché delle cose (sia le regole fisiche, sia nelle scelte dei personaggi)
  • Far sorbire al lettore le proprie masturbazioni mentali (ad esempio l’amore per l’ambiente)
  • Scrivere per sé stessi e non per far sognare i lettori
  • Inserire aggettivi/avverbi/possessivi che non cambiano il senso della frase (sono spesso sinonimo di racconto, meglio spiegare mostrando)
  • Usare sostantivi diversi per descrivere lo stesso personaggio per evitare le ripetizioni. I nomi diventano trasparenti al lettore dopo un po’, e più chiari di giri di parole
  • Non catturare il lettore nelle prime due pagine
  • Creare pretestuosi pupazzi nelle mani di uno cui scappa di fare filosofia (per tenersi lontani da questo errore si può evitare di scrivere di sé, o di intuizioni fondamentali)
  • Creare un deus ex machina senza averne parlato prima
  • Non far uscire la personalità dai dialoghi
  • Non usare “disse”. In primo luogo perché è invisibile al lettore quindi è bene usarlo, inoltre perché come una cosa viene detta si deve capire spiegando la situazione: il lettore a quel punto capirà da sé se il personaggio è arrabbiato, spaventato, commosso…
  • Le tre regole base dello stile possono essere: semplice e chiaro; scartare il superfluo; mostrare e non raccontare. E ricorda che il primo milione di parole sono un esercizio. Non perdere troppo tempo né sulle critiche, né sui complimenti, piuttosto continua a esercitarti

Come far piacere i personaggi e come coinvolgere il lettore


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Fonte: Characters and viewpoints
Autore: Orson Scott Card
Categoria: Scrittura
Argomento: Personaggi

Un autore dovrebbe conoscere i propri personaggi meglio di quanto conosce sé stesso.
Per far vedere le caratteristiche di un personaggio andrebbe mostrato mentre fa un’azione (v. ad esempio l’inizio di Indiana Jones), poi vanno date le motivazioni di quell’azione. Questo è un aspetto importante: le motivazioni danno un valore morale e cambiano molto la percezione del lettore. I lettori leggono per capire perché la gente fa le cose, più che cosa fa. Un personaggio è ciò che vuole fare.

Dire qualcosa del passato di un personaggio può aiutare: siamo la somma ciò che abbiamo e ciò che ci è stato fatto. Oppure metterlo fuori dal suo habitat: come reagisce? Anche le abitudini neutre o negative ci caratterizzano. Così come i talenti e gli hobbies.

Quando iniziano un libro, i lettori vogliono credere in ciò che gli viene raccontato e innamorarsi dei personaggi. I lettori sono dalla parte dello scrittore. Ma questa luna di miele dura due pagine, il tempo di rispondere a queste domande:

  1. So what? Perché dovrei andare avanti a leggere? (se il tema è già visto, non c’è motivo)
  2. Oh yeah? Andiamo, non ci crede nessuno che qualcuno potrebbe comportarsi così
  3. Huh? Che succede, non capisco

Il personaggio deve convincere in primo luogo l’autore, che deve essere affamato di raccontarne la storia.
Perché il personaggio sta facendo ciò che sta facendo? Quale sarà il risultato? E meglio ancora: cosa può andar male? Se credi che il personaggio si potrebbe comportare così, perché? Magari ha una buona ragione.

Esercizi per creare personaggi

Per creare i personaggi  usare queste tre tecniche può fare la differenza:

  1. Un’esagerazione. Il personaggio deve avere un aspetto che lo rende unico, ma deve essere un aspetto che nessun altro autore avrebbe esagerato. L’esagerazione deve rendere interessante un particolare banale, ma senza strafare altrimenti il personaggio diventa poco credibile (una caricatura)
  2. “Do the twist”, volgi il tutto verso qualcosa di inaspettato
  3. Fare il terzo grado alle proprie idee. Perché? Che cosa l’ha causato? Per che motivo? A cosa può portare dopo? Le prime due idee saranno cliché, scartale, e poi continua a chiederti perché e a cosa porterà scartando i cliché

Esercizi per creare personaggi:

  • Se si ha una situazione per un libro ma non un personaggio basta chiedersi: chi ne soffrirà di più? Quello è un buon candidato a protagonista, perché è colui che più di tutti vuole risolvere il conflitto
  • Pensa alle persone che conosci. Per te il loro carattere è scontato, normale, ma per gli altri non è così. Poi inventa quello che non sai di loro e perché agisce, e spiega perché le sue motivazioni sono credibili
  • Osserva gli estranei e applica su di loro le 3 regole iniziali di creazione personaggi (esagera, do the twist, fai il terzo grado e scarta i cliché)
  • Analizza te stesso: cosa ti porta a fare certe cose? Modifica dalle tue memorie. E se non vengono in mente episodi, pensa a una parola: che episodio della tua vita ti richiama quella parola?
  • Pensa a che personaggi potrebbero essere presenti allargando il punto di vista, pensa a chi era presente nel passato di un personaggio, altrimenti i personaggi saranno piatti. Puoi far parlare/sparlare di un personaggio da chi lo conosce

Cosa coinvolge emotivamente il lettore:

  • Il dolore, ma non esagerare o il personaggio sembrerà debole, sfortunato o non credibile. Inoltre se il dolore a un personaggio principale viene descritto nel dettaglio e diventa troppo da sopportare, si perde il lettore perché non vuole identificarsi in un dolore eccessivo. Per rendere il dolore vero e tridimensionale – anche uno piccolo – può essere efficace mostrare le cause o gli effetti di un dolore
  • Far eseguire a un personaggio una scelta che porta a un sacrificio è uno strumento potente. Ma il sacrificio non deve essere stupido o inutilmente auto-imposto, o si ottiene l’effetto contrario
  • La minaccia di un dolore o un’attesa quando si hanno poche possibilità di scampo (ad esempio un bambino in pericolo è una scena potentissima per coinvolgere il lettore, v. Alien). Più forte la minaccia, più forte il dolore se accade
  • Sexual tension. Ma se si risolve in una scena di sesso positiva, il coinvolgimento emotivo del lettore finisce
  • Se ciò che viene chiesto al personaggio ha conseguenze globali maggiori del vincere/perdere privato. Può funzionare usare i portenti (anche molto ridotti, tipo una brezza, e funziona ancora meglio se i personaggi non li notano)

Come far piacere i personaggi:

  • Tramite una buona prima impressione (se la prima impressione è cattiva, è difficile da togliere)
  • Se sono simili ai lettori (target audience, o ad esempio evitare di descrivere può aiutare l’identificazione)
  • Se sono attraenti (il lettore odia i “belloni”, un personaggio attraente è diverso da un personaggio bello, dipende da come lo si descrive)
  • Se sono delle vittime della situazione (ma non devono essere percepiti come deboli o si ottiene l’effetto contrario. Devono avere dei motivi validi per essere vittime) o dei salvatori (contano gli intenti, poi va bene se falliscono)
  • Se si sacrificano (ma la causa deve essere giusta e non devono avere alternative, altrimenti verrà percepito come uno stupido spreco)
  • Se hanno uno scopo e non reagiscono solo agli eventi. Se si trovano lì per un motivo, se hanno bisogni, speranze e sogni. Meglio ancora se il sogno è grande e se si percepisce lo sforzo del personaggio per realizzarlo. Non funziona invece se è esageratamente romantico o naif, a meno di renderlo reale (rendere un sogno reale è lo strumento più forte per vincolare il lettore)
  • Se sono coraggiosi e usano fair play
  • Se hanno una attitudine interessante verso il mondo
  • Se si fanno avanti per un incarico rischioso senza però pubblicizzare la cosa, o se non fanno i presuntuosi e aspettano la chiamata che porta alla gloria
  • Se sono affidabili nel mantenere la parola
  • Non se sono intelligenti, ma bensì se sono “clever” (abili, scaltri), ancora meglio se lo sono senza che gli altri lo notino, il personaggio stesso non deve sapere di essere scaltro, anzi deve stupirsi dei buoni risultati
  • È molto importante aggiungere imperfezioni. Un personaggio perfetto risulterà odioso

Come far odiare i personaggi:

  • Se sono sadici e prepotenti, se gli piace causare dolore e (ricordalo) questo viene dall’amore per il potere
  • Se sono coinvolti in assassinii di indifesi per tornaconto personale
  • Se si auto invitano in ruoli che nessuno ha chiesto di assumere
  • Se rompono i giuramenti
  • Se sono degli “intelligentoni”
  • Se sono pazzi, e peggio ancora se convincono gli altri che la loro visione è quella corretta (ad esempio Hitler). Personaggi palesemente pazzi sono troppo banali, bisognerebbe concentrarsi su paranoie e illusioni
  • Se non sono autoironici
  • Se incolpano gli altri dei propri fallimenti e lodano sé stessi per i successi
  • Ricorda però che ognuno è l’eroe della propria storia e ha quindi bisogno di tratti positivi. Ognuno ama e crede in qualcosa (ma attenzione a non farlo diventare buono)

[Characters and Viewpoints dà anche consigli su come creare personaggi comici]

Come rendere i personaggi credibili:

  • Con dettagli numerosi, reali e specifici, magari contrastanti
  • I dettagli possono essere nidificati in modo che si credeva che il personaggio fosse in un certo modo, poi si scopre che invece ha un altro aspetto che lo fa cambiare agli occhi del lettore
  • Tenendo conto che sono il cuore della storia, che fanno cambiare tutto

I dieci comandamenti dello scrittore


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Fonte: Stein on writing
Autore: Sol Stein
Categoria: Scrittura
Argomento: Regole

  1. Non butterai i personaggi in una trama preconfezionata. Il personaggio viene prima della trama, mettilo in azione
  2. I personaggi principali avranno delle debolezze e gli antagonisti dello charme. I difetti li rendono umani, lo charme è il miele che attira gli innocenti
  3. I personaggi ruberanno, uccideranno, disonoreranno il padre e la madre, diranno falsa testimonianza, desidereranno la roba, la donna, la governante e il culo degli altri, perché è quello che cerca il lettore, che non cerca personaggi innocenti, pacifici, che perdonano
  4. No alle astrazioni, sì ai particolari
  5. Non userai “mormorò”, “sussurrò”, “urlò”, devono essere le parole a rendere il tono
  6. Infetterai il lettore con ansia, stress e tensione: il lettore non vuole queste sensazioni nella vita reale, ma le cerca nei libri
  7. Avrai un linguaggio preciso e chiaro
  8. Non avrai riposo, i tuoi personaggi vivranno nella tua mente per sempre
  9. Il dialogo dei libri è una lingua a sé, sembra un discorso ma non lo è realmente, non è la registrazione di una conversazione reale, non deve essere diretto ma obliquo
  10. Trasporterai le tue emozioni nel lettore perché il tuo scopo è evocare emozioni nel lettore, e in questo è l’arte dello scrittore.

Editing

Stein dà anche 10 regole per procedere con l’editing:

  1. Rivedere i personaggi principali, devono essere vivi. Immaginali fuori dal libro. Cosa ti piace di più di loro? Faresti con loro la tua unica vacanza? Li capisci a fondo? Se vincessi la lotteria glielo diresti? Insomma, li devi umanizzare… e devono cambiare (evolversi) nel corso della storia
  2. Rivedere gli antagonisti: sono moralmente negativi, e non solo nei comportamenti esterni? Qual è il loro grado di malvagità? Hanno qualcosa di interessante, ad esempio dello charme? Se sono umanizzati saranno più interessanti, prova ad esempio a vederli con gli occhi di chi li apprezza
  3. Rivedere i personaggi minori: caratterizzali, magari con uno dei sei sensi
  4. Il conflitto è credibile? (rivedere le indicazioni a riguardo)
  5. C’è una scena memorabile? E una insipida, non memorabile? Toglila e ripeti: c’è una scena non memorabile?
  6. Metti alla prova le motivazioni dei personaggi. Sono accettabili? E se te le raccontasse un’altra persona ci crederesti? Controlla che siano credibili: per ogni azione serve una ragione.
  7. Stampa la prima pagina mettendo come autore il nome di un autore che ammiri. Andresti avanti nella lettura?
  8. Rileggi tutto come se fossi un editor, e non come l’autore. Ad esempio fingi che il libro ti sia stato consigliato da un amico che in genere non ti dà buoni consigli. Punta ad accorciare molto il libro, ma se sei in dubbio su un cambiamento segnatelo senza farlo. Puoi copiarti i paragrafi che necessitano di revisione, e eliminare ciò che accade tra una scena e l’altra.
    • Togli tutto quello che non è necessario e dove la tua attenzione cala
    • Le frasi sempre della stessa lunghezza sono monotone
    • Elimina gli interventi dell’autore e tutti i punti di vista errati
    • Controlla di aver infuso stress nel lettore (deve ricordare i momenti stressanti della vita)
    • Togli aggettivi e avverbi (molto, poco…). Ogni parola deve contare
    • Se hai ripetuto dei concetti, togli la ripetizione, ricorda che 1+1=½ Togli anche i modi di dire inusuali doppi e i cliché. Controlla che l’ordine delle parole nelle frasi sia corretto per dare enfasi dove vuoi che ci sia
    • Nel manoscritto aggiungi una “v” a fianco di ogni parola visuale, e sistema tutte le altre
    • Ricontrolla i dialoghi: è meglio usare “disse” che altri verbi, non usare frasi complete ma fa che il dialogo sia obliquo e che ci sia un confronto
  9. La fine del libro è soddisfacente per il lettore?
  10. Lascialo da parte per un po’ di tempo senza pensare al libro, poi rileggilo e vedi dove si rompe la suspension of disbelief: devi cercare un’immersione totale da parte del lettore