Gamberi Fantasy: descrizioni e dialoghi


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Fonte: fantasy.gamberi.org
Autore: Gamberetta
Categoria: Scrittura
Argomento: Regole

Come creare buone descrizioni

  • Inserisci lo scorrere del tempo, non esistono due istanti uguali
  • I dettagli devono essere funzionali alla storia, se un personaggio ha una certa ragione per ntoare le cose punta a quello nella descrizione
  • “Michele è troppo vecchio e stanco per correre alla fermata” è meglio di “ha una novantina d’anni”
  • Serve produrre molta documentazione… ma deve stare dietro le quinte, non bisogna voler mostrare al lettore quanto ci si è documentati o la descrizione diventa pedante e statica, con dettagli inutili che sono solo pesanti
  • Mantenere il punto di vista, anche nelle descrizioni. Se una descrizione viene descritta mentre la telecamera è sulla spalla di un personaggio, va mantenuto il suo punto di vista. Si capisce subito quando un personaggio parla con una voce non sua, e a quel punto la suspension of disbelief si incrina
  • I dettagli devono essere concreti, stimolare i sensi e usare il linguaggio del personaggio, che vuol dire documentarsi su ciò che il personaggio conosce
  • Se la descrizione è complessa si possono usare metafore, ma attenzione a non strafare
  • Errori comuni: non ci sono immagini, non ci sono suoni, non ci sono sensazioni, solo aggettivi appiccicati (e ancora peggio se sono astratti)
  • Esempi: “Agatha è indipendente e determinata” è un errore, andrebbe mostrato che Agatha si prende cura della sorella malata e vive da sola.
    Verrà da dire “ma io devo dire che c’è stata una guerra atomica, vero?” – No. L’autore deve mostrare i palazzi distrutti, i mutanti per le radiazioni. Il lettore capirà da solo che c’è stata una guerra atomica. In questo senso le descrizioni devono essere funzionali alla storia

Come creare buoni dialoghi

  • Nella prima stesura non seguire i consigli dei buoni dialoghi, o sembreranno finti. Verranno milgiorati nelle stesure successive
  • Lascia evolvere il dialogo. Se va in una direzione che modifica la trama, fidati del dialogo, non della trama (questo succede perché conosci bene il personaggio e non fidarsi vorrebbe dire introdurre forzature). Se la direzione è sbagliata, allora devi cambiare le condizioni iniziali e riscrivere, non cambiare il dialogo
  • Sii schizofrenico: entra nella testa del personaggio, anche nelle sue sensazioni. E parla come lui
  • Il dialogo deve essere dinamico, deve essere calato in un contesto, ci devono essere elementi esterni. Essi sono come il rumore di fondo nella vita reale: se tutto si fermasse, qualcosa stonerebbe. Lo stesso nella narrativa, se lo sfondo resta immobile il lettore è infastidito (anche se magari non capisce perché). Il mondo si può fermare solo per poche battute, poi qualcosa deve succedere
  • Ma non deve essere interrotto continuamente. Lo stesso vale per i pensieri: possono inserirsi in un dialogo, ma non continuamente. E devono essere concreti (un personaggio non deve pensare alla morte in astratto, ma a quel giorno in cui seppellì il suo cagnolino)
  • Un dialogo ha senso se è significativo per la trama e se mette di fronte personaggi con obiettivi diversi. Ci deve essere uno scontro, un desiderio di prevalere sull’altro, o il dialogo sarà noioso
  • In un dialogo lineare il collegamento tra le battute è diretto, ma spesso i dialoghi che funzionano meglio sono quelli obliqui (“che ore sono?” – “dovresti riaccompagnarmi a casa”) o disconnessi (“che ore sono?” – “guarda, sei proprio un cretino”). Gli ultimi due modi creano più tensione, ma attenzione a non abusarne o i dialoghi non saranno più verosimili

Ci sono alcuni difetti che intaccano la verosimiglianza di un dialogo:

  • Tutti i personaggi hanno la stessa voce. Ogni personaggio deve avere una voce distinta, e ci arrivi conoscendo molto bene i personaggi (ad esempio un personaggio che è convinto di avere sempre ragione non userà il congiuntivo o locuzioni come “credo…”)
  • I personaggi parlano al lettore anziché tra loro
  • Il dialogo è sempre politicaly correct. Se un personaggio è razzista, deve dire “negro di merda”, non “extracomunitario”. Non bisogna aver paura di passare per razzisti: chi prende le idee di un personaggio per quelle di un autore è un idiota al pari di chi crede che un attore la pensa come un personaggio che interpreta
  • I personaggi parlano con la voce dell’autore

Il dialogo può essere usato per:

  • Accelerare il ritmo (perché contengono meno parole, inoltre una descrizione non ha conflitto mentre un buon dialogo sì)
  • Rallentare il ritmo (un dialogo è più lento di una scena d’azione)
  • Descrivere – ma attenzione che non si percepisca la forzatura del personaggio che aiuta l’autore

Errori comuni degli scrittori


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Fonte: fantasy.gamberi.org
Autore: Gamberetta
Categoria: Scrittura
Argomento: Regole

  • Il fatto che il difetto fatale dell’antagonista sia di essere troppo sicuro di sé (cliché)
  • Non documentarsi
  • Raccontare anziché mostrare
  • Impreziosire lo stile (narrativa di genere)
  • Non suscitare curiosità (in particolar modo nell’incipit)
  • Show don’t tell (di nuovo, sì. Non dire “Laura è ansiosa” ma “Laura si mangia le unghie”. Pensa ai film: non spiegano queste cose, le mostrano)
  • Raccontare il superfluo, anche se bello. Usare aggettivi e avverbi
  • Avere un intreccio non lineare senza motivo
  • Inforigurgito (sia diretto, sia dialogato… ancora peggio se le informazioni non sono necessarie! Se le informazioni sono necessarie, di nuovo, mostrale, non raccontarle)
  • Tutti i personaggi parlano allo stesso comodo, o come un libro stampato
  • Il punto di vista si sposta all’interno dello stesso paragrafo
  • La trama è una banale quest fantasy, stereotipata
  • L’autore non cerca di smontare ogni singola scelta. Bisogna cercare di smontare il proprio libro, renderlo a prova di bomba (perché il cattivo non conquista tutto?)
  • Inutili descrizioni paesaggistiche
  • Spostare la “telecamera” sulle spalle di diversi personaggi. La telecamera è una, tienila fissa e descrivi
  • Far succedere cose improbabili a causa di lacune di precisione. Ficcati nella mente quello che succede e descrivilo
  • Non tener conto del perché delle cose (sia le regole fisiche, sia nelle scelte dei personaggi)
  • Far sorbire al lettore le proprie masturbazioni mentali (ad esempio l’amore per l’ambiente)
  • Scrivere per sé stessi e non per far sognare i lettori
  • Inserire aggettivi/avverbi/possessivi che non cambiano il senso della frase (sono spesso sinonimo di racconto, meglio spiegare mostrando)
  • Usare sostantivi diversi per descrivere lo stesso personaggio per evitare le ripetizioni. I nomi diventano trasparenti al lettore dopo un po’, e più chiari di giri di parole
  • Non catturare il lettore nelle prime due pagine
  • Creare pretestuosi pupazzi nelle mani di uno cui scappa di fare filosofia (per tenersi lontani da questo errore si può evitare di scrivere di sé, o di intuizioni fondamentali)
  • Creare un deus ex machina senza averne parlato prima
  • Non far uscire la personalità dai dialoghi
  • Non usare “disse”. In primo luogo perché è invisibile al lettore quindi è bene usarlo, inoltre perché come una cosa viene detta si deve capire spiegando la situazione: il lettore a quel punto capirà da sé se il personaggio è arrabbiato, spaventato, commosso…
  • Le tre regole base dello stile possono essere: semplice e chiaro; scartare il superfluo; mostrare e non raccontare. E ricorda che il primo milione di parole sono un esercizio. Non perdere troppo tempo né sulle critiche, né sui complimenti, piuttosto continua a esercitarti

Come scrivere un buon romanzo


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Fonte: How to write a damn good novel
Autore: James N. Frey
Categoria: Scrittura
Argomento: Regole

Ci sono vari strumenti nella cassetta degli attrezzi di uno scrittore:

  • I rapporti di causa-effetto sono molto importanti per il lettore, cerca ripercussioni di ciò che succede nel romanzo, è gratificante quando un evento può accadere grazie al precedente e non per decisione ex machina dell’autore
  • La premise è la singola frase che costituisce il nucleo del libro. Durante il libro ci sarà l’evoluzione del protagonista (attraverso la lotta, contro il conflitto), poi il culmine con un ribaltamento della situazione, dove un’azione risolve il dilemma iniziale. Dopo il climax la premise viene dimostrata
  • Un buon climax: dimostra la premise; è sorprendente; suscita nel lettore emozioni forti; ha almeno una piccola componente di “giustizia è fatta”; mostra un nuovo lato del protagonista; non lascia sospesi
  • L’identificazione è il più grande trucco per un autore. Siamo tutti voyeur, e questo elemento dovrebbe essere sfruttato. Ciò può essere fatto:
    1. mettendo subito il personaggio in una situazione che provochi emozioni. Possibilmente problemi con cui il lettore possa simpatizzare da subito
    2. con una crisi, e il lettore deve poter partecipare al processo decisionale del personaggio
    3. se i personaggi soffrono, lottano, sono umani
  • L’identificazione crolla se i personaggi sono crudeli verso i personaggi più apprezzati, o se fanno cose stupide, o se agiscono a meno del meglio delle loro possibilità
  • I flashback servono a spiegare perché i personaggi stanno per comportarsi in modo diverso dal solito o da come ci si aspetta. Danno un background al personaggio, per dimostrare che ha delle motivazioni e che non merita disprezzo
  • Le anticipazioni possono essere usate se creano domande o alzano la tensione. Possono riguardare ad esempio un lato del carattere di un personaggio. Se anni fa un personaggio ha ucciso un cane qualcosa vorrà dire e l’episodio di allora avrà in qualche modo senso oggi. Oppure personaggi minori possono parlare in forma di previsione di qualcosa del carattere di personaggi principali (“so che quel personaggio è cattivo…”). Oppure i personaggi stessi possono anticipare qualcosa di sé stessi quando sono sotto stress
  • I simboli possono essere usati per aiutare il lettore a mettere a fuoco un conflitto: possono essere ad esempio un simbolo della vita di un personaggio ed essere significativi per quel personaggio. In genere è buona cosa creare un simbolo materiale di ciò che vuole il personaggio (ad esempio se il personaggio vuole fuggire da una situazione è una buona cosa creare un oggetto materiale che rappresenti l’essere sfuggito)
  • I personaggi nei dialoghi non dovrebbero mai dire direttamente cosa vogliono. Sii indiretto. Il dialogo deve creare conflitto, essere furbo, e vivido. Per migliorare i dialoghi ci si può chiedere per ogni riga: c’è conflitto? È banale? Si può rendere migliore rendendolo indiretto? La riga che sto leggendo è vivida e furba al massimo delle sue possibilità? Conflitto non vuol dire litigare, ci può essere conflitto anche in una frase come “what’s wrong dear?”
  • I comandamenti generali dovrebbero essere: abbi una prosa dinamica; sii specifico; risveglia tutti i sensi; sii un poeta (usa personificazioni, esagerazioni, metafore, similitudini che richiamino più di una caratteristica); nelle descrizioni evita i cliché e le cose difficili da visualizzare, fa sì che la descrizione sia influenzata dal tempo, dal personaggio e dinamica

Nella fase di editing, la regola madre può essere che se si sospetta che qualcosa non funziona, allora vuol dire che non funziona. Altre cose di cui tenere conto:

  • La premise è rispettata?
  • Il personaggio da apprezzare agisce in modo stupido o crudele?
  • C’è conflitto tra i personaggi? Agiscono sempre al massimo delle loro possibilità? Would he really? C’è sempre un crucible? I personaggi sono mossi da passioni dominanti? Sono determinati e non stereotipati?
  • I personaggi sono cresciuti da un estremo all’altro?
  • I conflitti sono saliti, senza rimanere statici? Si sono poi risolti?
  • La storia inizia nel momento giusto, né troppo presto né troppo tardi?
  • Ci sono buoni rapporti di causa-effetto?
  • Il climax rispetta le regole del buon climax?
  • C’è una “poetic justice” o “irony”?
  • I personaggi sono rivelati emozionalmente nei loro vari aspetti?
  • Se ci sono anticlimax (punti in cui l’attenzione si abbassa), toglili
  • Se ci sono flashback, sono necessari?
  • Hai partecipato a tutti i conflitti possibili?
  • Ogni scena è il più eccitante possibile, con un conflitto che aumenta?
  • I dialoghi rappresentano un conflitto? Sono caratterizzanti, utili alla storia, vividi e furbi?
  • Hai coinvolto tutti i sensi? Sei stato specifico?

Stephen King – On Writing


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Fonte: On Writing
Autore: Stephen King
Categoria: Scrittura
Argomento: Regole

Introduzione

  • Quando SK ha lavorato per un vero giornale per la prima volta, l’editor gli ha detto: quando scrivi ti stai raccontando la storia; quando riscrivi togli tutto quello che non è storia. La prima volta è solo per te, la seconda per gli altri. Perché apparterrà a chiunque vorrà leggerla, o criticarla
  • Per SK la scrittura è migliore quando è intima – hai questa sensazione quando scrivi? È così interessante da essere intima come un contatto pelle a pelle?
  • Scrivendo il suo primo romanzo di successo, Carrie, SK capisce due cose: la percezione iniziale che ha uno scrittore di un personaggio può essere sbagliata quanto quella di un lettore. E: interrompere un lavoro perché difficile è una cattiva idea.
  • Più di un terzo del libro è composto da aneddoti sulla vita di SK, alcuni dei quali relativi alla sua vita da scrittore, altri che mi fanno pensare al “creare autorità con la regola del cuore” di Palahniuk. Conclude dicendo che l’arte supporta la vita dell’artista e non viceversa
  • La scrittura è telepatia, nello spazio e nel tempo. Se lui dice che c’è una gabbia con dentro un coniglio con una carota sotto una zampa e il numero 8 scritto in blu sulla schiena, tutti la vediamo. I dettagli potrebbero essere diversi, ad esempio il materiale della gabbia, ma è importante? Se mettiamo più dettagli non è prosa: è un manuale di istruzioni. E tutti stiamo guardando al numero 8, anche se lui non ci ha detto di farlo, anche se non siamo nella stessa stanza. Ma c’è un incontro delle nostre menti. È vera telepatia, nello spazio e nel tempo. Non prendete la scrittura alla leggera.

Le basi

  • Ogni scrittore dovrebbe avere una toolbox: al primo livello c’è il vocabolario, e non si deve fare nessuno sforzo per migliorarlo a parte leggere e scrivere: usa la prima parola che ti è venuta in mente se è la migliore per descrivere qualcosa. Lì c’è anche la grammatica (es: evitare verbi passivi e avverbi – inclusi quelli accanto a “disse”, che è meglio lasciare da solo e senza cercare un sinonimo. I sinonimi vengono dalla paura di non essere capiti, e la buona scrittura spesso arriva quando si lascia indietro la paura). Al secondo livello ci sono gli elementi dello stile (v. Strunk and White), inclusa la lunghezza dei paragrafi che danno il ritmo, o evitare parole inutili (tipo dire chi parla se è implicito). Questi tre elementi sono quelli fondamentali che si devono padroneggiare, poi c’è il livello dei propri strumenti.
  • Bisogna leggere tanto e scrivere tanto (SK consiglia 6 ore al giorno tra le 2 attività, ogni giorno), e i cattivi libri insegnano quanto i buoni. I buoni insegnano stile, narrazione, a sviluppare la trama, a creare personaggi credibili e a dire la verità.
  • La prima stesura dovrebbe essere fatta in non troppo tempo – circa tre mesi. SK scrive 2000 parole al giorno (10 pagine) è in questo modo in 3 mesi viene un libro da 180000 parole. Suggerisce di iniziare con 1000 parole al giorno, 2 giorni di pausa, e un posto dove si possa chiudere la porta e stare isolati finché si sono scritte le mille parole. Anche avere una routine tipo iniziare tutti i giorni alla stessa ora aiuta la mente al compito
  • Bisogna dire la verità quando si scrive, e il principio è: scrivi di ciò che conosci. Che vuol dire ad esempio scrivere del genere che si legge/ama: scrivere di ciò che va di moda o che fa soldi non funziona, la fiction serve a trovare la verità dentro la rete di bugie della storia, non a commettere disonestà intellettuale. Lo scrittore non ha controllo sul materiale, non sa se è buono – se no tutti scriverebbero solo best seller.

Sulla scrittura

  • I lettori sono attratti da una storia quando riconoscono le persone, i comportamenti, l’ambiente. Quando sentono un’eco nella loro vita e credenze – e non si può ricreare questa connessione in modo premeditato. Nel senso che si può imitare lo stile dei grandi, ma le sensazioni no, e la trama è lontanissima dalla verità percepita dalla mente e dal cuore quindi anche imitando la trama non si riusciranno a replicare le emozioni. Chi lo fa crea imitazioni over-calcolate. Scrivete di ciò che vi piace e rendetelo unico inserendo la vostra conoscenza della vita, amicizia, relazioni, sesso e lavoro. Specialmente lavoro – la gente ama leggere del lavoro per qualche strano motivo. Non lo usi per dare una lezione, ma per arricchire la storia. Vedi The Firm di John Grisham (un avvocato scopre di lavorare per la mafia e ha un dilemma tra morale e paga): il pubblico si è appassionato degli sforzi intraprendenti dell’avvocato per districarsi dal dilemma – non è come molta gente si comporta, ma è come molta gente vorrebbe comportarsi. JG non ha mai lavorato per la mafia – quella è pura invenzione, la delizia dello scrittore, ma è stato un avvocato e non ne ha dimenticato i grattacapi. Ricorda le trappole del mestiere, usa humor per bilanciare, e crea un mondo a cui è impossibile non credere. Ha spiato quella terra e ha portato indietro un resoconto preciso, dicendo la verità. Ciò che ha fatto Grisham grande è forse proprio la totale e quasi ingenua onestà. Non imitate il suo genere da avvocato nei guai, ma la sua apertura e inabilità a non andare dritto al punto. Ciò che conoscete vi rende unici – siate coraggiosi
  • SK crede che la trama si crei da sola e non vada pensata in anticipo, come non si può pensare in anticipo per la vita reale. Si deve creare un ambiente fertile e lasciarla svolgersi. Le storie sono parte di un mondo pre-esistente; la trama è meccanica e anti creativa. I libri sono basati su situazioni più che su storie – mettere i personaggi​ in una situazione e vedere come se ne districano. Magari ha in mente come va, ma lascia i personaggi guidare e spesso lo sorprendono – lui è solo il narratore (il DM?). E se non sai tu come procede, il lettore sarà ancora più curioso. Ci sono insomma due stili di scrittura diversi, uno dettato dalla situazione iniziale e uno dalla storia. Una situazione può articolarsi da sola da qualcosa di interessante. Le situazioni possono in genere essere espresse da “what if…”. Le informazioni usciranno solo se servono e non perché avete deciso che andava detto.
  • SK propone come esercizio quello di scrivere il continuo di una storia: un marito violento picchia la moglie, lei lo lascia, lui fa lo stalker, poi finisce in prigione. Un giorno lei torna a casa e sente che c’è qualcosa che non va ma non riesce a capire cosa. Vede al TG la notizia che tre persone sono evase dalla prigione e uno è riuscito a sfuggire alla cattura, e capisce che è il marito. Sente i passi sulle scale, sa che dovrebbe fuggire ma non riesce. Ora invertite i sessi dei personaggi e scrivete il resto. Se siete onesti su come parlano e si comportano, uscirà qualcosa di interessante e la sincerità fa passare sopra molti difetti
  • Le descrizioni fanno partecipare sensorialmente il lettore, ed è una capacità che si esercita scrivendo. Inizia visualizzando ciò che vuoi fare esperire al lettore. SK in genere non descrive i personaggi e cosa indossano, lascia fare ai lettori – ad esempio, di Carrie ci dice che è una ragazza emarginata delle superiori col guardaroba di una fashion victim – tutti ricordiamo un perdente a scuola, e se descrive il suo perdente esclude il nostro, toglie un po’ del legame della comprensione. La descrizione è fatta assieme: iniziata dallo scrittore e finita dal lettore. Trova i dettagli che stanno al tutto – spesso sono i primi cui si pensa. Richiama un’immagine nella mente e usa tutti i sensi: cosa sono le prime cose che ti colpiscono? Scrivile solo se servono alla storia, se no vanno tolte. Ricorda che non devi dire tutto subito, i lettori capiranno man mano
  • I dialoghi ci fanno capire qualcosa dei personaggi: ad esempio se sono furbi o no, se sono onesti o disonesti, se sono piacevoli o no, ecc. Devono essere scambi onesti, non soliloqui per passare informazioni. Quando sono fatti bene capiamo subito chi sono i personaggi e quasi abbiamo la stessa sensazione di chi sta origliando una discussione interessante. Si capisce che l’autore lavora duro e si diverte. Ascolta come parlano gli altri. Non spiegare mai un tratto di un personaggio se lo puoi mostrare un dialogo (e non basta che il personaggi si comporti in un determinato modo in un singolo dialogo, quella dev’essere la sua personalità sempre)
  • Creare personaggi segue un processo simile: fai attenzione a come le persone si comportano e racconta la verità di ciò che vedi. Come i personaggi progrediscono dipende da ciò che si scopre su di loro – a volte crescono poco, a volte molto e allora influenzano la storia anziché il contrario. SK parte da una situazione – ma crede sia un fallimento se la storia finisce con una situazione; le storie migliori riguardano le persone anziché gli eventi (ma nel corso del libro è la storia che comanda, non si fa studio di personaggi). E ogni personaggio dovrebbe avere l’atteggiamento da personaggio principale, come nella vita (niente “cattivi” o “migliori amici”). Se mostrando personaggi in azione si capisce chi siano è ottimo, e se si riesce a trasmettere un pizzico della loro visione del mondo, si può simpatizzare con loro – anche gli antagonisti. Ed è divertente per lo scrittore impersonare personaggi diversi. Es: The Dead Zone, il buono ha una visione in cui un politico inizia la terza guerra mondiale; decide quindi che per salvare il mondo deve ucciderlo. La differenza rispetto a un folle è che lui vede davvero il futuro… Un momento, non lo pensano tutti i folli? Quindi SK vuole che il protagonista sia un bravo ragazzo senza essere un santo, l’antagonista sgradevole e far paura al lettore tipo “non vedono cosa sta facendo?” Quindi ci presenta il protagonista che vuole chiedere alla sua ragazza di sposarlo e noi patteggiamo per lui, anche se poi sarà quello col fucile contro il presidente – una cosa che gli americani odiano. E vuole dipingere l’antagonista come qualcuno di pericoloso dalla prima scena: è minacciato da un cane, e quando è sicuro che nessuno è nei paraggi, gli spruzza spray negli occhi e lo prende a calci. I personaggi sono dettati dalla storia che vuole raccontare. Il lavoro dello scrittore è far agire i personaggi in modo che aiutino la storia a progredire. E se fate il vostro lavoro, inizieranno a prendere vita e far cose per conto loro. Sembra inquietante, ma vedrete che succede.
  • La caratterizzazione dei personaggi avviene attraverso l’aspetto, le azioni, il dialogo e le eccentricità
    • Aspetto: spiegalo tramite delle azioni, non descrivendolo, e comunque dai i tratti salienti, quello che colpisce, e lascia il resto al lettore
    • Azioni: dai degli esempi, e il lettore trarrà le sue conclusioni
    • Eccentricità: i lettori sono colpiti dalle eccentricità dei personaggi, se pensate ai personaggi che avete amato di più probabilmente avevano delle forti eccentricità. Ma devono restare credibili
    • Tratti opposti: nessun personaggio credibile è piatto, ad esempio se sono coraggiosi avranno dei dubbi. Quello che fanno è realistico o sono guidati da uno stereotipo?

Revisioni e tema

  • Di quanto visto fin qui, le idee chiave sono che la pratica è inestimabile e deve piacere, e l’onestà è indispensabile
  • Nella prima stesura SK fa il lavoro base di storytelling, poi cerca pattern nascosti (li trova quasi sempre) e li tira un po’ fuori: la seconda stesura è per simbolismi e tema. Non va forzato nella storia – va bene se è già lì e va solo tirato un po’ fuori, altrimenti pace. La storia non va toccata – l’unica cosa che ha a che fare con la storia è la storia stessa. E rispetto al tema, una volta che avete scritto tutto, fate una passeggiata e chiedetevi: perché vi siete sbattuti, perché ci avete speso tutto quel tempo, perché sembrava così importante? What’s it all about? Ogni libro riguarda qualcosa, e durante la prima stesura (se vi bloccate) o subito dopo dovreste chiedervi cosa riguarda il vostro. E nella seconda stesura, renderlo più chiaro. Questo potrebbe richiedere grossi lavori (es: in The Stand capisce che il tema è che la violenza è parte della natura umana). Non è una morale esplicita, ma se il tema è chiaro, i lettori potranno trovare la morale pensandoci o discutendone. Ogni scrittore ha alcuni interessi profondi (ossessioni?) che ama esplorare – per lui sono la difficoltà/impossibilità di chiudere il vaso di Pandora della tecnologia una volta aperto; se Dio è buono, perché il male; la linea sottile tra realtà e fantasia; le differenze tra adulti e bambini; il potere curativo dell’immaginazione; l’attrazione irresistibile che a volte la violenza esercita su persone generalmente buone. Non sono niente di che – solo i pensieri che lo tengono occupato quando spegne la luce. Ma non iniziare dal tema: quella è una ricetta per il disastro. La storia viene prima – ma poi dovete arricchire le stesure successive con le vostre conclusioni. Altrimenti togliete a voi e ai lettori della visione che rende ogni storia che scrivete unicamente vostra
  • Per le revisioni, SK fa due stesure e una “lucidata”, ma è una cosa personale. Nella prima scrive più veloce che può – altrimenti c’è tempo di dubitare, così invece scrive la storia così come viene. E la prima stesura è quella della storia, a porta chiusa, senza coinvolgere nessuno. Dopo la prima stesura SK scrive cose brevi per distrarsi, qualcosa di diverso, o comunque lascia la storia riposare finché se ne distacca (6 settimane?). Poi lo rilegge il più in fretta possibile correggendo le cose grossolane, tipo errori grammaticali o segnando grossi buchi di trama o grossi problemi di motivazioni dei personaggi per correggerli dopo (dice anche che la prima rilettura è riscoperta [se è così si è aspettato il tempo giusto] quindi è bello – è alla dodicesima che si inizia a odiare il manoscritto – e non mi torna con le 2+1 stesure). E intanto si chiede: la storia è coerente? E cosa può trasformare la coerenza in una melodia? Quali sono gli elementi ricorrenti? Si intrecciano in un tema? Lo scopo è creare una risonanza, ciò che resta al lettore dopo che ha finito il libro. Senza imboccarlo. Cerca cosa volevi dire. Dopo queste revisioni, SK lo fa leggere a 4-5 amici. In genere si pensa a un lettore ideale quando si scrive, e lui lo manda anche a 4-8 persone che hanno criticato i suoi libri in passato. Rispetto ai loro pareri poi, se sono discordi/pari, tieni quello che hai fatto, ma se tutti evidenziano un problema, ti conviene metterci mano. Avere il concetto di Ideal Reader aiuta a scrivere la storia per l’esterno anziché per noi stessi. È nell’inconscio durante la prima stesura, e una preoccupazione conscia nella seconda (questo libro è abbastanza pauroso?). Durante la revisione, “kill your darling” (seconda stesura = prima stesura – 10%). In sintesi:
    • Scrivi di getto
    • Lascia riposare il manoscritto per 6 settimane senza pensarci
    • Rileggi tutto d’un fiato, facendo annotazioni tipo avverbi da togliere, errori ecc
    • In questa rilettura-correzione pensa se è coerente, se è bello, se ci sono elementi ricorrenti, se hai creato risonanza, se c’è un tema, a cosa vuoi dire, e sistema quello che non va
    • Dai il manoscritto a 4-8 persone chiedendo un parere. Riceverai 4-8 pareri soggettivi. Se c’è una situazione di “parità”, ascolta il tuo parere
    • Fai una seconda rilettura eliminando il 10% del libro
  • La velocità con cui la storia si sviluppa può essere decisa dall’autore pensando al suo lettore ideale. Una parte è noiosa, o ha troppo dialogo, o hai spiegato troppo/troppo poco? E una volta che il lettore ideale avrà letto il libro potrai fargli queste domande. E magari vedere dove ha interrotto la lettura. Bisogna togliere tutto quello che è noioso
  • La back story è ciò che succede prima dell’inizio della narrazione e che ha un impatto sulla storia, aiuta a definire i personaggi e stabilire motivazioni. Va messa il prima possibile, ma con grazia. E sconsiglia i flashback a meno che si sia maestri di flashback. Se il lettore ideale non ha chiaro qualcosa può derivare da back story non chiare.
  • Anche la documentazione è back story, e va fatta, ma deve rimanere nel backstage, sentirsi e non essere sbandierata – ai lettori interessano personaggi e storia, non quello che avete imparato facendo ricerca. Occhio anche a non esagerare con la documentazione: se state scrivendo una storia di alieni e alcuni personaggi sono poliziotti, va fatta ricerca su come funziona la polizia, ma per dare verosimiglianza, non per trasformarlo in un manuale di procedure di polizia. La verosimiglianza è molto importante nel fantasy, e serve a correggere gli errori grossolani e aggiungere degli ottimi dettagli, ma la storia viene sempre prima
  • SK suggerisce anche di avere un agente, e dà un template per una lettera per trovarne uno a pagina 245

I dieci comandamenti dello scrittore


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Fonte: Stein on writing
Autore: Sol Stein
Categoria: Scrittura
Argomento: Regole

  1. Non butterai i personaggi in una trama preconfezionata. Il personaggio viene prima della trama, mettilo in azione
  2. I personaggi principali avranno delle debolezze e gli antagonisti dello charme. I difetti li rendono umani, lo charme è il miele che attira gli innocenti
  3. I personaggi ruberanno, uccideranno, disonoreranno il padre e la madre, diranno falsa testimonianza, desidereranno la roba, la donna, la governante e il culo degli altri, perché è quello che cerca il lettore, che non cerca personaggi innocenti, pacifici, che perdonano
  4. No alle astrazioni, sì ai particolari
  5. Non userai “mormorò”, “sussurrò”, “urlò”, devono essere le parole a rendere il tono
  6. Infetterai il lettore con ansia, stress e tensione: il lettore non vuole queste sensazioni nella vita reale, ma le cerca nei libri
  7. Avrai un linguaggio preciso e chiaro
  8. Non avrai riposo, i tuoi personaggi vivranno nella tua mente per sempre
  9. Il dialogo dei libri è una lingua a sé, sembra un discorso ma non lo è realmente, non è la registrazione di una conversazione reale, non deve essere diretto ma obliquo
  10. Trasporterai le tue emozioni nel lettore perché il tuo scopo è evocare emozioni nel lettore, e in questo è l’arte dello scrittore.

Editing

Stein dà anche 10 regole per procedere con l’editing:

  1. Rivedere i personaggi principali, devono essere vivi. Immaginali fuori dal libro. Cosa ti piace di più di loro? Faresti con loro la tua unica vacanza? Li capisci a fondo? Se vincessi la lotteria glielo diresti? Insomma, li devi umanizzare… e devono cambiare (evolversi) nel corso della storia
  2. Rivedere gli antagonisti: sono moralmente negativi, e non solo nei comportamenti esterni? Qual è il loro grado di malvagità? Hanno qualcosa di interessante, ad esempio dello charme? Se sono umanizzati saranno più interessanti, prova ad esempio a vederli con gli occhi di chi li apprezza
  3. Rivedere i personaggi minori: caratterizzali, magari con uno dei sei sensi
  4. Il conflitto è credibile? (rivedere le indicazioni a riguardo)
  5. C’è una scena memorabile? E una insipida, non memorabile? Toglila e ripeti: c’è una scena non memorabile?
  6. Metti alla prova le motivazioni dei personaggi. Sono accettabili? E se te le raccontasse un’altra persona ci crederesti? Controlla che siano credibili: per ogni azione serve una ragione.
  7. Stampa la prima pagina mettendo come autore il nome di un autore che ammiri. Andresti avanti nella lettura?
  8. Rileggi tutto come se fossi un editor, e non come l’autore. Ad esempio fingi che il libro ti sia stato consigliato da un amico che in genere non ti dà buoni consigli. Punta ad accorciare molto il libro, ma se sei in dubbio su un cambiamento segnatelo senza farlo. Puoi copiarti i paragrafi che necessitano di revisione, e eliminare ciò che accade tra una scena e l’altra.
    • Togli tutto quello che non è necessario e dove la tua attenzione cala
    • Le frasi sempre della stessa lunghezza sono monotone
    • Elimina gli interventi dell’autore e tutti i punti di vista errati
    • Controlla di aver infuso stress nel lettore (deve ricordare i momenti stressanti della vita)
    • Togli aggettivi e avverbi (molto, poco…). Ogni parola deve contare
    • Se hai ripetuto dei concetti, togli la ripetizione, ricorda che 1+1=½ Togli anche i modi di dire inusuali doppi e i cliché. Controlla che l’ordine delle parole nelle frasi sia corretto per dare enfasi dove vuoi che ci sia
    • Nel manoscritto aggiungi una “v” a fianco di ogni parola visuale, e sistema tutte le altre
    • Ricontrolla i dialoghi: è meglio usare “disse” che altri verbi, non usare frasi complete ma fa che il dialogo sia obliquo e che ci sia un confronto
  9. La fine del libro è soddisfacente per il lettore?
  10. Lascialo da parte per un po’ di tempo senza pensare al libro, poi rileggilo e vedi dove si rompe la suspension of disbelief: devi cercare un’immersione totale da parte del lettore

Stein on writing: particolarità, scene d’amore e altre regole


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Fonte: Stein on writing
Autore: Sol Stein
Categoria: Scrittura
Argomento: Regole

  • Punto di vista: la prima persona è più facile da credere. Se hai un punto di vista di un personaggio e la descrizione è stonata rispetto a quel personaggio, l’immagine risulterà forzosa.
  • Usare sei sensi: nella scrittura è una buona tecnica far percepire anche il tatto, il gusto, l’olfatto. Immaginati di essere cieco, e rifai la descrizione. La stretta di mano è quella di un atleta o di un programmatore? Usa anche il sesto senso: “cosa succederà oggi?”, “sei sicuro che nella stanza non ci sia nessun altro?”. Bisogna sempre evitare di usare i cliché, e quando si usa la vista, la prima cosa che si vede è un cliché. Il lavoro dello scrittore è quello di cercare dettagli distintivi. Bisogna fare descrizioni come se nessuno prima avesse mai visto quella cosa in quel modo.
  • Scene d’amore: anche qui bisogna evitare i cliché, pensa ad esempio al disperato bisogno d’affetto dei bambini, tutti lo siamo stati quindi tutti si possono identificare, e un bambino che cerca affetto tocca il lettore. Anche l’affetto adulto-bambino. Se compaiono due personaggi di sesso diverso, tienili divisi il più possibile. La gestazione dell’amore è una buona fonte di stress, è una delle cose più devastanti che possono succedere. Ma non essere sentimentale con esagerazioni o ovvietà. Un buon modo è considerare entrambi i punti di vista: magari poi nella storia se ne utilizzerà uno solo, ma pensali entrambi, soprattutto quello femminile. Mettici tensione e tenerezza. Le crisi sono un altro buono strumento. Posponi il lovemaking. Crea interruzioni – ma non casuali, magari i personaggi possono accorgersi di qualcosa. Se i personaggi coinvolti sono giovani, considera che saranno inesperti, nervosi. Non dire cosa provano ma sii evocativo. Gli adulti invece hanno un desiderio endocrino di procreare. Alcuni ostacoli possono essere dei competitor o delle frizioni o il non essere interessati. O ancora il tempo atmosferico, dei misunderstanding, un terzo personaggio che non sa che ci sia una relazione tra i due e loro non vogliono che lo sappia. Se vuoi rendere la scena erotica devi stuzzicare la mente e speziare la scena con pensieri, azioni, e ritardi.
  • L’involucro: deve essere specifico, particolare, concreto. Scegli il dettaglio più incisivo e il resto fallo per difetto, in modo che il lettore immagini il resto avuto il contesto. In questo modo il lettore può immaginare ciò che per lui si adatta meglio. Ci devono essere molti particolari visivi, e molto lasciato al lettore. Es: nessuno ti può terrorizzare in modo altrettanto efficace quanto ti puoi terrorizzare da solo.
  • Incrementare il ritmo: facendo frasi corte, paragrafi, adversarial dialogue, riducendo le parole di due terzi, saltando scene annunciate (succederanno nella testa del lettore, che è una cosa buona)
  • Rimuovere il grasso: cioè aggettivi e avverbi (molto, poco…), se si sono usati doppi aggettivi toglierne uno, nelle descrizioni usare parole specifiche o che suscitino curiosità, che facciano dire “perché?” o “come?”. In genere verifica se ogni parola ti aiuta o ti è da ostacolo (quasi, forse…). Non ripetere sempre la stessa cosa: nella scrittura 1+1=0,5, stai minimizzando l’impatto delle tue parole
  • Originalità: fai in modo che solo tu possa aver detto quella frase
  • Titolo: i lettori sono attirati dai segreti. I buoni titoli spesso usano metafore. Lo scopo è allettare il lettore, magari mettendo insieme cose che di solito non lo sono. I titoli devono essere intriganti, indurre risonanza e scatenare l’immaginazione
  • Particolarità: bisogna usare dettagli che individualizzano e non cliché e generalizzazioni. Evita anche le ripetizioni. Puoi non descrivere tutto (ad esempio utilizzando un ritmo descrizione-dialogo-descrizione). Lavora su un paragrafo alla volta e migliora tutto il romanzo secondo questa regola (es: “aveva una gonna 3cm più corta di quello che le permetteva la sua età”. “Ogni pochi minuti controllava che i suoi genitali fossero ancora al loro posto”)
  • Metafore e similitudini: sono ottime, ma se non sono accurate toglile, rompono la suspension of disbelief. Anche in questo caso, non usare cliché.
  • Risonanza: si può inserire nel romanzo attraverso i nomi, usando come riferimento fonti religiose, invocando la vita o la morte, sfruttando una convinzione forte, con un setting che abbia influenza, con un’iperbole, dando un nome alle parti del libro. Puoi usare i libri di citazioni per aiutarti ad avere ispirazioni nel creare risonanza.

Come mostrare anziché raccontare


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Fonte: Stein on writing
Autore: Sol Stein
Categoria: Scrittura
Argomento: Regole

La regola del “mostrare, non raccontare” è uno dei cardini della scrittura creativa. La chiave per attuarla è con delle particolarità. “Bollì l’acqua” da solo non mostra, ma “bollì l’acqua in un padellino aperto per vedere le bolle danzare” sì. “Fece una camminata lenta” non mostra, ma “camminava contro un vento nascosto, sperando che qualcuno l’avrebbe fermato” sì.
Se mostrare qualcosa sembra eccessivo e potrebbe sembrare l’intrusione dell’autore puoi utilizzare una metafora o una similitudine.
Il lettore vuole vivere ciò che succede, sperimentarlo, non ricevere delle informazioni.

I segreti di un buon dialogo


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Fonte: Stein on writing
Autore: Sol Stein
Categoria: Scrittura
Argomento: Regole

Caratteristiche di un buon dialogo:

  • Non deve essere diritto ma obliquo (non rispondere direttamente alla domanda fatta con uno schema domanda > risposta)
  • Deve caratterizzare i personaggi
  • Deve creare e far progredire la storia
  • Ogni parola di un dialogo deve contare (sia dal punto di vista del numero di caratteri, non si devono sprecare inutilmente caratteri in un dialogo soprattutto se si può abbreviare rendendolo obliquo, sia per portare avanti la storia, sia per le emozioni fatte provare al lettore)
  • Non conta quello che viene detto, ma l’effetto che fanno le parole
  • Bisogna poter rispondere in modo soddisfacente a una serie di domande su ogni dialogo creato: a cosa serve? Fa iniziare o innalzare un conflitto? Stimola la curiosità? Crea tensione? Porta a un climax o a un cambio di relazioni?
  • L’autore deve essere un creatore di discorsi: nel vocabolario, nel gergo (ma non esagerare o i personaggi diventeranno delle caricature), nel numero di parole (tante/poche), evitando le frasi fiume, utilizzando il sarcasmo, sfruttando la dizione

Gamberetta: Show don’t tell


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Fonte: fantasy.gamberi.org
Autore: Gamberetta
Categoria: Scrittura
Argomento: Regole

Perché è necessario mostrare anziché raccontare: perché se al cinema spunta il regista con un cartello “Michele è vecchio”, è ridicolo. Non rendetevi ridicoli, non svegliate chi sogna.

  • Il mostrare è utile per scegliere solo i particolari utili alla storia. Ad esempio, se serve ai fini della storia che un personaggio ci veda male, ha senso mostrare gli occhiali spessi
  • La vicenda deve sembrare vera, non va raccontato che è vera, non basta a renderla vera. La vecchiaia dipende da particolari concreti, non dal ripetere che un personaggio è vecchio
  • Il mostrare particolari dà verosimiglianza al racconto con prove tangibili, per separare le storie dalle stronzate

Come capire quando si sta usando il raccontare invece del mostrare:

  • Si sta raccontando quando vengono usati termini astratti e generici, ad esempio “era alto”. Meglio mostrare una scena in cui il personaggio piega la testa per passare, e ripeterlo 3 volte in 3 episodi diversi per renderlo vero
  • Quando ci sono avverbi: meglio sostituirli con termini più specifici
  • Pochissimi aggettivi sono concreti e specifici (rosso, umido, ruvido), se un aggettivo è importante per la storia va mostrato, altrimenti si deve togliere
  • “Provò a”, “tentò di”, “(non) riuscì a”, “cercò di” sono tutti esempi di raccontato: l’autore decente mostra invece le dita sudate che scivolano sulla maniglia o la maniglia che gira a vuoto
  • È raccontato quando si legge il battito artificiale del tempo (prima, dopo, poi, in seguito, improvvisamente, al momento, pochi istanti). È il narratore in questo caso a ordinare gli eventi, il tempo reale invece è scandito dalle azioni. Se vuoi rendere una pausa, mostrala con un’azione
  • Appartengono alla sfera del raccontato termini come “pressappoco, quasi, circa, piuttosto”. Appartengono a un narratore timido: il cervello non distingue da “rosso” a “quasi rosso”. Ha un motivo per la storia? Allora va mostrato in modo specifico. Stesso discorso per “una specie”, “una sorta”. Non esprimere giudizi: mostra, sarà il lettore a decidere.
  • Si sbaglia anche quando ci si vergogna dei giudizi dei lettori (“ho messo nella storia una scatola rosa, penseranno che sono frivolo. Scrivo graziosa”). Bisogna fregarsene dei giudizi.

Invece si può raccontare se considerando il punto di vista è più naturale raccontare, o se si vogliono riassumere fatti noiosi ma necessari. Però questa pratica va ridotta al minimo: se Indiana Jones sfugge ai nazisti e salta sull’aereo e nella scena dopo scende a New York, nessuno avrà problemi a ricostruire cosa è successo.